Yoshitaka Amano: dall’animazione retro di Tatsunoko a Final Fantasy (e oltre)
Yoshitaka Amano fa parte ormai della storia, e di una rievocazione partita dalla Lucca Comics and Games appena trascorsa, con una ricca rappresentanza di giochi anche retro, e dei ricordi di molti che leggeranno.
La storia di Amano passa per diversi mostri sacri del retro, dalla Tatsunoko alla saga di Final Fantasy, tutte cose celebratissime a Lucca Comics (della quale quest’anno ha dipinto il manifesto) ed una mostra che si terrà a Milano la settimana prossima
Yoshitaka Amano: le origini
Le origini di Amano partono da una famiglia di quattro figli (lui era il minore), figli di un artista laccatore e intagliatore dal quale aveva ereditato l’amore per l’arte.
Il giovano Amano, classe 1952 aveva la fortuna di vivere ad un tiro di schioppo dagli studi della Tatsunoko, neonata ditta di animazione del 1962, nata quando Tatsuo Yoshida si rese conto che il boom economico sarebbe arrivato anche in Giappone, e presto i Giapponesi avrebbero desiderato una TV in casa e prodotti animati di qualità.
Abbiamo già visto insieme come la fame di film e telefilm abbia creato interi generi, e come l’intrattenimento Giapponese sia sostanzialmente nato osservando e apprendendo come gli Occidentali avevano reso il piccolo schermo centro di intrattenimento.
Ricordate quando vi dicevamo che i Super Sentai e Sailor Moon non sarebbero nati se i Giapponesi non si fossero innamorati dei supereroi? A dieci anni Amano era già un avido lettore dei supereroi occidentali, ancorché frustrato dall’uso occidentale di avere una cover art, ovvero una copertina disegnata da un disegnatore diverso dall’interno del fumetto, e spesso assai dettagliata e artistica per fungere da civetta.
A 15 anni, un Amano fan di Neil Adams, attratto dall’arte tradizionale Giapponese come dal fumetto e dal fantasy Occidentale (ci torneremo), egualmente attratto da Batman e da Elric di Melniboné si ritrovò quindi a lavorare come animatore alla Tatsunoko, facendo una rapidissima gavetta.
Passato dall’animazione al character design, la creazione di personaggi e con un ufficio personale direttamente collegato a quello del patron Yoshida, Amano cominciò a creare una enorme serie di personaggi che conoscete.
E parliamo dei personaggi di Gatchaman – La battaglia dei pianeti (1972), dove è evidentissima la stessa influenza dei Super Eroi alla base dei Super Sentai.
Anche in Gatchman infatti compare uno squadrone di cinque supereroi dagli iconici costumi (simili a quelli dei supereroi occidentali) pronti a combattere il male incarnato da una malvagia organizzazione.
Come per il genere Sentai (diventato in occidente I Power Rangers) il quintetto variamente mascherato ha a disposizione potenti tecnologie per perpetrare grandi battaglie sceniche per il bene: e questo tema tornerà nella sua creazione immediatamente successiva, Kyashan – Il ragazzo androide del 1973, dove il protagonista è il giovane Tetsuya Azuma, la cui mente viene trasferita nell’indistruttibile corpo androide alimentato ad energia solare di Kyashan, potentissimo eroe in grado di salvare il mondo dalla tirannia del malvagio Briking Boss e dei suoi servi, un esercito di robot ribelli inizialmente programmati dal Dottor Azuma per aiutare gli uomini a sconfiggere l’inquinamento e il cambiamento climatico i quali, maturata l’autocoscienza, hanno deciso che il modo più efficace per salvare la Terra è ovviamente sterminare il genere umano.
Nonostante il target giovanile della serie, cominciano ad apparire temi maturi mutuati dagli intessi fantasy e fumettistici di Amano: Briking Boss è, nei fatti, un Mussolini meccanico che cerca di ottenere il suo obiettivo di sterminio creando un Reich Robotico, e più volte viene detto a Tetsuya, i cui unici due alleati sono l’amata Luna e il cane meccanico Flendel (ottenuto trapiantando la mente di un pastore tedesco in un poderoso corpo di robot blu con le stesse tecniche usate per creare Kyashan) che la sua trasformazione è irreversibile secondo la scienza di quei tempi.
Anche dopo la vittoria sui robot, Kyashan non potrà vivere da umano con l’amata Luna ma dovrà continuare ad essere l’immortale campione del genere umano finché non esisterà una tecnologia così evoluta da liberarlo del suo ruolo e finché la Terra non conoscerà una pace reale ed assoluta.
Altrettanto cupo, ma con un briciolo di speranza, è il successivo Hurricane Polymar, dove il giovane Takeshi Yoroi, figlio di un famoso investigatore e direttore di un immaginario dipartimento dell’Interpol, viene di fatto diseredato e scacciato dal padre a causa del suo approccio meno manicheo e più umano alla giustizia.
Si troverà per vivere a lavorare per un investigatore fallito di nome Joe Kuruma, ottenendo per puro caso il Polymet, un casco costruito da un brillante scienziato che gli darà il potere di combattere il crimine sotto il nome di Hurricane Polymar, eroe in grado di diverse trasformazioni in veicoli e strumenti grazie ai “polimeri ultraveloci” di cui la sua tuta è composta.
Anche in Polymar torna il concetto del sacrificio e del fardello dell’eroe: anche quando il padre scoprirà nel finale che Takeshi ha continuato a lottare per la giustizia e lo rivorrà con sé, Takeshi deciderà di continuare a proteggere il mondo da solo, non riuscendo a dimenticare di essere stato rinnegato e non riuscendo a smettere di combattere per la giustizia.
Su un tono più leggero le serie della Time Bokan successive. In Italia non le abbiamo avute tutte, ma quelle che abbiamo avuto le ricorderete. Yattaman, i Predatori del Tempo, Calendar Man… ricordano niente?
Prendete Yattaman: i giovani adolescenti innamorati Gan-chan e Janet (Gan e Ai in originale), rispettivamente il figlio di un brillante inventore e la figlia di un ricco venditore di giocattoli mettono assieme le loro conoscenze per creare un possente e buffo robot, lo Yattacan, e diventati i supereroi Yattaman 1 e 2 combattere lo sconclusionato Trio Drombo, dove la bellissima e vanitosa Miss Dronio e i suoi servi, il geniale ma brutto e perverso Boyakky e il forzuto ma stupido Tonzula cercano di riunire la “Dokrostone”, pietra magica appartenuta al Dottor Dokrobei, “Il Re dei Ladri”, per diventare i ladri più ricchi e famosi del mondo.
Ovviamente, anche qui il povero Trio Drombo resterà con un palmo di naso: il Dottor Dokrobei si rivelerà un alieno che aveva bisogno della Dokrostone per tornare a casa e gli Yattaman finiranno in gioia la loro missione, mentre di episodio in episodio Dokrobei puniva il trio con punizioni variamente umilianti e il pubblico preadolescente veniva lietamente titillato mostrando i vestiti dell’avvenente Miss Dronio lacerati dalla sconfitta dei robot enormi di Boyakky e sempre sull’orlo del “vedo e non vedo”.
Cifra comune a tutte le serie della Time Bokan, che sempre mostreranno giovani felici e innamorati combattere a bordo di potenti robot un trio di buffi malvagi.
In alcune occasioni, come Calendar Man e Predatori del Tempo al terzetto si aggiungerà un quarto elemento: un bell’uomo che suscita la gelosia del geniale ma brutto e pervertito scienziato e del bruttissimo forzuto facendo innamorare la bella leader dei cattivi.
Notabile come in Calendar Man il robot dei buoni, l’Ipergenio Kingstar sia dotato di una etica e coscienza propria e rifiuti di infliggere la sua punizione ai cattivi ripetendo di “Odiare il peccato, e non chi lo commette” finché questi, insultandolo, non dimostrino di aver finto il pentimento e in Predatori del tempo il belloccio Gekigashi sia in realtà il malvagio Tomomot leader dei Predatori e le sue scorribbande per cancellare i progressi storici del genere umano siano motivate dal desiderio di impedire alla (secondo lui) autodistruttiva razza umana di raggiungere il livello di civiltà necessario per pervenire all’autodistruzione, incatenandola ad una eterna stasi e stagnazione culturale per renderla controllabile.
Le avventure (Creepy) di Pinocchio
Ma un esempio che ci riporta proprio a Lucca sono le Avventure di Pinocchio, in originale Moku del Legno.
Una riedizione delle avventure di Pinocchio che diventa presto una fantasmagoria creepy con scene non presenti nell’idea di Collodi, come Pinocchio che ha l’idea che per ottenere “un cuore umano” basti sostanzialmente estirparlo dal petto di un essere umano vivente, budella e tutto, Pinocchio che finisce crocefisso, che sfida i vampiri dandosi fuoco e altri momenti di assurda bizzarria.
Momenti paragonati all’Ape Magà, altra serie che, a parte un adattamento che cambia di fatto sesso alla protagonista (il fuco Hutch diventa l’ape Magà per cercare di vendere il prodotto ai fan dell’Ape Maya), vede Magà affrontare una serie di avventure spaventose e difficili per ricongiungersi all’Alveare dell’Ape Regina e aiutare assieme alle sue sorelle la ricostruzione di un mondo migliore e più giusto.
Ma tutte le cose belle arrivano alla fine.
Dalla Tatsunoko a Final Fantasy, passando per Angel’s Egg e altre fantasmagorie
Nel 1982, Amano lascia Tatsunoko, orfana dal ’77 del patron Yoshida.
Diventa un Freelance: un puro caso impedisce che i suoi artbook ricchi di prodotti per l’infanzia lo cementino come illustratore per l’infanzia stessa (ma del resto, basti pensare ai temi ben più che maturi nella produzione Tatsunoko).
Continuerà a lavorare nell’animazione: gli Sceriffi delle Stelle del 1982 sono ancora suo materiale, e riconoscerete il tema dei quattro sceriffi ed il loro robot combattente in un mondo futuro pronti a combattere gli alieni Desperado.
Ma è dal re-incontro con l’altro transfuga di Tasunoko Mamoru Oshii che nacque il suo prodotto più assurdo e visionario: Angel’s Egg.
Definire la trama di Angel’s Egg è uno straordinario esercizio di follia: la stessa trama è un pretesto per mostrare immagini di rara potenza estetica e la visione del mondo ispirata alla lettura della Bibbia di Oshii. In un mondo che potrebbe essere come non essere una Terra alternativa dove il Diluvio Universale non è mai finito perché la colomba non è mai tornata da Noè intera un esploratore senza nome incontra una bambina senza nome intenta a custodire l’uovo del titolo, nella speranza che ne compaia un angelo simile ad un misteriosofossile nella magione abbandonata dove sembra vivere da millenni.
Senza alcuna ragione l’esploratore sfascia l’uovo, spingendo la ragazzina a fuggire ed annegare nell’eterno diluvio, liberando dall’acqua che ricopre tutto il mondo tranne un continente a forma di Arca rovesciata una serie di simili uova.
Il film riavrà presto una edizione rimasterizzata: il cineasta Carl-Jan Colpaert provò con scarso successo a rimontarlo con spezzoni in live action trasformandolo nel film In the Aftermath: Angels Never Sleep, dove invece la ragazzina viene descritta come un Angelo ella stessa inviata sulla Terra con un uovo che, ove rotto, libererà una benedizione che salverà una Terra distrutta dalle radiazioni atomiche ma prima di farlo giudicherà i soldati Frank e Goose (e poi Frank, causa decesso istantaneo di Goose) come paragoni del genere umano tutto, rendendo il risultato finale ancora meno comprensibile.
Maggior fortuna avrà il celeberrimo fumetto Vampire Hunter D scritto da Hideyuki Kikuchi nel 1983: storia sia fantasy che sci-fi ambientata in XXImo secolo alternativo dove i vampiri ed altre creature sovrannaturali dominano il mondo con la scienza e la magia assieme e “D”, il più potente dei mezzo-sangue, un Dhampir figlio di un potente vampiro e una madre umana geneticamente modificata fino alla perfezione lavora come cacciatore di Vampiri ergendosi contro vampiri e creature sovrannaturali malvagi, ancora una volta (come Kyashan), paladino dei giusti ma temuto sia dai buoni che dai malvagi per la sua natura né del tutto umana e né del tutto sovrannaturale.
Ma la rivoluzione per quel che ci riguarda arriva con Square, all’epoca una casa produttrice di videogame letteralmente alla canna del gas.
Arriva Final Fantasy
Nel 1986 Square era una ditta alla canna del gas.
Letteralmente: Hironobu Sagakuchi aveva proposto a Nintendo un gioco fantasy chiamando il progetto Final Fantasy perché era convinto che tanto Square sarebbe andata fallita subito dopo e voleva quantomeno la soddisfazione di uscire dal mercato con un ultimo prodotto.
Perché un fantasy? Perché Akira Toriyama, autore di Dragonball e Dottor Slump aveva dimostrato col suo lavoro su Dragon Quest, saga fantasy edita per console Nintendo, che l’intuizione avuta negli anni ’60 da Tatsunoko era ancora valida negli anni ’80: i ragazzin giapponesi volevano gli anime in TV, e ora volevano pure videogiochi fantasy che avessero atmosfere simili agli amati anime.
Due anni prima Amano, che ricordiamo a questo punto della sua vita era un freelance, aveva già lavorato ad un videogame: un clonazzo veramente brutto del celebre Dragon’s Lair chiamato Esh’s Aurunmilla.
Si trattava di un cabinato alimentato da un Laserdisc: come il Dragon’s Lair di Don Bluth un film interattivo dove scegliendo alcune mosse ove indicato la storia sarebbe proseguita in modo diverso o pervenuta a ironiche “scene di morte” in cui il protagonista muore male.
La trama è un mezzo plagio di Dragon’s Lair: il malvagio Esh, con la sua crudele quanto seducente partner Orishala, sequestra la dolce principessa Sindy (sic!) per dominare il pianete Aurunmilla. L’eroico ma sgraziato Don Davis viene mandato a salvarla, vivendo disavventure simili a quelle di Dirk l’Audace in Dragon’s Lair, ma con elementi spaziali simili al successivo Space Ace di Don Bluth.
La combinazione di goffe traduzioni e l’oscurità del titolo tendono a rendere Esh’s Aurunmilla un buco nero nel curriculum di Amano: comunque la Square potè mettere il lizza tra i character designer per la sua “ultima fantasia” il celebre autore francese Moebius e Amano stesso.
Probabilmente complice la miseria nera di Square per cui importare Moebius dall’estero sarebbe stato fuori budget, alla fine in squadra entrò Amano, che poté combinare le sue conoscenze acquisite in narrazione, disegno, storytelling e videogioco per creare i personaggi del primo Final Fantasy.
Saga che fu un successo e salvò Square dalla morte, anzi venendo recepita quanto e più di Dragon’s Quest in Occidente.
Una lunghissima serie di coincidenze, circostanze e cambi di rotta ci avevano portato dalla Famosa Squadra G a Final Fantasy, dove Amano fu gestore del character e monster design dei primi sei capitoli della saga, ognuno scollegato dall’altro e con ambientazioni diverse e illustratore e designer dei successivi, personalmente creando tutti i loghi della saga.
Amano da Final Fantasy ad oggi
Amano è ancora uno dei più prolifici disegnatori internazionali: nel 1997 aprì uno studio a New York e nel 1999 vinse il premio Bram Stoker con Neil Gaiman per la celebre saga fantasy The Sandman.
Ironicamente il ragazzino deluso dal fatto che le copertine dei fumetti americani fossero spesso illustrate da disegnatori di grido e con una precisione superiore ai disegni interni diventerà l’acclamato copertinista di diverse edizioni variant dei fumetti più famosi delle grandi Due, DC e Marvel.
Illustratore ancora all’opera nei suoi tre studi in Giappone e atelier all’estero, Amano ha firmato ad esempio l’illustrazione per La forma dell’Acqua di Del Toro, una copertina per Vogue e con Fortnite è tornato ai videogiochi ancora una volta, senza fermarsi.
Se siete curiosi, la mostra Amano Corpus Animae, di cui c’è stata un’anteprima al passato Lucca Comics and Games, partirà a Milano da mercoledì 13 Novembre.
Vi lasciamo quindi con una curiosità, in diretta da Lucca. Perché Amano disegna figure femminili diafane e candide? Per somiglianza con l’arte tradizionale? Secondo lui perché è più pratico e meno impegnativo usare il bianco del foglio che dedicarsi alla ricerca del colore idoneo.
Del resto, celia o verità, Amano nasce animatore e l’animazione è ricca di trucchi per risparmiare tempo e avere efficiacia.
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