Allora, abbiamo già annunciato la vaccinazione obbligatoria per il settore sanitario contenuta nel prossimo Decreto Aprile.
Obbligo destinato a restare. Quello che già in molti ci chiederete sono i profili tecnici. Come si è arrivato a questo, come si intende agire, come rispondere agli eventuali antivaccinisti pronti ad inventarsi sul posto il “cavillo da proporre alla gente per sottrarsi a tale obbligo”.
Cavillo che potrebbe rovinarli per sempre, ma sapete come funziona nel mondo delle “informazioni non verificate”. La gente ama dare “buoni consigli” e poi scappare in una nube di zolfo quando ti sei bruciato.
Anche di questo abbiamo già parlato, e lungamente, per il caso degli infermieri di Belluno. Caso che ha contribuito a puntare i riflettori sul tema forzando la mano del Governo.
In quel caso l’intervento del giudice di prime cure, sia pur nella forma interlocutoria dell’ordinanza, accettò come “fumus boni iuris” (ovvero fondata eccezione in diritto) la vaccinazione come dispositivo di protezione individuale cardine.
Abbiamo già visto come per FNOMCeO, l’ordine dei medici e del personale ospedaliero la vaccinazione è sia un diritto che un dovere deontologico:
Filippo Anelli, presidente della Fnomceo (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri), parlando con l’agenzia Dire, ha dichiarato: «Vaccinarsi per gli operatori sanitari, specie per coloro che sono più esposti al rischio di contrarre il virus, non è solo un interesse per la salute personale, ma anche un dovere deontologico per non diventare veicolo d’infezione»
Medici ed operatori sanitari devono vaccinarsi, e devono essere inseriti nelle categorie preferenziali perché sono coloro tra tutti più a stretto contatto con la malattia ed a rischio di contrarre forme gravi del morbo a prescindere dal loro stato di salute, se non altro per la continua esposizione.
Ma sono anche coloro che sono deontologicamente tenuti, nel rispetto della loro professione, a mantenere la salute pubblica e dei pazienti a loro affidati.
Abbiamo anche visto che nel diritto del lavoro esiste il concetto di “idoneità al lavoro“.
Sostanzialmente il medico del lavoro può dichiarare un lavoratore inidoneo a determinate mansioni. Cosa che comporta l’impossibilità per lo stesso di proseguire nella determinata mansione. A sua tutela, a tutela della struttura, inoltre in caso di un infermiere a tutela dei soggetti fragili a lui lasciati in cura.
Sottrarsi alla vaccinazione comporta aumentare il rischio in capo al personale medico di contrarre la malattia, cosa che il Datore di Lavoro non può consentire.
Cosa che, tecnicamente comporta che un lavoratore non idoneo andrebbe destinato ad una mansione per cui è idoneo.
Problema: se il datore di lavoro, oggettivamente, non le ha le mansioni a cui uno potrebbe essere destinato, non può inventarsele per dargliele.
Questi sono gli elementi da tenere presenti prima di lanciarsi in oziose “chiacchiere da baretto” sul provvedimento e sommosse popolari contro la “sospensione dal lavoro per i no-vax”.
Elementi che possiamo comodamente riassumere in:
Si parte stabilendo che la vaccinazione costituisce requisito essenziale all’esercizio della professione e per lo svolgimento delle prestazioni lavorative rese dai soggetti obbligati.
Cosa che, a onor del vero, già sapevamo prima dalla dottrina giuridica, l’ordinanza di Belluno insegna, ma semplicemente c’era bisogno di mettere in evidenza.
Come il cartello Divieto di Fumo messo in tutti i luoghi dove ovviamente è vietato fumare, ma va esibito perché siamo in Italia.
Quel posto dove se un italiano vede un cartello “vietato fumare” anziché spegnere la sigaretta si inventa una citazione di Churchill per farsi ragione.
Fattualmente, la palla passa ora ad un rigido sistema di controllo che passa dagli Ordini Professionali e arriva all’ASL, e che interessa gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie, sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, farmacie, parafarmacie e studi professionali.
La scansione temporale, salvo deroghe, si presenta rigida:
Abbiamo anticipato l’estrema difficoltà nel trovare mansioni, anche inferiori, che non prevedano tale rischio.
L’ipotesi sospensione, tra le due, diventa di fatto la più frequente.
No, non ci sono.
Naturalmente, se ci fossero non spetterebbe a noi dirlo.
Ma se volete fare riferimento all’insorgenza di testi come questo, che invita platealmente eventuali lavoratori colpiti dal provvedimento (all’epoca della diffusione della bufala, eventuale) a denunciare il datore di lavoro per estorsione presentandosi sul posto di lavoro ed esigendo stipendio e mansione usuale, o questo, un audio WhatsApp in cui una voce inquietantemente squassata da colpi di tosse brutali che ne mozzano il respiro sciorina la possibilità di “Entrare in frazione sindacale” e minacciare scioperi, serrate e dimissioni, sappiate che tutto quello che otterete sarebbe un sensibile peggioramento della vostra situazione.
Siamo in presenza di un obbligo di legge.
Un obbligo di legge che non prevede il licenziamento, ma prende semplicemente atto dell’impossibilità tecnica per un lavoratore inidoneo ad una determinata mansione o tipologia di mansioni di proseguirne.
E che prende atto del fatto che in un ospedale, una farmacia ed uno studio medico trovare una mansione che non preveda il rischio di contagio è un’impresa pari alla ricerca del Santo Graal.
Ammesso che ce ne siano, saranno probabilmente in numero inferiore al personale socio-sanitario da spostarvi ed è impossibile, ingiusto e improbabile uno scenario in cui chi già occupa tale posizioni venga scacciato per preservare il posto del “medico novax”.
La sospensione resta quindi un’alea assai probabile.
Ed è pertanto giusto parlare di “sospensione dal lavoro per i no-vax”, come una delle possibili opzioni ma prevedibilmente la più praticata.
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