“Un nuovo potenziale vaccino low cost prodotto con le uova attrae l’attenzione”: è questo che sappiamo dai social e dalla stampa.
O meglio, lo conosciamo come un “nuovo vaccino low cost”. Cosa che non è inesatta, affatto. Ma se c’è una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che bisogna saper attendere.
Ci è voluto un anno, ed è stato un obiettivo raggiunto con sforzi economici e scientifici mastodontici, per arrivare a tre preparati vaccinali sugli scaffali, quattro approvati ed un quinto in arrivo anche in Europa.
Come spiega una lettura del “Tracker dei vaccini” mantenuto dal New York Post, in tutto il mondo ci sono una novantina di vaccini in sperimentazione, quattro approvati in Occidente, otto approvati in qualche parte del mondo e quattro scartati.
Di quelli in sperimentazione, cinquanta sono alla fase uno, tra cui NDV-HXP-S, dell’Università Mahidol in Thailandia.
Parliamo di un vaccino “vecchio stile”, ma insieme moderno.
Uno dei motivi per cui la ricerca vaccinale è andata così velocemente è il fatto che SARS-CoV-2 è sostanzialmente l’ultimo arrivato della famiglia dei Coronavirus, ma ha dei parenti noti e terribili.
Durante il periodo di massima insorgenza della MERS furono studiati alcuni metodi per contrastarlo: metodi che i test di fase uno dimostrano abbastanza validi anche contro il “cuginetto” SARS-CoV-2.
In primo luogo sappiamo tutti come funziona un vaccino: si espone il sistema immunitario ad un virus inattivo, debilitato o parti di virus in modo da “allenare” il sistema immunitario stesso.
Ma le “spike”, le “spicole proteiche”, quelle strutture a forma di piccoli puntali a cui i Coronavirus devono il nome, tendono a “deformarsi” durante l’infezione.
Sostanzialmente, se accettiamo la metafora di “Esplorando il Corpo Umano”, corriamo il rischio di esporre alla “flotta degli Anticorpi” una serie di spike proteiche di forma diversa a quelle che si aspettano.
Causando nella flotta degli anticorpi una certa confusione e perdita di efficacia, detto in termini profani.
I ricercatori riuscirono a creare una proteina Spike “bloccata” in una forma non infettiva e costantemente riconoscibile, una specie di feticcio da esibire al sistema immunitario.
Feticcio che sembra funzionare anche per un vaccino contro COVID19. E che infatti è alla base di tutti i vaccini attualmente in commercio, sia pur in modalità adattate ai diversi processi produttivi.
Ed è proprio adattando ulteriormente quel processo ad una preparazione legata all’uso delle uova che si è arrivati a questa storia.
A differenza dei vaccini a mRNA, che richiedono una conservazione mediante una rigida catena del freddo, o dei vaccini esistenti, che richiedono processi produttivi particolari, il vaccino NDV-HXP-S contiene una proteina spike “bloccata” che può essere riprodotta come si fa coi vaccini influenzali diffusi.
Mediante virus indeboliti e inattivati coltivati in uova di gallina.
Un processo produttivo rapido, efficiente, poco costoso e alla portata di tutti gli stati, anche quelli più poveri.
Ora, non è detto che arriveremo alla fine: molte strade vengono provate, non tutte arrivano alla conclusione.
Ma se come si ritiene possibile tutto funzionasse, sarebbe una grande notizia.
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