Un naso elettronico: dimmi che respiro hai e ti dirò qual è la tua malattia
Prevenire è meglio che curare, dice un detto che tutti conosciamo. La medicina degli ultimi decenni non si accontenta più di curare le malattie, ma è alla continua ricerca di strumenti sempre più sensibili che ci permettano di prevederne lo sviluppo prima della comparsa di sintomi.
Nel mondo, circa 50 milioni di persone muoiono ogni anno e – soprattutto nei paesi più sviluppati – una grande frazione di queste morti è provocata da disturbi cronici come patologie cardiache, polmonari, cancro, Alzheimer, diabete.
Il momento di inizio del trattamento condiziona fortemente la sua efficacia, eppure molte patologie possono rimanere asintomatiche, e dunque non rilevate, per un lungo periodo di tempo. Questo crea la necessità di trovare strumenti sempre più avanzati per fare diagnosi in fasi precoci prima delle manifestazioni cliniche. Sono nati così gli esami di screening, test che ci permettono di fare dei controlli a tappeto su un vasto campione di popolazione.
Test di screening
Nell’ambito dei tumori, i test di screening più utilizzati sono quelli per il cancro della mammella, del colon retto e della cervice uterina.
– Lo screening mammografico, indirizzato a tutte le donne tra i 50 ed i 69 anni, prevede una mammografia bilaterale da eseguire ogni due anni.
– Il test di screening per il cancro colon rettale, indirizzato a uomini e donne tra i 50 ed i 69 anni, consiste nella ricerca di tracce microscopiche di sangue nelle feci (il sangue occulto nelle feci) ed una successiva colonscopia in caso di positività.
– Il test per il tumore del collo dell’utero, rivolto a donne tra i 25 ed i 70 anni, prevede l’esecuzione di un Pap-test ogni 3 anni. Un esame più recente, ugualmente valido per una diagnosi precoce, consiste nella ricerca del DNA del virus HPV.
Queste metodiche sono state sviluppate negli anni e pur essendo sensibili (cioè capaci di riconoscere i malati) e specifiche (capaci di riconoscere i sani come tali), richiedono tempistiche e costi non trascurabili per l’esecuzione.
E se ci fosse la possibilità di utilizzare una tecnica più semplice, rapida e meno invasiva?
E se bastasse un respiro?
Lo studio del respiro per la diagnosi delle malattie non è un’invenzione recente ma una metodica usata già dagli antichi greci. Il suo odore può essere caratteristico di alcune condizioni patologiche perché una cellula malata rilascia sostanze chimiche diverse da quelle di una cellula sana.
L’acetone è un caratteristico alito fruttato che tutti noi abbiamo avuto almeno una volta da piccoli, per esempio in seguito a febbre, infezioni, diarrea o digiuno prolungato. Può essere spia (in adulti e bambini) anche di condizioni più importanti, come il diabete. È una conseguenza di un disordine del metabolismo causato da una carenza di zuccheri. In assenza di zuccheri infatti le nostre cellule utilizzano i grassi per ricavare energia: gli scarti di questi processi sono rappresentati da diverse molecole – tra le quali l’acetone – che, eliminato con la respirazione, sarà responsabile del caratteristico odore di frutta matura.
La raccolta di un campione di aria espirata viene oggi utilizzata per fare diagnosi di alcune condizioni come l’intolleranza al lattosio e l’infezione gastrointestinale da parte dell’Helicobacter pylori.
Il nostro respiro è costituito da 4 componenti principali – azoto, ossigeno, anidride carbonica e argon – e da centinaia di composti organici volatili che vengono rilasciati ogni volta che espiriamo.
È stata evidenziata una correlazione tra alcuni di questi composti e malattie quali Alzheimer, cancro dei polmoni, Broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), infezioni delle basse vie respiratorie, cancro del colon-retto e cancro della mammella.
Uno studio recente eseguito in Israele su un campione di 48 persone, alcune con morbo di Parkinson e altre sane, ha dimostrato come l’analisi dei composti del nostro respiro possa permetterci di distinguere – con un’accuratezza dell’80% – il morbo di Parkinson in stadi iniziali. Ulteriori studi dovranno essere fatti prima di poter utilizzare questa metodica in ambito diagnostico.
Come funziona?
Il principio è quello utilizzato dall’alcol test per valutare la concentrazione di etanolo.
Un dispositivo sensibile, il cosiddetto Naso Elettronico, rileva tramite dei sensori i composti organici volatili del nostro respiro. L’insieme di queste sostanze, che rappresenta l’impronta del nostro metabolismo, viene poi associato alla presenza o assenza di una determinata condizione clinica.
I vantaggi sarebbero notevoli: un piccolo dispositivo portatile, non invasivo, rapido e versatile – dunque capace di fare uno screening per molteplici patologie contemporaneamente. Il tutto con un basso costo.
Prima di poter introdurre questi screening nella popolazione è necessario lo sviluppo di sensori estremamente sensibili che riescano a rilevare centinaia di composti organici volatili. Bisogna inoltre capire come raccogliere un campione di respiro in un modo ben definito, così che lo stesso processo di raccolta non alteri il risultato dell’analisi. Non da meno, un numero sufficiente di dati devono essere raccolti così da poter confrontare le analisi dei singoli con valori fisiologici nella popolazione di riferimento.
Se l’analisi del respiro venisse riconosciuta come valido supporto alla diagnosi, una parte della medicina che conosciamo oggi sarebbe rivoluzionata. Il dispositivo ideale potrebbe essere anche utilizzato a casa da ciascuno di noi, che dovremmo poi contattare il medico qualora venga rilevata qualche anomalia.
E tu, hai mai fatto caso al tuo respiro?
Se l’argomento ti è piaciuto ti consiglio il TED talk del dott. Julian Burschka, al quale mi sono ispirata per la stesura di questo articolo.
Per un approfondimento sulla possibilità di utilizzare il respiro per la diagnosi di cancro dai un’occhiata a questo TED talk dello stesso autore.
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