Approfondimento

Tutto quello che sappiamo sul caso Sea Watch 3

Tutto quello che sappiamo sul caso Sea Watch 3, come direbbe il simpatico contadinotto di un meme molto in voga tra i giovinotti, non è molto, ma quantomeno è quanto possiamo darvi con onestà.

Ma andiamo quindi con ordine.

Riassunto delle puntate precedenti

Ovviamente, vi è una nave, la Sea Watch 3.

Vi sono dei profughi al suo interno, gente stremata da 14 giorni in mare.

La nave non si conduce da sola, quindi vi è un capitano. Capitano che stabilisce di trovarsi tra la proverbiale incudine e il martello.

Da un lato abbiamo infatti il Decreto Sicurezza 2, che prevede ingenti multe ed il sequestro della nave per chi operi senza rispettare e le convenzioni internazionali e le istruzioni delle autorità competenti per il soccorso secondo area SAR.

Evidenziamo questo punto perché è assai importante: le autorità competenti in questo caso sarebbero le Autorità Libiche.

Le stesse che, come sappiamo ormai da lungo tempo, insistono in un porto che non è considerato, né considerabile, sicuro per gli sbarchi.

Dall’altro abbiamo un ricorso presentato all’Unione Europea per chiedere il riconoscimento di uno stato di emergenza in modo da sospendere gli effetti del Decreto Sicurezza 2.

Ricorso accolto solo in maniera parziale, laddove Strasburgo ha

indicato al governo italiano che conta sulle autorità del Paese affinché continuino a fornire tutta l’assistenza necessaria alle persone in situazione di vulnerabilità a causa dell’età o dello stato di salute che si trovano a bordo della nave

Intanto, la situazione emergenziale continua.

Abbiamo 42 persone racchiuse in tre metri quadri di spazio per ciascuna, esposti alla salsedine che brucia (letteralmente: macerare nella salsedine e nel carburante provoca ustioni chimiche) la pelle e la carne, tra cui minori abusati, persone sull’orlo del suicidio ed un quadro clinico e psicologico drammatico.

Alle ore 14:26 il Capitano, Carola Rackete, annuncia che si assumerà la responsabilità civile e penale di forzare il blocco navale, e dirigerà verso Lampedusa la Sea Watch 3.

Le reazioni

Inevitabili le reazioni della politica, tra un Ministro degli Interni pronto a schierare la forza pubblica contro la “sbruffoncella”, una Giorgia Meloni incline ad affondare Sea Watch 3, un Luigi di Maio, vicepremier, dichiaratosi pronto a sbattere i pugni in Europa chiedendo l’intervento Europeo, e l’Opposizione incline a varie forme di supporto.

Una staffetta di deputati di opposizione infatti, da Delrio a Raciti, si daranno appuntamento alla presunta ora dello sbarco, intorno alle 20:30 di questa sera

per testimoniare la solidarietà dem ai migranti della Sea Watch che ha deciso di entrare nelle acque italiane davanti all’isola

I possibili scenari

Chiunque prima delle 20:30 vi dica cosa potrebbe accadere, noi lo chiameremmo un mistificatore che non sa quello di cui sta parlando e che gioca con la pelle di esseri umani in difficoltà.

Nessuno può prevedere tutti gli esiti: né uomini, né dei, né Gandalf lo Stregone.

In compenso possiamo analizzare il fumus che abbiamo.

Da un lato vi è il Decreto Sicurezza 2. Sicuramente quindi il Governo non potrà che spingere per il sequestro della nave e la messa in stato di accusa del Capitano Carola Rackete.

Dall’altro lato abbiamo lo stato di emergenza.

Sul funzionamento dei trattati internazionali abbiamo parlato in lungo ed in largo in molte occasioni: ricopiare tutto in questo articolo sarebbe tedioso, noioso e ostativo alla comprensione di molti. Scenderemmo, insomma, dal livello linguistico “comprensibile ad un ragazzino di 14 anni” di cui ci gloriamo ad un livello assai più complicato.

Vi rimandiamo alla nostra analisi effettuata a questo link che vi preghiamo di leggere. Leggete con attenzione, tornate quando avrete finito.

Siamo quindi ad un bel groviglio legislativo che, nel probabile perdurante stato di accusa, seguito da imputazione del Capitano Rackete, aprirà il dibattito sul rapporto tra Convenzioni Internazionali, Regolamenti Europei e norme nazionali che definimmo “una gran partita a carta-forbice-sasso”.

Nel quale irrompe a gamba tesa il concetto di stato di necessità

Cos’è lo Stato di Necessità?

Immaginate di avere un ferito a bordo. State guidando un’autolettiga, un’ambulanza privata o pubblica (poco importa) o altro mezzo.

Il ferito sta tirando gli estremi: se non arrivate in tempo, il ferito muore. Quindi accendete i lampeggianti se li avete, se non li avete strombazzate come assatanati e correte alla massima velocità raggiungendo l’ambulanza.

Un soggetto a caso decide di fermarsi davanti all’ambulanza, minacciando di denunciarvi perché state violando (come state violando, effettivamente), diverse norme di sicurezza, chiama la polizia e vi sbarra l’accesso con la sua macchina dicendo che è nel suo diritto farlo.

Nel frattempo il trasportato muore, la polizia arriva, raccoglie i dati e si porta via l’omarino, accusato del gravissimo reato di omicidio.

Cos’è successo?

Lo stato di necessità, presente in diversi ordinamenti tra cui il nostro all’art 54 del codice penale dichiara che

Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo

La ratio è simile, ma non coincidente con la scriminante della legittima difesa, che proprio in questi giorni abbiamo scoperto non essere poi stata così tanto allargata.

Citando i professionisti di Studio Cataldi

Non c’è quindi un’aggressione da cui difendersi ma uno stato oggettivo di necessità.
Dalla lettura testuale della norma si desume che i requisiti perché si possa invocare lo stato di necessità sono:
– l’esistenza di un pericolo attuale e inevitabile;
– l’esistenza di un pericolo che riguardi un danno grave alla persona.

Anche i requisiti del danno e del pericolo non sono limitati al solo pericolo di vita come nel nostro esempio. Infatti gli esempi devono essere inesatti e semplificati, per far capire un concetto.

Ma la realtà dei fatti è assai complessa e degna di maggiori esami, e quindi

Al fine dell’operatività della scriminante, la situazione di pericolo che rende l’azione necessitata deve essere attuale e l’attualità del pericolo deve essere valutata ex ante con riferimento alla situazione in cui versa l’agente prima di porre in essere la sua condotta offensiva. Il pericolo attiene ad un grave danno alla persona propria o altrui: non necessariamente ad essere minacciato deve essere il bene vita o l’integrità fisica; la situazione di pericolo può investire anche altri diritti della personalità come la libertà personale, l’onore e il decoro.
La norma, poi, prescrive che lo stato di pericolo non deve essere stato volontariamente causato dall’agente e che non sia altrimenti evitabile, nonché che l’azione lesiva sia necessaria. Ulteriore presupposto richiesto, ai fini della configurabilità della scriminante, è la proporzionalità tra il danno arrecato con l’azione necessitata ed il pericolo di danno determinato dalla situazione necessitante. La comparazione deve effettuarsi con riferimento al valore dei beni in conflitto e con riguardo al grado di lesione minacciato e arrecato.

La manovra del Capitano Rackete verte proprio a forzare queste valutazioni, ovvero i criteri di pericolo, proporzionalità e necessarietà.

Perché andiamo controcorrente: sappiamo e possiamo prevedere che la stampa nei prossimi giorni cercherà di personalizzare lo scontro, trasformandolo in una battaglia tra i due “Capitani”, la Rackete ed il Salvini.

Ma il punto non è questo. Non è mai stato questo.

Non lo è per chi, da umano e non da tifoso, guardi questa vicenda, non lo è per il diritto.

Per il diritto, nelle prossime ore, se non giorni o settimane, bisognerà solo comprendere quale ruolo avrà la scriminante per stato di necessità nel “Carta-Forbice-Sasso” che è il diritto.

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