Trump: cosa prevede il 25° emendamento per la rimozione del Presidente, quando applicarlo, conseguenze
Il 25° emendamento per la rimozione del Presidente è uno spettro che si agita sulla testa di Trump, una spada di Damocle lascito dell’insurrezione violenta dei QAnon.
I quali, incidentalmente, si dimostrano l’equivalente del “migliore amico” che nei Party Movies Americani ti promette “una festa che spacca” e poi vanno via lasciandoti casa devastata, orde di scalmanati in giardino che distruggono tutto, i tuoi genitori a chiederti perché i ruderi della vostra casa sono pieni di collegiali strafatti e nani da giardino pieni di droga e miliardi tra debiti e multe.
Ma per quel che riguarda Trump non è solo il conto dei danni, e purtroppo delle morti, ad essergli stato lasciato da QAnon, ma anche il rischio di pagare la sua tardiva dissociazione e l’ondivago invito alla calma ma con blandizia per i “patrioti” in modo più profondo e terribile che il semplice ban a tempo indeterminato da Facebook.
Trump: cosa prevede il 25° emendamento per la rimozione del Presidente, quando applicarlo
Il 25mo Emendamento prevede infatti che
“Nel caso in cui il vicepresidente e la maggioranza dei funzionari dell’esecutivo (…) trasmettano al presidente pro tempore del Senato e al presidente della Camera una dichiarazione scritta in cui spiegano che il presidente non è in grado di adempiere ai poteri e ai doveri della sua carica, il vicepresidente dovrà assumere immediatamente la carica di presidente pro tempore”
Il problema è che quel perché è una clausola in bianco da applicarsi volta per volta che, in secoli di storia Americana, è sempre stata interpretata nell’impossibilità materiale.
Ad esempio, un presidente malato o costretto ad assentarsi dal suo ufficio: e in tale caso i poteri vengono temporaneamente trasferiti al Vice Presidente.
Nella storia USA il 25° emendamento non è mai stato applicato in tale guisa: di fatti ci sono tre modalità esecutive del 25° emendamento stesso.
- Per morte del Presidente, che porta la presa di poteri da parte del Vice Presidente fino a nuove elezioni
- Per impossibilità autodichiarata del Presidente, che porta il trasferimento dei poteri al Vice Presidente finché il Presidente non dichiarerà la sua impossibilità risolta
- Per impossibilità dichiarata, che è il caso di specie
Precedenti storici
Del terzo caso non esistono precedenti.
Ci andò molto vicino Ronald Reagan: a seguito dell’attentato in cui fu colpito nel Marzo del 1981 e il seguente periodo di ospedalizzazione, il suo stesso Governo preparò la documentazione necessaria per chiedere l’applicazione del 25° emendamento, decidendo infine che data la sua portata e i suoi effetti si sarebbero accontentati di sapere Reagan in grado di proseguire il suo lavoro dall’ospedale.
Nuovamente nel 1987 le insistenti voci di un “deterioramento mentale” di Reagan spinsero a ripreparare la documentazione necessaria, ma le condizioni psicofisiche del Presidente furono nuovamente valutate ottimali e non si diede seguito.
Incidentalmente un deterioramento mentale arrivò, ma nel 1994, con la diagnosi di Alzheimer e quando Reagan era ben lontano dal suo ufficio.
Di 25° emendamento per impossibilità dichiarata non si parlò più fino al 2017, quando Trump entrò in rotta con James Comey, allora direttore dell’FBI.
I requisiti
Tutto quello che serve per il 25° emendamento è che il Vicepresidente in accordo con la maggioranza dei 15 principali membri del governo (i segretari di Stato, Tesoro, Difesa, Giustizia, Interno, Agricoltura, Commercio, Lavoro, Salute, Sviluppo urbano, Trasporti, Energia, Istruzione, Affari dei veterani e Sicurezza Interna) stabilisca che il Presidente della Repubblica è incapace di proseguire le sue funzioni.
Le conseguenze
A questo punto ove il Presidente non risponda o non sia in grado di farlo i poteri verrebbero assunti immediatamente dal VicePresidente.
Ove invece il Presidente risponde il Vice Presidente resterebbe comunque per quattro giorni, deferendo “ai principali rappresentanti dei dipartimenti principali” la facoltà di ri-assegnare i poteri al Vice Presidente a tempo indeterminato con una nuova dichiarazione di incapacità.
In ogni caso la Camera e il Senato avranno poi 21 giorni per decidere sulla questione.
Ventuno giorni che in questo caso non ci sarebbero, dato che comunque Trump dovrebbe lasciare la Casa Bianca il 20 Gennaio.
Di fatto, Trump chiuderebbe il suo mandato da “commissariato”, ritenuto “incapace” non fisicamente ma in quanto pubblicamente accusato di indegnità morale e di responsabilità nei gravi atti compiuti dai rivoltosi e QAnon.
Abbastanza per uccidere per sempre una carriera politica.
Laddove infatti l’Impeachment comporta l’impossibilità legale di farsi rieleggere, l’incapacità da 25° emendamento non comporta niente di questo.
Un Presidente fisicamente malato può rientrare in ufficio, o farsi rieleggere, ove risanato.
Ma un Presidente pubblicamente bollato ed esibito al popolo col più grande marchio di infamia di una incapacità morale di prosecuzione del suo ufficio, subirebbe un colpo dei consensi tale da rischiare di non sollevarsi mai più.
Anche per questo Joe Biden, da sempre incline alla pacificazione, sembra al momento poco incline a ricorrere alle soluzioni più drammatiche.
Soluzione nucleare alla quale tutti i Dem, da Nancy Pelosi in poi, sono ben più che favorevoli
“Questa è un’emergenza della massima portata”, ha risposto in conferenza stampa quando le è stato chiesto se avrebbe incoraggiato i membri del governo a non dimettersi in modo che possano invocare il 25° emendamento. Alla domanda per quanto tempo aspetterà per vedere se verrà invocato prima di proseguire con l’impeachment, Pelosi ha detto: “Anche se sono rimasti solo 13 giorni, ognuno di questi può trasformarsi in un horror show per l’America”.
Sorprendentemente, ma dato il clima acceso neanche tanto, anche il Governatore del Vermont e l’ex segretario alla Sicurezza Interna Kelly, Repubblicani, sembrano inclini ad accettare una rimozione dell’incarico per Trump.
In ogni caso, ormai il danno alla carriera del Tycoon sembra quindi concretarsi.
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