Attorno alle alle ore 23 del 27 luglio 1993 due vigili urbani tra cui l’agente di Polizia Alessandro Ferrari furono attirati dalla segnalazione di una vettura FIAT Uno che emetteva fumo dai finestrini, notata da un gruppo di persone. Le successive indagini dimostreranno che la vettura era rubata, e si trattava di una deliberata e premeditata strage mafiosa, parte della “strategia della tensione” che portò Cosa Nostra allo scontro aperto con lo Stato nel tentativo di spingere in direzione favorevole la trattativa Stato-Mafia.
Accorsero i Vigili del Fuoco, e notato un ordigno ordinarono l’evacuazione, purtroppo tardiva ancorché sufficiente a salvare un numero maggiori di vite di quante se ne sarebbero salvate altrimenti.
Dodici persone rimasero ferite dall’esplosione dello stesso, l’agente di polizia Alessandro Ferrari, i vigili del fuoco Carlo La Catena, Sergio Pasotto e Stefano Picerno e il senza fissa dimora Driss Moussafir, colpevole solo di cercare un posto dove trascorrere la notte e riposare trovarono la morte.
L’esplosione inoltre danneggiò il sistema di illuminazione pubblica, frantumò i vetri delle abitazioni in un raggio di circa 200-300 metri e lesionò il muro esterno del Padiglione di Arte contemporanea, nella stessa via.
Le fiamme lambirono la condotta del gas sottostante alla sede stradale, coinvolta da un incendio che durò ore. Una sacca di gas esplose l’indomani, il giorno 28 Luglio, sotto il Padiglione, distruggendo opere d’arte e danneggiando la Galleria d’Arte Moderna.
In quegli stessi giorni furono colpite, per volontà della stessa mano mafosa, le chiese romane di San Giovanni in Laterano e San Giorgio al Velabro.
Era la sanguinosa stagione degli attentati di mafia, che peraltrò costò la vita a Falcone e Borsellino e mise sotto attacco tutte le strutture dello Stato, cercando di forzarne la mano con perdite umane e colpendo luoghi chiave del patrimonio artistico e sociale nazionale.
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