Bisogna chiarire al meglio una questione molto calda oggi 23 maggio, come quella che è stata ribattezzata “tassa Covid 19” sui social. Una sorta di costo extra per gli acquisti dei clienti, che a conti fatti non rientra tra le fake news che abbiamo esaminato indirettamente nelle scorse settimane al momento del lancio di un nuovo filtro WhatsApp, per la limitazione notizie false a tema Coronavirus. Tra conferme e precisazioni, nella tutela sia dei clienti, sia dei titolari di determinate attività, bisogna esaminare la questione a 360 gradi.
Partiamo da un presupposto. La tassa Covid 19, anche se non tutti la concepiscono come una voce specifica all’interno di uno scontrino, è autentica. Si parla molto di parrucchieri, centri estetici ed attività correlate, ma da quello che ci risulta pare sia applicata anche per acquisti di altri beni e servizi. Insomma, non meravigliatevi nel caso in cui doveste visualizzarla dopo aver consumato un caffè al bar o un pasto al ristorante.
Confermiamo, poi, che non si tratti di una regola scritta. Secondo quanto stiamo apprendendo, effettuando ricerche su larga scala, si tende ad applicare una tassa Covid 19 soprattutto nelle grandi città. Non sono esclusi, però, casi in cui il contributo extra per acquisti di beni o servizi possa essere depennato nelle metropoli, così come al contrario potrebbe fare la sua apparizione anche in piccole realtà locali. Infine, non tutti concepiscono la tassa conferendole una voce apposita nello scontrino. Ad esempio ci potrebbero essere delle aggiunte ai prezzi dei singoli servizi o prodotti, con un valore medio di circa 4 euro.
La polemica sulla tassa Covid 19, soprattutto sui social, nasce dalla motivazione per la quale sarebbe stato applicato un costo extra negli scontrini per acquisti dei prodotti. In particolare, si parla di una compensazione per i costi di sanificazione. Parliamo di spese importanti, alle quali spesso si associano quelle di corsi anche per il personale, senza dimenticare il fatto che la mole di lavoro per forza di cose sia calata. In teoria, i titolari delle attività interessate avrebbero dovuto ricevere fondi statali per essere supportati sotto questo punto di vista, ma ci risulta che al momento questo non sia avvenuto.
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