Tra bufale e precisazioni sul caso Epatite E dai topi all’uomo: virus dei ratti di Hong Kong da inquadrare
Ci sono diversi aspetti ancora poco chiari per quanto riguarda il virus dei ratti, la cosiddetta Epatite E dai topi all’uomo, almeno stando ad alcune informazioni basilari raccolte in queste ore. Come abbiamo visto con gli Stati Uniti, a proposito della Covid Dance, molto spesso le cose vanno analizzate a 360 gradi. Le notizie che arrivano da Hong Kong, infatti, rischiano di creare psicosi in un contesto generale già segnato dalla diffusione di una pandemia come quella dello stesso Covid-19.
Cosa sappiamo sull’Epatite E dai topi all’uomo: chiarimenti sul virus dei ratti
Nel 2018, gli esperti di malattie infettive dell’Università di Hong Kong hanno fatto i conti un paziente insolito. L’uomo di 56 anni, che aveva subito un trapianto di fegato, mostrava anomalie del suddetto organo senza una causa ovvia. I test hanno scoperto che il suo sistema immunitario stava rispondendo all’epatite E, ma non sono riusciti a trovare nel suo sangue il ceppo umano del virus dei ratti (HEV).
L’epatite E è una malattia del fegato che può anche causare febbre, ittero e ingrossamento del fegato. Il virus arriva in quattro specie, che circolano in diversi animali. Ad oggi, solo uno di questi quattro era noto per infettare l’uomo. Da quel momento, i ricercatori hanno riprogettato il test diagnostico, lo hanno eseguito di nuovo per poi scoprire, per la prima volta nella storia, un caso di epatite E di ratto in un essere umano. Questo almeno quanto riporta la CNN in queste ore.
I dati sull’epatite E al momento ci parlano di una decina di casi, ma non ci sono ancora evidenze scientifiche in grado di conferma al 100% la possibile trasmissione dai topi all’uomo. L’ipotesi principale è che il problema risieda nella contaminazione fecale dell’acqua potabile, almeno stando ad un recente report dell’ Organizzazione mondiale della sanità. Insomma, l’epatite E potrebbe prendere piede in contesti con standard igienici molto bassi, mentre non ci sono evidenze né sui casi in Europa, né sulla trasmissione ad altre persone. Sembra dunque trattarsi di malattia a circuito oro-fecale che si riscontra prevalentemente soprattutto in zone a bassi standard igienici.
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