Editoriale

TikTok, la bufala del medico della peste e l’isteria collettiva a mezzo social

Cominciamo questo editoriale da una rassicurazione: la bufala del medico della peste è una bufala.

Ovviamente.

Nasce tutto da una serie di profili TikTok (ma anche Instagram e Twitter) nei quali è rimbalzata la bufala del medico della Peste.

Esempio della bufala del medico della peste

Ovvero la bizzarra teoria per cui esista un esercito di individui vestiti da medico della peste dediti ad attività degne da cattivone della settimana di telefilm come Hercules e Xena.

Roba come uccidere gli inermi, molestare le fanciulle e dedicarsi ad ogni attività criminale e nefanda.

Praticamente, lo spauracchio della settimana, del tutto inventato.

I precedenti da TikTok (e non solo)

TikTok non è nuovo ad essere usato come generatore di viralità, di challenge virali e contenuti controversi.

Prima di TikTok, il “mostro della settimana” furono i pagliacci assassini su Facebook (segnateveli: proprio la storia dei pagliacci assassini è la perfetta antesignana di questa).

Dopo TikTok abbiamo avuto Momo il Mostro della Momo Challenge, seguita da Johnatan Galindo. In mezzo la Blue Whale ed una infinità di challenge virali.

Alcune delle quali hanno lasciato alle loro spalle diverse querelle.

Dove ci sono giovani, sostanzialmente, c’è emulazione. Dove c’è emulazione, ci sono contenuti virali.

Siano essi autolesionisti come la Skullbreaker Challenge e la Benadryl Challenge, oppure superstiziose creazioni di mostri dell’immaginario come i citati Momo e Galindo una volta eccitata la fervida fantasia di un adolescente e lasciatolo solo davanti ad una platea potenzialmente infinita di adolescenti, ecco tornare l’era dei grandi terrori e delle paure.

La storia della bufala del medico della peste

Facta ha ricostruito la storia.

Che è speculare a quella dei pagliacci.

Ricordate quella dei pagliacci? Se non la ricordate, cliccate qui e poi tornate.

Nella storia del “Pagliaccio di Burnley”, nell’ormai lontano 2013 un individuo decise di “vivacizzare” l’omonima cittadina creando una pagina Facebook dedicata a foto di un presunto pagliaccio in giro per la città.

In breve periodo riuscì ad ottenere che l’intera collettività si lanciasse alla ricerca del pagliaccio, che diversi giovani di altre città decidessero di inscenare la presenza di un pagliaccio inquietante nei luoghi di loro dimora, e che la beffa evolvesse saldandosi ad altre bufale.

In breve periodo la preesistente leggenda metropolitana “dei camion bianchi che rubano i bambini per espiantarne gli organi e le belle donne per venderle agli harem degli sceicchi” si fuse alla nuova leggenda del Pagliaccio di Burnley, e in ogni città, molte anche italiane, tutti spergiurarono impressionati dalla vicenda di aver visto gang di pagliacci dediti al crimine.

Spesso con un piccolo aiuto di burloni locali. Cosa che portò l’originale pagliaccio di Burnley a dichiarare, beffardo

“Forse i pagliacci siete voi”

La storia della bufala del Medico della Peste è la stessa, aggiornata ai tempi di Tik Tok.

Nasce tutto anche qui da un giovanotto di Falkirk che, in vena di scherzi, ha deciso di “movimentare” la sua città girando vestito da medico della Peste.

Come riportato da Facta, la progressione è stata la stessa della storia dei “Pagliacci di Burnley”: dapprima la leggenda si è sparsa per Falkirk, poi, arrivata su TikTok una sorta di combinazione di burloni e isteria collettiva ha immortalato la bufala del medico della Peste.

Nonostante il giovanotto di Falkirk sia stato identificato dalle autorità e invitato a cessare le sue facezie.

Ma a quel punto era ormai tardi: il proliferare di video con le foto del Medico di Falkirk mischiate ad altre immagini prese da Internet ha generato “sfide online” tra Medici della Peste e presunte testimonianze di crimini, omicidi e violenze mai esistiti, ma sui quali la sensibilità è alta in tempi difficili come questi.

Il fascino morboso per l’immagine del medico della Peste

Abbiamo già visto come l’immagine del medico della Peste, in questo periodo, sia stata accostata spesso al morbo, all’epidemia ed alla morte.

Ad esempio, con torme di complotisti pronti a dichiarare che i pinguini disegnati su molti camion dediti al trasporto di materiale superfreddo, tra cui i vaccini, sono in realtà effigi di pestilenza.

Ovviamente, l’ispirazione delle maschere da “medico della Peste” deriva dai volatili. Ma non dai pinguini, animali che un Europeo medio difficilmente avrebbe avuto in mente.

Parliamo dell’Europa del diciassettesimo secolo.

E parliamo di animali scoperti dagli occidentali non prima della circunnavigazione del Globo da parte di Bartolomeo Diaz.

Che però li chiamava gli “otilicarios”, col nome pinguino apparso molto più tardi nella storia occidentali, assieme alle classificazioni tassonomiche del bizzarro animale.

Possiamo quindi escludere che un Medico Secentesco pensasse abitualmente ai Pinguini.

Non solo: il costume tradizionale dei medici della peste viene attribuito al dottor Charles De Lorme, che lungi dal voler invocare la peste o la morte stessa mediante omicidi voleva allontanarla, con stile.

La prima ispirazione di De Lorme, infatti, nacque dalle Armature Cerimoniali Europee, spesso istoriate con le immagini di animali e fregi.

La seconda ispirazione era prettamente utilitaria: la medicina del diciassettismo secolo non ammetteva l’origine virale o batterica delle malattie.

Lungi dal credere nell’esistenza dello Yersinia Pestis, Charles De Lorme, come molti medici dell’epoca, era convinto nell’esistenza del “miasma”.

Sostanzialmente, un’aria fetida e ammalorata che in qualche modo esalava dal corpo dei malati per essere respirata dai sani squilibrando e danneggiando i loro polmoni. Quindi, se la Peste era causata da un’aria fetida, Charles De Lorme ipotizzò che evitando il contatto con la stessa ci si sarebbe ammalati meno.

E fin qui, siamo alle parti più razionali del costume da medico della peste: guanti, mantelli in tela cerata, stivali, ed una specie di scafandro fai-da-te per evitare di toccare i malati e i loro miasmi.

Parzialmente corretta per i giorni nostri, ma perlopiù sbagliata fu la costruzione delle maschere: ispirate a uccelli dal lungo becco affilato come i rapaci (motivo comune nelle armature) lo scopo non era come per le nostre mascherine evitare di diffondere il contagio.

Ma era, al contrario, riempire il lungo becco di erbe profumate, mirra, cannella, polveri di ossa animali e miele.

Il miasma, al contatto con simili elementi, si sarebbe magicamente neutralizzato diventando aria (grossomodo) profumata.

Il che ha senso come appendersi un Arbre Magique al collo per scacciare il COVID19

O farsi spalmare del Vicks Vaporub sul petto mentre ti cantano “Bianca Kitty, Calda Kitty, bel micino tu…”

Infatti i costumi per la pestilenza ebbero pochissima efficacia.

Paradossalmente, le uniche due parti di una minima efficacia erano i guanti (che in tempi dove l’igiene non era diffusa, e sicuramente l’Amuchina non esisteva) usati per non toccare direttamente i malati e il bastone che veniva incermoniosamente usato per percuotere malamente i pazienti che non rispettavano il distanziamento sociale.

Gli stessi guanti perdevano efficacia contando il fatto che non venivano mai tolti, diventando ricettacoli di patogeni come tutto il resto della complessa armatura.

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