In ben due occasioni ci siamo imbattuti in articoli pubblicati su Telegraph, che non è certamente la testata autorevole britannica che possiamo consultare a questo indirizzo. Stiamo parlando di Telegra.ph (occhio all’indirizzo), una piattaforma di webriting creata dagli sviluppatori di Telegram, il servizio di messaggistica istantanea concorrente del più usato WhatsApp. Si tratta, per farla più breve e più masticabile, di un blog dall’interfaccia altamente intuitiva.
Al suo interno troviamo tre semplici campi da compilare: titolo, autore e testo. Per i più smanettoni sono presenti anche funzioni di formattazione, la possibilità di inserire link, immagini e di fare l’embed di contenuti multimediali. In questo modo gli articoli pubblicati (semplicemente cliccando su “publish”) diventano contenuti condivisibili sui social con tanto di titolo e immagine di copertina con l’effetto collaterale di rendersi appetibili per un certo tipo di utenza particolarmente avvezza alla condivisione compulsiva. Perché diciamo questo? Telegra.ph è un ottimo servizio per chiunque voglia creare articoli senza particolari doti informatiche, ma è anche uno strumento che può usare chiunque, e chiunque può scrivere qualsiasi cosa e pubblicarla senza passare per una revisione.
La redazione di Wired in questo articolo del 2016 sottolineava che chi pubblica su Telegraph resterà per sempre anonimo. Il campo “autore”, infatti, può essere riempito con qualunque nome. Informazioni sufficienti, queste, per farci capire quanto sia facile servirsi di questa piattaforma per pubblicare qualcosa.
Ci siamo imbattuti in contenuti scritti su Telegraph in ben due occasioni. La prima (qui) ci parlava di Brandy Vaughan, attivista no vax morta il 7 dicembre che secondo i complottisti sarebbe stata uccisa da quelli di Big Pharma. La seconda (qui) ci parlava di una improbabile fuga di notizie dalla Francia, quella con un piano dell’Alto Commissariato per tenere il Paese sotto dittatura per tutto il 2021, con il pretesto della pandemia.
Per meglio intenderci abbiamo fatto un tentativo anche noi, ed ecco il risultato (a questo link):
No, con questo editoriale non vogliamo incentivare la pubblicazione delle bufale. Vogliamo offrirvi un approfondimento sulle fonti usate dai condivisori compulsivi per diffondere bufale in rete. Ancora, no, non sosteniamo che Telegraph sia una fonte bufalara: Telegraph è uno dei mezzi usati dai bufalari, che è diverso. Il suo utilizzo è intuitivo grazie all’interfaccia facilissima da compilare. Può disporne chiunque, proprio come i social.
Quando trovate un articolo pubblicato su Telegraph, dunque, sappiate che non state consultando una fonte certificata e vi consigliamo di verificare altrove le informazioni che leggerete.
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