Da un bel po’ di giorni, la pagina Quel che non sapevi lascia al pubblico la possibilità di condividere questa immagine.
NEGLI ANNI 80 LA CASA FARMACEUTICA “BAYER” INTRODUSSE NEL MERCATO FARMACI CONTAMINATI CON EPATITE C E HIV.
NONOSTANTE LA DENUNCIA FURONO VENDUTI FINO A ESAURIMENTO SCORTE.
La storia della Bayer rappresentata nella foto è vera solo a metà. Bisogna contestualizzare e raccontare con completezza, dato che si tratta di una pagina buia nella storia umana. Non sono ammesse leggerezze – neppure a scopo pubblicitario. Spero di fare un discreto lavoro, ma nel frattempo vi chiedo di portare pazienza: c’è molto da raccontare.
I farmaci in questione sono detti “emoderivati”. Un emoderivato è una “specialità medicinale” (Wikipedia), ovvero un farmaco di origine industriale “che contiene, in forma concentrata, un singolo costituente del plasma” (AVIS). Esso è “considerato prodotti farmaceutici” e “in Italia sono soggetti alle disposizioni della vigente farmacopea” (Treccani). Per saperne di più sulle norme vigenti, si consulti la legge del 21 ottobre 2005, n° 219.
Queste specialità medicinali sono state ideate per migliorare la salute degli emofiliaci. L’emofilia è una malattia congenita ed ereditaria che consiste nella mancanza, o nella carenza, di una o più proteine del sangue necessarie al processo di coagulazione. A titolo d’esempio, potrebbero mancare la sieroalbumina, il fibrinogeno e il fattore VIII. Non si parla di soli farmaci: si adoperano soprattutto “le sacche di plasma, impiegate nei casi in cui sia necessario ripristinare la massa di sangue” dopo una perdita ingente (Dizionario della Salute).
Il meme di Quel che non sapevi è volutamente impreciso nel linguaggio. A produrre gli emoderivati non c’era solo la Bayer, ma numerose industrie farmaceutiche quali la Alpha Therapeutic e la Rhone-Poulenc. Inoltre, esse non misero in vendita “farmaci” con epatite C e HIV di loro spontanea volontà. Più semplicemente, la Bayer (come le altre case farmaceutiche) non ne era a conoscenza.
La comunità scientifica inizia a muovere i primi passi contro l’HIV solo dal 5 giugno 1981, giorno del primo caso sospetto. Dopo lunghi e dolorosi studi, le industrie farmaceutiche riconobbero il nesso tra emoderivati e infezioni a partire dal 1983. L’epatite C era nota dal 1973, ma fino a quel momento i test di riconoscimento non erano precisi come quelli odierni. I test più precisi e funzionali furono introdotti soltanto a partire dal 1985.
Si ricordi che il pool di raccolta sangue era troppo vasto e, all’epoca, comprendeva donatori che solo oggi sarebbe stati definiti “a rischio”. Stiamo parlando di consumatori di droga per endovena (le siringhe, per capirsi), ex-detenuti e chiunque abbia consumato un rapporto omosessuale non protetto. Il loro sangue infetto fu raccolto nelle sacche di plasma, compresso nei farmaci e diffuso al pubblico.
Quanto alla vendita dopo lo scandalo… ahimè, è vero. Testimonianze raccontano di case farmaceutiche coinvolte nello scandalo che spinsero la vendita dei prodotti infetti con ogni mezzo. Si tratta però di iniziative personali vergognose, mosse dal terrore di perdere credibilità e di liberarsi al più presto dei “fondi di magazzino”.
Farmaci e sacche di sangue sono ancora oggi in vendita e anche grazie a questo scandalo gli emoderivati sono diventati più sicuri e più controllati.
La situazione italiana non tarda a esplodere negli anni ’90: le sacche infette non vengono controllate per la presenza di virus letali né trattati con inattivatori virali. Ciò ha portato alla diffusione di materiale infetto e al contagio dei pazienti riceventi (Wikipedia). Il ritardo nell’arginamento delle infezioni costò il processo a molte figure politiche e ministeriali dell’epoca. Tra queste ricordiamo Duilio Poggiolini, coinvolto anche nel caso Mani Pulite.
Si consideri che la maggior parte dei casi d’infezione riguardavano soprattutto gli emofilici e, in generale, chi ha subito trasfusioni di sangue infetto è stato a sua volta colpito dall’epatite C o dall’HIV. In Italia sono state colpite, al 2009, circa 2.600 persone. Fra dicembre 2006 e gennaio 2007, il Tribunale di Roma ha sancito la responsabilità del Ministero della Salute nella “incapacità di trovare misure adeguate” all’arresto della diffusione dei virus, dando il via alle procedure di rimborso. Uno dei rimborsi più eloquenti – quattrocentomila euro – viene versato nel luglio 2014, ma il rischio è che le Regioni interrompano gli indennizzi per mancanza di soldi.
Il meme di Quel che non sapevi è palesemente impreciso per sopperire a tre scopi precisi: attirare l’attenzione con contorno di like e condivisioni, pubblicizzare il sito e alimentare quel malpancismo complottista di chi “non sapeva questa cosa” condividendo compulsivamente.
A proposito, fra i commenti al meme troviamo chi ha rievocato il “passato nazista” della Bayer, adducendolo come causa della “volontà di farci star male”. Un ragionamento tipico dei complottisti di BigPharma che parte da un fatto decontestualizzato dalla Storia.
La Bayer fu inglobata dalla IG Farben nel 1925 e restò sotto la sua “ala” anche durante il Reich di Hitler. L’azienda chimica tedesca fu il cuore finanziario del regime di Hitler e fu la principale fornitrice dello Zyklon-B (Wikipedia) creato da Fritz Haber dalla sintesi dell’acido cianidrico. Tecnicamente non erano prodotti della Bayer, ma della IG Farben; la Bayer non avrebbe avuto un’identità propria fino al termine della Seconda Guerra Mondiale, quando la IG Farben fu smantellata.
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