Precisazioni

Sposi ricevono 9mila euro e non li versano il giorno dopo: multa per evasione

Ci segnalano i nostri contatti una notizia. Invero del 2014, ma divulgata dagli interpreti solo recentemente (come confermatoci dagli stessi, a cagione dei tempi di giustizia), e quindi oggetto di dibattito politico in tempi di evidente campagna elettorale.

La storia è la seguente: abbiamo due coniugi, che chiameremo G. ed N.

G. ed N. ottengono come regalo di nozza, in vece della solita Lista Nozze con regalie utili e simili, 9mila euro in contanti da amici e parenti. Circostanza questa sicuramente felice per gli sposi, ma che rende virtualmente impossibile capire chi ha donato cosa e quanto.

Infatti nel 2014 il limite all’uso del contante era di 999,99 Euro, e solo sotto il Governo Renzi, nel 2016, si decise di elevarlo a 3000 Euro.

In ogni caso, siamo ben lontani da 9mila euro circa che peraltro

Il tutto perché la donna parte per una borsa di studio e deposita il denaro un mese dopo il sì; l’uomo invece si reca in banca 15 giorni dopo. Ma per gli ispettori si tratta di un tempo eccessivamente lungo: il sospetto è che quei contanti siano frutto di una piccola evasione.

Sembra un’assurdità ma purtroppo è un vero e proprio incubo, come spiega G[.]: “L’assistente tributarista ci ha detto che non avevamo strumenti per dimostrare quello che affermiamo. E l’onere della prova spetta a noi”. Dunque il contribuente, accusato di aver nascosto imponibile, deve provvedere a raccogliere e poi mostrare tutte le prove per accertare la propria onestà. Altrimenti viene considerato colpevole.

I casi simili

La Legge per Tutti, noto portale di diritto, aveva già affrontato casi simili in tempi non sospetti

una cospicua somma di contanti può comportare un accertamento fiscale se tale disponibilità economica non viene riportata nella dichiarazione dei redditi, a prescindere dal fatto che la legge non imponga di dichiarare l’incremento di ricchezza. L’esempio tipico è quello di una donazione. La donazione non va dichiarata al fisco; ma se coi soldi ricevuti il beneficiario acquista una casa che non potrebbe altrimenti permettersi, l’Agenzia delle Entrate gli chiede come ha fatto a pagare il prezzo. L’interessato dovrà difendersi e dimostrare da dove proviene la maggiore disponibilità economica. Prova che deve necessariamente essere di tipo documentale: non bastano cioè testimonianze ma ci vogliono atti pubblici (l’atto di donazione rogitato davanti al notaio) o altri documenti scritti (come un estratto di conto corrente con la lista dei movimenti oppure la copia di un assegno).

Esiste una sostanziale differenza tra legge e fiscalità: per la legge una donazione è una donazione. Punto.

Per il fisco, semplicemente qualcuno nota che qualcuno che fino al giorno prima non poteva permettersi qualcosa improvvisamente detiene un conto corrente a tre-quattro zeri o uno o più beni di lusso, e bene sarebbe documentare la cosa in qualche modo.

Non perché siamo in uno stato di polizia, ma perché quando si vive circondati dai furbetti anche gli onesti sono costretti a subire controlli. Ci rincresce molto, ma è così.

Non per colpa loro, ma per contrasto ad un sistema malato generato a colpi di improbabili mancette a tre o quattro zeri, bizzarre regalie apparse sotto forma di valigette piene di contanti e strumenti che si cerca di contrastare.

Ora, ovviamente, ictu oculi, non vi sono ragioni per dubitare della malafede di due sposi.

Per questo, La Legge per Tutti suggerisce delle semplici accortezze che rendono la vita più facile agli sposi, al fisco ed ai commercialisti

Le accortezze del caso

Secondo la Cassazione, fornendo la prova documentale che i soldi sono il frutto di regali di matrimonio, l’Agenzia delle Entrate non può fare nulla. Questo perché, come detto, una volta che il contribuente ha dimostrato la natura non imponibile della maggiore disponibilità economica (appunto i soldi delle donazioni) non può subire un accertamento fiscale. Dunque, il meccanismo è il seguente:

  • il fisco accerta che il livello di spesa è superiore alle possibilità del contribuente, almeno a quelle indicate nella dichiarazione dei redditi;
  • l’Agenzia delle Entrate invia un invito al contribuente chiedendogli di spiegare da dove provengono i soldi “in più”;
  • questi deve dimostrare che si tratta di somme già tassate alla fonte (e pertanto da non portare una seconda volta nella dichiarazione dei redditi) come nel caso delle vincite al gioco; oppure che si tratta di somme ricevute da donazioni (anche in questo caso da non indicare nella dichiarazione);
  • la prova che deve fornire il contribuente è documentale;
  • se l’Agenzia delle Entrate ritiene dimostrata la natura “non reddituale” della maggiore disponibilità economica non procede, altrimenti presume che si tratta di redditi “in nero” e invia l’accertamento fiscale. Nei successivi 60 giorni il contribuente può impugnarlo davanti alla Commissione Tributaria Provinciale, il giudice cioè chiamato a risolvere le controversie con il fisco.

La Cassazione ha ribadito proprio questi principi, sottolineando però che la dimostrazione delle donazioni da matrimonio deve essere data con documenti. Ma abbiamo anche detto che le buste vengono (e possono essere) date in contanti. Cosa deve fare il contribuente? Sicuramente, come anticipato, il metodo migliore per non avere mai problemi è farsi dare assegni o bonifici. Quando ciò dovesse mancare, si suggerisce di depositare in banca la cifra all’indomani del matrimonio in modo da far notare la coincidenza di date tra la liquidità e la cerimonia. L’alternativa è evitare di usare i soldi per spese “tracciabili”.

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AGGIORNAMENTO

Abbiamo ricevuto dalla sposa in persona, signora G., una nota che, con gratitudine, ripubblichiamo in integrale.

Buonasera,
sono la sposa protagonista della vicenda paradossale con l’agenzia delle entrate.
vorrei precisare, in merito al vostro interessante articolo, che

  • la vicenda è stata resa nota recentemente, e non nel 2014, perché l’accertamento della Agenzia delle Entrate ci è stato notificato il 20/12/2019, oltre cinque anni dopo il matrimonio;
  • che la cifra contestata, 9000 euro in totale, era composta da 4000 euro in contanti e 5000 in assegni;
  • che l’Agenzia delle Entrate ha rifiutato di considerare eventuali autodichiarazioni di amici e parenti circa la donazione di contanti;
  • che ci è stato contestato di non aver depositato il medesimo giorno delle nozze, l’unico modo secondo loro perché fosse evidente il rapporto con le nozze;
  • che ci è stato chiesto di dimostrare che ci eravamo davvero sposati tramite presentazione di certificato di matrimonio (che non si può produrre ad una pubblica amministrazione), visto che non avrebbero fatto in tempo a fare controlli incrociati col comune;
  • che siamo stati convocati per la prima volta a fine ottobre, ed entro il 5 dicembre (considerato un appuntamento nullo, poiché il funzionario si era dimenticato di averci convocati) avremmo dovuto presentare la documentazione richiesta. Entro il 30/12 del quinto anno successivo, infatti, l’agenzia deve notificare l’accertamento. Tuttavia, per reperire le matrici degli assegni vecchi di 5 anni occorrono dalle 3 settimane ai 3 mesi, oltre ad una spesa non stimabile che va dalle poche decine di euro alle centinaia di euro per ogni assegno.

Noi abbiamo fiducia nel sistema, e siamo ovviamente a favore dei controlli e delle indagini finanziarie. Crediamo però che perdere un mese a spiegare che un rimborso dell’Enel di 60 euro scarsi, o i bonifici del Politecnico di Bari per i cicli di sostegno alla didattica verso un proprio dottorando sia ridicolo. Come è ridicolo ostinarsi a negare ottusamente che del denaro depositato dopo una decina di giorni (o dopo un mese, di cui tre settimane passate a 700 km per lavorare ad una tesi sperimentale, con tanto di biglietti nominativi del treno prodotti).
ben vengano i controlli, non l’accanimento cieco!

Gli sposi ci confermano che comunque intendono procedere con istanza di annullamento. Confidiamo che la vicenda si risolva nel modo migliore, più chiaro e lineare possibile, confermando il vivo rammarico per una situazione in cui anche circostanze innocue e innocenti patiscono gli effetti di una diffusa cultura dell’evasione.

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