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Spiacente il nuovo gioco di Legend of Zelda non è woke (né il primo gioco con Zelda protagonista)

Ci risiamo: complice un clima di tossicità sui social da uccidere un mamba adulto, riecco la teoria per cui “il primo gioco con Zelda protagonista”, ovvero Legend of Zelda: Echoes of Wisdom debba essere “un gioco woke”  perché hanno “sostituito Link”

E ovviamente lo dicono su X, social diventato la patria internazionale del troll (giusto un filo più ripulito di quelli di 4chan, forse), le cui idee spesso infondate sono non solo censurate, ma persino incoraggiate.

E lo dicono presunti esperti di videogames che, fidatevi dell’esperto del retro qui presente, meriterebbero di vedere la loro “licenza da nerd” revocata a vita per la bestialità proferita e la degradazione di ufficio a normies ignoranti e immeritevoli del Brand Nintendo.

Perché Echoes of Wisdom non è il primo gioco con Zelda protagonista.

Sarà il primo gioco fatto decentemente, con lo stesso stile grafico del remake di Link’s Awakening (ironicamente il primo gioco di Legend of Zelda senza la presenza di Zelda).

Il primo gioco in assoluto con Zelda protagonista è Wand of Gamelon del 1993, mentre il primo gioco basato sulla premessa di un Link rapito sin dall’inizio e da salvare è Zelda’s Adventure del 1994, capitolo finale della “Triforza Sconsacrata”, la trilogia iniziata da Animation Magic (ditta americana con sede di sviluppo a San Pietroburgo nota per animazioni fognarie recitate in stile mockbuster…) e finita in cavalleria per mano di Viridis, software house nata apposta per il progetto passata poi a creare giochi educativi che decise di girare spezzoni video con attori non del tutto professionisti.

Spiacente il nuovo gioco di Legend of Zelda non è woke (né il primo gioco con Zelda protagonista)

In una bizzarra storia di commercio, avidità e mancanza di fiducia tra ditte, Nintendo cercò di svicolarsi da un accordo commerciale con SONY per produrre un successore o add-on del Super Nintendo in grado di supportare la nuova tecnologia del CD rivolgendosi invece a Philips.

Gli antefatti

Nintendo non voleva lasciare il controllo della nuova tecnologia a SONY, e l’accordo naufragò lasciandoci due cose che cambiarono per sempre il destino dell’intero mondo videoludico, e giustificano questo articolo.

SONY, “scaricata” da Nintendo, dopo aver prodotto 200 prototipi, di cui uno solo sopravvissuto, della SONY Play Station (notare lo spazio), successore del Super Nintendo in un mondo ormai alternativo, si “mise in proprio” usando l’esperienza maturata lavorando al progetto “Play Station” per creare la prima SONY Playstation, regina della quinta generazione di console e del futuro.

Philips ottenne in “risarcimento” per il progetto passato una licenza parziale per usare le IP (sui personaggi, non sul franchise) relative a Legend of Zelda e Mario, ovvero i personaggi di Zelda, Link, Ganon, Mario, Luigi, Bowser e la Principessa Peach tra gli altri.

Una bruttezza da record

I primi due capitoli della “Triforza Sconsacrata”, ovvero The Wand of Gamelon e The Face of Evil, usciti nello stesso sventurato giorno di un maledetto 1993, furono capitoli di rara bruttezza ma di una importanza geopolitica capitale.

Come detto, una ditta americana aveva subappaltato a 60 animatori (incapaci) di San Pietroburgo il ruolo di animare e disegnare personaggi partoriti dalla mente di un autore Giapponese.

Il mondo non conoscerà mai più una simile cooperazione internazionale, e l’attuale situazione geopolitica rende improponibile un’operazione simile.

Il problema è che il risultato fu composto da animazioni da pantomima disegnata male, storie inesistenti e un gameplay assurdo limitato dal fatto di dover giocare con un lettore per VideoCD, arrabattandosi quindi con un telecomando per joystick

Tra cui il meme di “Mah Boi!”

Il primo gioco in cui Zelda appare come protagonista è il secondo dei due (anche se uscirono lo stesso giorno per motivi economici): The Wand of Gamelon.

Nella storia Re Harkinnen parte per salvare un regno lontano, annunciando che se non dovesse tornare bisognerà mandare Link a salvarlo, e se fallisse bisognerà interessare Zelda.

Cosa che accade, costringendo la Zelda disegnata in modo peggiore di sempre a partire per sconfiggere i servi di Ganon e riunirsi a Link.

La somiglianza di famiglia si riconosce

Un anno dopo lo studio Viridis, che prese il nome proprio dall’aver avuto “luce verde” per il progetto, decise di creare il primo gioco assolutamente Zelda-centrico, evitando i disegni assurdi made in San Pietroburgo.

Decisero invece di mandare Zelda a salvare il Regno di Tolemac (Camelot al contrario) dopo aver incontrato uno stregone ispirato al mago Merlino.

Stregone antesignano anche delle “polemiche Woke”, dato che la storia comincia con lo pseudoMerlino (il mago Gaspra, interpretato da Mark Andrade, attore e autore delle OST) che dichiara che, in assenza di Link, dovrà accontentarsi di una “fanciulla coraggiosa”.

Zelda, interpretata da due attrici, Annie Ward e Diane Burns (segretaria della compagnia che si occupò del gioco) camuffate malamente con una improbabile parrucca da cosplay Lucchese e una tunichetta blu da personaggio di Miyazaki in un mondo di strani personaggi provenienti dall’area Palco di Lucca Comics&Games, di fronte allo stand di Feudalesimo e Libertà.

Screenshot da Zelda’s Adventure, fonte YouTube, NintendoComplete

Interpretazione peraltro macchiata dalla curiosa scelta di creare un gioco basato su immagini campionate di Diane Burns nella sua tunichetta da principessa alla Miyazaki scontornata malissimo su sfondi statici con vista dall’alto ottenuti da poco cavalleresche vedute aeree delle Hawaii.

La povera Diane Burns dovette così barcamenarsi in scenette recitae vestita come Clarisse, la Duchessa di Cagliostro nel film di Lupin III diretto e sceneggiato da Miyazaki.

Nonostante la maggior creatività e i tentativi di “rinnovare” il gioco usando modellini, riprese in studio e costumi brutti per camuffare la natura non professionista di alcuni attori, anche Zelda’s Adventure fu un mostruoso disastro ferroviario.

Nintendo non lo considererà mai parte del canone della saga.

E per un po’, l’idea di una saga di Zelda con Zelda protagonista fu accantonata.

Da Spirit Tracks a Echoes of Wisdom (passando per la serie animata)

Nel 2009 Nintendo proverà a sviluppare l’idea con Spirit Trucks, capitolo della saga ambientato in una “Nuova Hyrule”, colonizzata dai discendenti di Zelda e Link dopo la caduta e l’affondamento della prima, in cui Link, ora un giovane ingegnere e conduttore di treni in un mondo steampunk/fantasy e Zelda, ora una giovane principessina adolescente sono entrambi personaggi giocabili o quasi.

Un villain ha rubato il corpo di Zelda, lasciando la sua anima intangibile in grado di possedere armature semoventi con le quali aiuterà l’amato Link.

Echoes of Wisdom di fatto riprende la trama del fallimentare Adventure of Zelda (che a sua volta riprendeva il tema dietro Wand of Gamelon, cercando di migliorarlo) ma meglio.

Excuuuuuuuuuuuse me, Princess!

Nel mezzo la serie del 1989 Un Regno Incantato per Zelda (Legend of Zelda), dove una Zelda attiva e combattiva recluta un Link non più stoico ed eroico, ma un simpatico buffone dal buon cuore con le battute comiche di Steve Martin, compreso l’eterno “Excuuuuuuuuuuuuse me, Princess!” con cui frustrato risponde ai rimbrotti della piacente Zelda, più intenzionato ad entrare nelle grazie e nel cuore della Principessa che non a salvare il mondo da un Ganon non meno inetto di lui, spalleggiato da un Re Harkinnen (padre di Zelda) decisamente favorevole ad ottenere dei nipoti anche da un improbabile eroe come Link.

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