Li riteniamo degni di discussione perché discutere delle cose fa sempre bene, ma superabili. Riteniamo ancora che l’iniziativa sia utile così come è, e che funzioni proprio nella modalità strutturata.
L’obiezione principale è questa.
#odiareticosta è basato su un team di civilisti, #odiareticosta ti fa perdere soldi, non è una vera punizione.
Partiamo da un presupposto, noto alla scienza giuridica dalle origini: il diritto penale è la clausola finale e l’ultima ratio del diritto stesso.
È l’arma finale dell’ordinamento giuridico. Spiegato a chi il diritto proprio non lo capisce è la mossa finale dei cartoni animati giapponesi.
È il Daitarn III che prima di colpire il malvagio Megaborg con l’Attacco Solare combatte per almeno dieci minuti con tutte le armi in suo possesso.
Sono i Power Rangers che anche sapendo che potrebbero sconfiggere i Putty Patrol e gli altri mostri di Rita Repulsa formando il Megazord e schiacciandoli sotto il suo tallone di acciaio sanno benissimo che la città di Angel Grove non può permettersi una continua escalation di violenza e combattono con le arti marziali e gli Zord “sfusi” finché Rita Repulsa non usa la bacchetta magica.
Il Diritto Penale usato nella trivialità e nel bagatellare diventa inutile prova muscolare. Montesquieu lo definiva tirannide.
Ma usando le metafore che vi abbiamo mostrato, possiamo spiegarvi cosa intendeva.
Torniamo alla nostra spiegazione preferita del Diritto Penale come espressione del Leviatano di Hobbes: lo Stato come un mostro buono ma gentile che usa la sua forza per difendere i cittadini a patto che i cittadini non si facciano violenza da soli.
Ecco: lamentarsi che #odiareticosta usi il Civile e non il Penale è esattamente come lamentarsi che il Leviatano si comporti come il Daitarn III che rifiuta di usare l’Attacco Solare se non quando è certo non vi sia altro mezzo per spingere il Megaborg alla resa, o come i Power Rangers che sanno benissimo che mandare il Megazord a calpestare mostri coi suoi grossi piedoni sarebbe uno arbitrario ed inutile esercizio di forza.
Vieppiù che, purtroppo, sappiamo bene che al termine di un processo penale, ben più lungo in quanto maggiormente rigoroso (basato non sul principio del più probabile che non, ma sull’assoluta certezza oltre ogni ragionevole dubbio, vedi nostre riflessioni al riguardo in altri campi) l’esito finale potrebbe persino essere un controproducente fallimento della natura rieducative del Penale stesso.
È un po’ il motivo per il quale, per dire, si preferisce mettere in prova un ragazzino che non tornare all’uso atavico del mandarlo ai corrigendi: la sanzione potrebbe diventare palestra di crimine, o marchio di orgoglio.
Chi sa che insultando o aggredendo il prossimo ci rimetterà di tasca sua, sarà incline a moderarsi.
Chi sa che insultando o aggredendo il prossimo potrà diventare un “martire” avrà gioco facile a dipingere se stesso come vittima di censure e dell'”arbitrario potere dello Stato”.
Esattamente come l’incolpevole Laura Boldrini fu accusata ex pluris di “voler tappare la bocca ai poveracci” per aver osato tutelarsi da ingiurie da trivio o peggio.
Torniamo alla nostra metafora: perché dovremmo consentire a Goldar, il braccio destro di Rita Repulsa, di andare in giro a raccontare che mentre era nella città a scippare le vecchie e sputare sugli abitanti di Angel Grove il Megazord l’ha calpestato con potenza sproporzionata quando è più che sufficiente per raggiungere lo scopo mandare il Red Ranger a fermarlo?
Il Civile è in questi casi altrettanto efficace, se non più rapido.
Il Civile consente uno strumento rapido e flessibile, chiamato provvedimento di urgenza ex art. 700 cpc
Il problema del contenuto diffamatorio è che esso permane nella rete.
Ricordate il caso del povero A.M., barista ingiustamente accusato di pedofilia?
Il problema in quei casi è agire velocemente cancellando anche solo le tracce di un contenuto diffamatorio che potrebbe eccitare diverse cattive persone a rovinare vite.
Un provvedimento di urgenza ex art. 700 cpc non è la panacea, ma aiuta molto.
Inoltre, vorremmo ricordare tra i vantaggi del procedimento civile, che l’azione risarcitoria può essere azionata entro 5 anni, la querela entro 3 mesi dall’illecito.
Una differenza temporale non da poco, che fa la differenza tra un deterrente efficace verso quello che, ricordiamo, non è un diritto di odiare, ma la richiesta di un vero e proprio stato di impunità per odio, diffamazioni e plateali attacchi all’identità, alla reputazione ed alla sicurezza anche personale del prossimo ed un dispositivo meno efficace e quindi meno incisivo.
Non è detto debbano esserci. Forse potrebbero esserci, forse no, dipende caso per caso e dall’onestà dell’avvocato singolo.
Proprio perché siamo nel civile, è facoltà dell’avvocato dichiararsi procuratore antistatario, come definito dall’art. 93 del cpc
“Il difensore con procura può chiedere che il giudice, nella stessa sentenza in cui condanna alle spese, distragga in favore suo e degli altri difensori gli onorari non riscossi e le spese che dichiara di avere anticipate.
Finché il difensore non abbia conseguito il rimborso che gli è stato attribuito, la parte può chiedere al giudice, con le forme stabilite per la correzione delle sentenze, la revoca del provvedimento, qualora dimostri di aver soddisfatto il credito del difensore per gli onorari e le spese.
In questa forma, non vi sarebbero particolari profili deontologici.
Nulla impedisce ad alcun avvocato partecipante all’iniziativa di dichiararsi procuratore antistatario.
Resterebbe comunque vincolato a tutti gli altri precetti del codice deontologico.
Dovrebbe quindi fornire all’assistito una compiuta informazione sull’opportunità o meno di provvedere all’azione legale, dissuadendo il potenziale cliente da azioni frivole e che si ritorcerebbero come tali contro di lui.
Dovrebbe informarlo compiutamente dei costi, delle spese e indicare puntualmente quegli onorari non riscossi e quelle spese anticipate.
E nel caso si parlasse di pro-bono? Non sappiamo se potrebbe accadere, o quando, ma sappiamo che anche in questo caso vi sarebbero regole rigide da rispettare che possiamo auspicare lo saranno.
Lo farà? Non lo farà? Non lo sappiamo, ma non è nostro costume fasciarci la testa prima che sia rotta per indossare un vezzoso turbante.
Ogni singolo contenzioso è un unicum, unico e prezioso nel mondo, e ciascuno viene valutato secondo le regole del gioco. Funziona così, ha sempre funzionato così.
Il che ci porta ad un punto successivo dell’esposizione
Non crediamo proprio.
Ve l’abbiamo detto: esiste un codice dentologico no? L’operazione #odiareticosta agisce o quantomeno si propone di agire all’interno delle regole. Saranno proprio quelle regole ad evitare una caccia alle streghe.
Vi abbiamo detto, e nessuno neppure nell’articolo che abbiamo gentilmente e cortesemente esaminato, ha mai negato che un codice deontologico forense esista e che questo vincoli tutti gli avvocati.
Eccone qui una copia, pratica da leggere.
Soffermiamoci sull’articolo 23, vi va?
1. L’incarico è conferito dalla parte assistita; qualora sia conferito da un terzo, nell’interesse proprio o della parte assistita, l’incarico deve essere accettato solo con il consenso di quest’ultima e va svolto nel suo esclusivo interesse.
2. L’avvocato, prima di assumere l’incarico, deve accertare l’identità della persona che lo conferisce e della parte assistita.
3. L’avvocato, dopo il conferimento del mandato, non deve intrattenere con il cliente e con la parte assistita rapporti economici, patrimoniali, commerciali o di qualsiasi altra natura, che in qualunque modo possano influire sul rapporto professionale, salvo quanto previsto dall’art. 25.
4. L’avvocato non deve consigliare azioni inutilmente gravose.
5. L’avvocato è libero di accettare l’incarico, ma deve rifiutare di prestare la propria attività quando, dagli elementi conosciuti, desuma che essa sia finalizzata alla realizzazione di operazione illecita.
6. L’avvocato non deve suggerire comportamenti, atti o negozi nulli, illeciti o fraudolenti.
7. La violazione dei doveri di cui ai commi 1 e 2 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento. La violazione dei divieti di cui ai commi 3 e 4 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dei doveri di cui ai commi 5 e 6 comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale da uno a tre anni.
Un avvocato ha letteralmente le mani legate.
Non è che non deve iniziare una caccia alle streghe. Non può. Non può avvicinarsi ad una caccia alle streghe senza rischiare di essere severamente sanzionato.
Possiamo quindi stare ben tranquilli: dal punto di vista tecnico e dentologico, l’operazione #odiareticosta parte senza profili di illegittimità.
Funzionerà? Non funzionerà?
Se i collaboratori di questa pagina fossero veggenti, non collaborerebbero con questa pagina. Comprerebbero dei biglietti della lotteria e, come il fortunatissimo papero Gastone, vivrebbero di rendita in eterno godendo dei ricchi premi che riscuoterebbero fino a tarda età.
Non sappiamo se funzionerà, non chiedetecelo.
Non vi diremo di aver sempre saputo.
Ma come l’Oracolo di Matrix, vi diremo di aver sempre molto creduto che #odiareticosta possa funzionare.
Abbiamo molto creduto, e continueremo a credere. Molto.
Prima di uscire abbiamo chiesto all’interessata di pronunciarsi. Bufale è per la neutralità e per quello che è giusto e dentologico fare: le abbiamo chiesto di pronunciarsi sulla pubblicazione del testo, facendo spendita anche del suo nome, ed abbiamo raccolto un parere del suo ufficio stampa, redatto da Andrea Colamedici – Staff Odiare ti Costa
Ve lo mostreremo così, in coda, inalterato e non modificato in nessuna sua parte, scevro di ogni giudizio al riguardo.
A proposito di cartoni, anime e giustizia, mi viene in mente quello che è stato il mio Cavaliere dello Zodiaco preferito, Phoenix. È il cavaliere della costellazione della Fenice che, pur di ottenere l’armatura d’oro, uccise il suo maestro e perse così i buoni sentimenti, ritrovandosi immerso nell’odio e al servizio del male. Ma fu proprio questa immersione nel lato oscuro che gli permise di affrontare profondamente le proprie ombre, di riconoscere la complessità dell’esistenza e, paradossalmente, di scoprire la meraviglia dell’agire per il bene con una consapevolezza superiore rispetto a quella degli altri cavalieri, per i quali l’opzione del male semplicemente non esisteva. Odiare può essere sano, ricorda la lunga storia di Phoenix e quella appena iniziata di Odiare ti costa, se si ha la forza di guardarsi dentro e scegliere di lottare contro e per se stessi, facendo attenzione a non gettare il proprio odio addosso agli altri. Nell’episodio “Ritorno all’Isola Nera” Phoenix afferma, infatti: “Al mondo esistono anche le cose belle, non ci sono solo odio e rabbia. Dovevo incontrare Pegasus e i Cavalieri dello Zodiaco per scoprire questa verità. E poi ho capito anche che il bene va protetto perché il male non abbia il sopravvento”. E questo è esattamente lo scopo di Odiare ti Costa.
Noi, qui, continueremo a credere. Molto.
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