Editoriale

Sparano alla professoressa con pistola ad aria compressa, denunciati in 24

Sparano alla professoressa con pistola ad aria compressa, denunciati in 24. Questa una vicenda che fa il paio con la recente querela dell’atleta Linda Cerruti e ci ricorda i rischi insiti nelle “challenge virali”, specie se date in mano ad un pubblico di adolescenti in grado di sfuggire alla supervisione.

Cosa denunciata da una insegnante di scienze di Rovigo. In una storia che unisce in una perversa crasi entrambi gli elementi delle vicende narrate.

Sparano alla professoressa con pistola ad aria compressa, denunciati in 24

La vicenda comincia, come purtroppo ormai spesso, da una “challenge”, come vengono chiamate con atroce esterismo le “sfide virali”. Quelle sfide cioè lanciate a mezzo social da un giovane all’altro. Un messaggio spesso Whatsapp o Telegram, ma anche un breve video su TikTok e simili nel quale si incitano gli altri utenti giovanissimi a “partecipare alla sfida” filmando l’accaduto per dimostrare il completamento della stessa.

In questo caso, in base ai rilievi ad ora disponibili, uno studente lancia la “challenge social” scolastica: colpire la professoressa di scienze al volto con pallini di gomma.

Risponde alla sfida social un gruppo organizzato di tre studenti, che alla presenza degli altri 21 agiscono con organizzazione tecnica decisamente meditata: uno di loro estrae una pistola ad aria compressa, quelle con pallini di gomma, l’altro un cellulare e il terzo impugna quella pistola per sparare con precisione.

Un pallino colpisce la professoressa al viso, e l’altro ad un occhio, fortunatamente senza conseguenze. La professoressa, umiliata, si allontana in lacrime dall’aula. Gli studenti gettano la pistola dalla finestra in un tentativo di occultare le prove e la giornata prosegue.

Il terzetto viene inizialmente sanzionato: cinque giorni di sospensione per chi ha procurato l’arma e chi ha sparato, tre per chi ha filmato il video. Nonostante questo, come spesso accade nelle “sfide virali”, la sanzione si dimostra tragicomicamente inefficiente. I genitori provvedono a impugnare la sospensione per vizi di forma, rimandando quindi il momento della stessa e consentendo agli studenti di frequentare le lezioni, e il video arriva sui social, in chiaro e non censurato, alimentando l’umiliazione della professoressa.

Ancora nel mese di novembre gli effetti di tutto questo, come sovente accade per le sfide virali, si perpetuano. A novembre un professore della medesima classe si trova a irrogare note disciplinari a studenti colpevoli di sbeffeggiare la professoressa ferita, imitandola e facendo riferimento proprio ai video diffusi sulla rete.

A questo punto i legali della professoressa agiscono: l’intera classe si ritrova ora querelata per i reati di lesioni personali, diffamazione a mezzo social e atti persecutori.

Le conseguenze

Come ci capita spesso di dire, sovente spetta alla funzione rieducativa e afflittiva del diritto spiegare a chi si imbarca nelle “challenge virali” e chi le supporta che le azioni hanno conseguenze.

Sempre secondo quanto raccolto dal Corriere del Veneto in seguito ai nuovi riscontri, “un altro genitore racconta come i compagni non coinvolti materialmente negli spari e nelle riprese video, si siano resi conto solo dopo la querela della gravità dell’accaduto”

L’enfasi appartiene a noi che riportiamo il parere: chiedendoci se non fosse possibile per un pubblico di adolescenti arrivare prima a capire la gravità di tali atti.

Del resto non parliamo di bambini e neppure di situazioni di evidente disagio e degrado, ma di una scuola normale frequentata da normali adolescenti, quindi in grado di comprendere le loro azioni.

Dei 24, solo uno al momento ha espresso le sue scuse, nelle modalità descritte dalla stampa.

Arrivano anche i pareri delle personalità di governo. Per Giuseppe Valditara, Ministro dell’Istruzione

«Se io posso filmare l’insegnante appena volta le spalle e deriderla sui social, vengo a minare uno dei presupposti non del rapporto docente-studente, ma della stessa società. Vuol dire che stiamo cancellando una cultura del rispetto che invece deve partire proprio dalle scuole»

Il vice Capogruppo di FdI, principale partito di governo alla Camera, plaude all’iniziativa della professoressa, auspicando che il prosieguo delle vicende giudiziali insegni ai giovani le conseguenze delle loro azioni.

E dopo quanto noi stessi in prima linea abbiamo visto sui social e altrove, non possiamo dargli torto.

 

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