Sospetti di Selvaggia Lucarelli su aborto della mamma di Giorgia Meloni: l’anno della legge in Italia
Fa discutere moltissimo, in queste ore, la discussione a distanza tra Selvaggia Lucarelli e Giorgia Meloni, a proposito dell’aborto che la mamma di questo personaggio politico avrebbe valutato prima della sua nascita. Tutto ruota attorno all’anno in cui è stata ufficializzata la legge in Italia, considerando che la numero uno di Fratelli d’Italia ha visto la luce in un momento storico complicato e complesso sotto questo punto di vista. Proviamo a ricostruire la diatriba, a distanza di qualche settimana da un altro scontro tra le due.
Cosa dice Selvaggia Lucarelli sul possibile aborto della mamma di Giorgia Meloni: l’iter della legge in Italia
Per farvela breve, Giorgia Meloni nel suo libro ha affermato che la sua mamma ha pensato seriamente all’aborto prima di decidere di non interrompere la gravidanza. Ora, Giorgia Meloni è nata nel mese di gennaio del 1977, mentre la vigente legge normativa sull’IVG risale al 1978. Partendo da questi presupposti, Selvaggia Lucarelli su TPI la polemica è servita: secondo la Lucarelli l’evento diventa impossibile, romanzato o temporalmente sfasato in quanto fuori tempo massimo rispetto alla norma.
Una risposta è arrivata dall’avvocato Sara Kelany, iscritto a Fratelli d’Italia, secondo cui in realtà l’aborto in Italia fosse possibile già da qualche anno. A tal proposito, viene citato il pronunciamento della Corte Costituzionale, che con la sentenza 27/1975, “aveva espressamente sancito che non potessero andare incontro a conseguenze penali coloro che procuravano l’aborto e le donne che vi consentivano“.
Aprendo quindi la via al procedimento per cui nel 1978 abbiamo avuto la normativa dell’IVG, o meglio fornendo l’impulso dato dalla necessità di normare qualcosa che era stato riconosciuto degno di nota. La condotta di Giorgia Meloni rientra quindi in questo intervallo.
La Corte Costituzionale, nel 1975, aveva in pratica dichiarato l’illegittimità del legge sull’aborto in un contesto molto specifico. Venivano esentati in casi in cui la gravidanza potesse implicare “danno, o pericolo, grave, medicalmente accertato nei sensi di cui in motivazione e non altrimenti evitabile, per la salute della madre“. Iter confermato anche da altre fonti.
Seguendo questa linea, e tenuto presente che inevitabilmente un romanzo sia pur autobiografico non andrà mai a toccare argomenti tecnici (facciamo fatica a tenervi al monitor già ora, ammettetolo) il punto dolente del tutto inaffrontabile senza la conoscenza in concreto degli eventi narrati rende poco possibile comprendere quale delle due versioni sia quella corretta. Ammesso che ve ne sia una.
Il nostro verdetto, dovrà attendere dunque, richiede un’ulteriore studio del caso specifico e nuovi approfondimenti sul caso.
Possiamo comunque concordare che, da sempre, parlare delle proprie mamme è un argomento che rende noi italiani particolarmente nervosi, con buona ragione.
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