Sì, siamo stati sulla Luna con l’ALM: altre domande?
Ci segnalano i nostri contatti un esempio di negazionismo dello sbarco lunare: una foto del ALM (Apollo Lunar Module) dell’Apollo 11, derisivamente descritto come “montato a ca**o di cane” e “miracolo della scienzah” (termine storpiato visto più volte, ad esempio, tra i negazionisti della Pandemia, per deridere i progessi scientifici e i “professoroni”)
Aggiungendo che “oggi non possiedono più la tecnologia per riprodurlo”. Ovviamente, una serie di asserzioni del tutto inesatte che arrivano a scomodare principi aerodinamici inesistenti (sia pur sotto lo scudo dell'”ironia”, spesso termine usato come scudo per parlare di elementi di cui si ha cognizione scarsa se non nulla).
Partiamo dalle basi: cosa è l’oggetto nella foto
E’ il ALM, modulo di atterraggio lunare della missione Apollo 11. Strutturalmente ed aerodinamicamente (cosa che rende il tweet già una grottesca provocazione di suo) di muoversi nell’atmosfera terrestre. Originariamente designato come LEM, “modulo di escursione Lunare”, ad oggi l’Apollo Lunar Module è l’unico mezzo che abbia mai portato esseri umani sulla Luna.
Sì ma “si vede che è fatto a ca**o di cane”
Certo, se vogliamo paragonarlo ai modellini di LEGO del cuginetto Peppino sì. La Grumman Aircraft ci mise due anni a progettare il LEM, rivedendo il progetto in diversi punti. Dotandolo ad esempio di oblò poco convenzionalmente piccoli, ridisegnando l’aggancio al CSM, il “Modulo di Comando e Servizio”, la “navicella madre” destinata al viaggio di ritorno e spingendosi fino a dibattere sul numero ideale di “zampe” del modulo.
Cinque erano troppe, tre troppo poche: una sola “gamba” danneggiata avrebbe distrutto per sempre le possibilità di ritorno a casa.
Sia il LEM che il CSM furono dotati di una complessa elettronica di bordo, basata direttamente su quella dei missili POLARIS, ma perfezionata con quella che era l’ultima novità del momento, ovvero i circuiti integrati, la cui produzione era iniziata nel 1961.
Nonostante i timori per una tecnologia del tutto nuova e mai veramente testata sul campo, il PGNCS, basato su un sistema operativo multitasking in tempo reale prima che la tecnologia fosse diffusa sui computer per uso civile (come quello da cui state leggendo).
Obiettivo non da poco: durante l’allunaggio il PGNCS restituì infatti due errori dovuti alle condizioni di sovraccarico di dati che non inficiarono la missione.
Tutto nel Modulo Lunare era costruito per funzionare: le prime iterazioni del progetto si basavano sul concetto di un LEM completamente riparabile. Gli astronauti avrebbero dovuto poter riparare ogni parte danneggiata. Si decise invece per la ridondanza: il Modulo Lunare finale non poteva superare precisi limiti di peso e consentire di riparare “al volo” le componenti le avrebbe esposte a danni e sporco (il motivo per cui attualmente la qualifica di “elettronica resistente ad acqua e spruzzi” rilasciata ai cellulari moderni richiede che essi siano incollati e non apribili dall’utente per manutenzione).
Anche i “pannelli montati..” e l’aspetto “poco affidabile” si devono al fatto di dover ridurre le masse il più possibile: alla fine i pesanti scudi termici rigidi furono sostituiti da sezioni in alluminio e mylar.
Persino la strana “stagnola dorata” derisa dalle teorie del complotto è in realtà un materiale che tecnici e hobbisti conoscono benissimo: il nastro Kapton, oggi usato ad esempio in quantità industriali nella produzione di batterie, portatili ed altri dispositivi come isolante in grado di resistere ad altissime temperature vide la luce nei laboratori DuPont negli anni ’60 proprio per uso militare ed aerospaziale, e fu usato in grandi quantità sul Modulo Lunare.
Ma perché la scienzah non riesce a costruirne uno nuovo?
Banalmente: soldi.
Nel settore sia civile che militare non sarebbe la prima volta che il progresso scientifico costringe a ricreare qualcosa da zero e del tutto nuovo: oggi ad esempio è fisicamente impossibile costruire nuove televisioni a tubo catodico, ma siamo invasi da perfetti monitor e TV LCD ad altissima qualità che però non avranno mai la stessa resa su giochi e film prodotti per risoluzioni molto più ridotte.
Parimenti uno dei motivi per cui gli USA non riusciranno facilmente a ricostruire la MOAB, il loro ordigno più potente, è dover riattivare il processo produttivo da zero.
Ma banalmente, per quanto potremmo facilmente andare sulla Luna con mezzi così potenti da eclissare il Modulo Lunare, per quanto la stessa informatica consentirebbe di avere computer di bordo di svariate migliaia di volte più performanti del PGNCS, quello che ora manca è l’interesse per farlo che si trasforma in denaro.
Negli anni ’60 la corsa alla Luna era una questione di prestigio: lo scopo era infliggere l’ennesima umiliazione al blocco Sovietico ostentando la superiorità del programma spaziale Occidentale.
All’epoca i soldi e le risorse non erano un problema: oggi lo sono.
Già dopo il successo della missione Apollo 11 e i successivi invii di equipaggi sulla Luna, negli anni ’70, i finanziamenti diminuirono. Del resto lo sbarco sulla Luna era costato venti miliardi di dollari sui sette stimati dal Governo Kennedy.
La stessa opinione pubblica era cambiata: se l’americano medio degli anni ’60 era più che contento di vedere i soldi delle sue tasse usati per mandare americani nello spazio e poter così seppellire di ceffoni virtuali le facce dei suoi “nemici giurati” nella Guerra Fredda, immaginando che per ogni John e Mary a casa a guardare l’allunaggio e il mattino dopo pronti in parata ci fossero un Ivan e una Masha a Mosca a vomitare fiele e rosicchiare patate bofonchiando qualcosa sui “Puorci kapitalisti di Amerika che hanno tolto la Luna a noi bolscevichi”, negli anni ’70 tra Vietnam, rivolte sociali e cambiamenti sociali diventa lapalissiano che lo stesso americano avrebbe ora preferito vedere quei soldi rimanere in patria per risolvere problemi “terreni”.
Certo, dai programmi spaziali abbiamo avuto grandi miglioramenti anche nella tecnologia per uso civile, e continuiamo ad averne.
Semplicemente i fondi finirono per progetti non meno importanti, come gli Shuttle e la ISS, ma più contenuti in costi e risorse.
Per decenni non abbiamo più avuto la possibilità di giustificare economicamente una nuova missione Lunare e paradossalmente col SALT, il trattato contro la proliferazione di armi ballistiche tattiche siglato con l’URSS, gli USA si ritrovarono a ridurre drasticamente non solo la produzione di missili per uso bellico, ma anche per uso spaziale.
Nel futuro le cose potrebbero cambiare: l’interesse per la Luna potrebbe essere riacceso ad esempio dal sogno della corsa al Turismo Spaziale, ad esempio quello di SpaceX di Elon Musk, un motivatore più duraturo e meno labile del “prendere a ceffoni virtuali e spaziali il Blocco Sovietico deridendo la loro industria aerospaziale con la bandiera americana sulla Luna”.
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