Sì, Medvedev e le fonti russe scaricherebbero un film da Internet
Sì, Medvedev e le fonti russe scaricherebbero un film da Internet. Una antica pubblicità nata ai tempo dei film al cinema e di Napster come primo file sharing per scaricare musica e video illegali da PC a PC.
Musica illegale perlopiù: nel 1998 c’era ancora una babele di gestori di servizio locali, siti assai scarni (anche il nostro Presidente del Consiglio ne aveva uno per le sue passioni di adolescenza, purtroppo ora razziato dai bufalari alla ricerca di foto) e connessioni a 56Kb per tutti, 128Kb per qualche fortunello.
Scaricare musica ti prendeva ore di telefonate urbane se andava bene, interurbane se andava male. Scaricare un film giorni di “sessioni” di download, facendo notte per evitare che una telefonata facesse cadere la linea o che i costi della bolletta in orario diurno ti costassero più di una collezione di videocassette.
Nel 2004, con le prime ADSL che rendevano possibile abbattere quel tempo di download da settimane a pagamento a una nottata “tutto compreso” apparvero i primi spot.
Non ruberesti mai un’auto
Non ruberesti mai un televisore
Scaricare un film è un reato, la pirateria è un crimine
Ciò nonostante, la fine della pirateria non è stata decretata dalla legge, ma dall’arrivo di numerosi servizi in streaming, da Netflix ad Amazon Prime, che con pochi soldi ti portano il cinema in casa.
Tranne se sei un Russo. In quel caso non hai più il cinema, né il cinema a caso, hai dimostrato che in guerra ruberesti auto e televisori e scarichi pure film con la benedizione del tuo governo che ti incita al crimine.
Sì, Medvedev e le fonti russe scaricherebbero un film da Internet
Sappiamo da lungo periodo che i vari pacchetti di sanzioni, uniti alle scelte individuali dei principali partner commerciali, hanno portato a conseguenze devastanti per il russo medio.
Conseguenze che ovviamente il ricco oligarca patisce molto meno: ma oggi come oggi, essere Russo è molto più difficile e consiste nell’accontentarsi di auto-catorcio senza alcuna elettronica di bordo, sapere che se ti si rompe un computer difficilmente troverai i ricambi nel mercato ufficiale, sapere che il tuo dentista non ha più gli anestetici e i filler dentali cui eri abituato e nessuno potrà prescriverti il Viagra dell’odiata Pfizer
E questa è solo una briciola delle sanzioni: ad esempio il cinema occidentale è sparito per sempre dai piccoli e grandi schermi russi, con Putin e altri deputati alla Duma che propongono di dichiarare “Guerra a Batman” e sostituire gli eroi del cinema occidentali coi “nuovi eroi Russi”.
Ad esempio gli improbabili “Beavis e Butthead Russi”, ragazzini dalle fattezze deformi dello squinternato duo mandati a uccidere Harry Potter, Albus Silente e tutto l’immaginario creato dalla Rowling perché la magia è occidentale e nazista e Babushka Z, la vecchietta che salutava sempre i carri armati post-sovietici.
Sorpresa delle sorprese, pare che il russo medio abbia gradito il cambiamento come in un noto episodio dei Simpsons i bambini di Springfield avevano gradito il passaggio dagli americani Grattachecca e Fichetto (parodia di Tom&Jerry dove un topolino brutalizza un gatto che cerca di mangiarlo) al sovietico Lavoratore e Parassita.
La risposta di Medvedev? Una tarasconata tipica delle Fonti Russe.
“Se ci hanno lasciato, Netflix e gli altri, scaricheremo tutto, lo useremo gratuitamente. E lo diffonderemo su tutto il web per causare loro il massimo danno, in modo che se ne vadano in bancarotta!”
Troviamo assai improbabile, per mille ragioni, lo scenario per cui la pirateria russa basterebbe a mettere in ginocchio Netflix: per le ragioni anzidette, il Russo dovrebbe prima pensare a dove scaricare qualcosa, poi convincere anche il più inveterato Vatnik occidentale filorusso a passare dallo streaming a 4k alla “cam” (registrato dal cinema con mano tremante e rumoracci in russo).
Del resto, i gamer avevano già visto una cosa del genere, quando all’uscita del gioco “Strikeback”, nuovo gioco uscito per Commodore 64 ed emulatori per pochi euro, lo stesso fu accolto nella sezione commenti, ora rimossi, da filorussi pronti a immolarsi per dare i 4 dollari all’Ucraina e poi distribuire gratis il gioco allo scopo di “far fallire l’iniziativa” dimostrando una cognizione infima del concetto di beneficienza e la capacità di boicottaggio di un paramecio.
Non è il primo rodeo del clonazzo e della pirateria made in URSS
La Russia va detto ha un feeling con la pirateria e il disprezzo della proprietà intellettuale che affonda le sue origini nel suo passato sovietico.
Come abbiamo già visto, il codice civile Russo consente di fregarsene del diritto d’autore trafugando tutto quello che serve dall'”odiato occidente”. Cosa che la Russia a ben vedere faceva già in passato.
Una intera generazione di ragazzini Russi è stata convinta dalla “fabbrica del falso made in URSS” che lo ZX Spectrum, creazione di Sir Clive Sinclair nata come alternativa economica agli 8bit dell’epoca (vedi Commodore 64) fosse nato a Leopoli e clonato dagli Inglesi perché i falsari arrivarono al punto di firmare con orgoglio le loro copie.
Negli anni ’90 una intera generazione di ragazzini russi ha avuto modo di baloccarsi col “Dendy”, un “famiclone”, clone del Nintendo NES (tipo la “PolyStation” e altri cloni reperibili nei nostri mercatini) fatto in Cina su “licenza” Russa e venduto in Russia con cartucce pirata.
Clone che divenne così famoso che attualmente se per ogni mamma Italiana ogni singola console è una “Playstation” per le mamme russe ogni console (comprese quelle che i loro figli non possono più avere) è un “Dendy” (corruzione della parola “Dandy” per esprimere il concetto del lusso occidentale dei videogiochi che grazie al clone anche i rudi virgulti di Madre Russia avrebbero avuto).
Altro esempio tipico di come la Russia abbia alternato ostentato disprezzo per i “molli costumi occidentali” e la volontà di sbirciare dalla porta per clonarli sono i “Rebra”, dischi di musica occidentale che per tutta la Guerra Fredda venivano incisi su lastre radiografiche usate e venduti per pochi rubli per consentire al giovane russo di ascoltare musica occidentale negando di averlo mai fatto.
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