Una notizia essenziale sul tema del diritto, passata in sordina, è Facebook può rimuovere post novax e account (e senza risarcimento). È un fenomeno che abbiamo notato altre volte: i novax sono lesti, sin troppo celeri, ad intestarsi vittorie giudiziali che poi si rivelano essere smentite da eventi successivi, ma tendono a cancellare dall’orizzonte delle notizie tutto quello che potrebbe dargli torto.
In questo caso è calato il silenzio tombale sull’ordinanza ex art. 702 ter cpc del Tribunale di Varese 2572/2021, provvedimento decisorio che stabilisce alcuni importanti principi fondamentali.
C’è infatti un bilanciamento tra valori che devono coesistere nell’ordinamento senza che uno soffochi o sopravanzi l’altro.
Nel caso di specie (troverete copia ed una disamina maggiormente puntuale tra le guide al diritto di Sole 24 Ore, oppure sul portale La Legge per Tutti e Tio.ch) si parla di un gruppo Facebook ed un utente.
L’utente in questione avrebbe incassato in periodo pandemico una serie di sospensioni e blocchi, culminati col blocco della partecipazione e dell’interazione con altri account, isolando l’utente dal gruppo di circa ottocento persone che gestiva.
L’ultimo post, un video collegato senza commento o didascalia, equiparava il vaccino ad una “iniezione letale”.
L’utente in questione aveva provato ad usare, senza successo, i servizi di Facebook per chiedere di riconsiderare il blocco. Non ottenendo risposta, aveva citato la società con provvedimento di urgenza per chiedere sia lo sblocco dell’account che un risarcimento, adducendo che il contratto di Facebook era unitarale e vessatorio ed aveva negato la sua libertà di parola.
Naturalmente il giudice non è stato persuaso dalla prospettazione, altrimenti non ne parleremmo.
Il procedimento, in questo caso in contraddittorio, ha visto la replica di Facebook Ltd, ora Meta, ricordando che le condizioni di uso erano palesi, trasparenti e ben note all’inizio come anche la politica di Facebook di contrasto alla disinformazione sanitaria, secondo i pareri di OMS, CDC e autorità pubbliche.
Aggiungendo che il blocco sulla “mera condivisione” senza asseverazione diretta serve per evitare eventuali “scappatoie”: un utente potrebbe semplicemente pubblicare contenuti non ammessi “altrove” per poi riportarli sulla piattaforma mediante una condivisione da esterno.
Il tutto, unitamente alle pregresse sospensioni, rende la “sanzione” di Facebook proporzionata e ricorda che un blocco da Facebook non è “negare la libertà di espressione” non essendo Facebook “un servizio essenziale”.
Alla fine di questo dibattito, scopriamo che Facebook si regge su un contratto per adesione: Facebook ammette un servizio, remunerato mediante inserzioni pubblicitarie mirate, in cambio dell’adesione ai termini di condizioni e di uso. Cosa che comprende quindi la sospensione in caso di violazioni, volontarie o meno.
Quindi Facebook si impegna a darti un servizio e tu ti impegni a non esulare dalle condizioni e dai termini di uso. Che al momento non prevedono la possibilità di postare contenuti a tema novax.
Impegno coerente col concetto di bilanciameno dei valori.
Il diritto alla libertà di parola del singolo non vale certo meno del diritto alla salute di tutti gli altri iscritti e cittadini.
Diritto alla salute che di certo non viene tutelato parlando di “vaccini che uccidono entro due anni”.
Ci permettiamo di aggiungere che giurisprudenza assodata e consolidata ha infatti superato tali tematiche novax, riconoscendo il valore scientifico e di solidarietà della vaccinazione.
Quindi sì, Facebook può rimuovere post novax e account.
Sono naturalmente decisioni assai delicate, che valutano gli interessi e i diritti in parallelo tra di loro. Ma sono ammesse.
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