Da “leoni” a “mendicanti del falso” è un passo, ed è questa la triste parabola dei nopass della “Shindler’s List 2.0” (sic! Sgrammaticato all’origine).
Vedendo gente che condivide su eMule con leggerezza il proprio Green Pass abbiamo indicato come origine primaria individui troppo distratti da togliere i loro Green Pass dalla cartella download.
Abbiamo visto anche il caso di un influencer beccato con un Green Pass altrui, e rampognato in diretta dal proprietario dello stesso per averlo messo a rischio.
Sappiamo quindi che c’è un diffuso sentimento nopass che li porta a chiedere l’uso del Green Pass altrui. In un elenco chiamato con poca fantasia Shindler’s List 2.0
Un post, redatto in un italiano zoppicante, presente nei soliti forum per “hacker”, con uno sgrammaticato e sugangherato appello che riportiamo.
I GOVERNANTI, le tue erano buone, ma tu sei nel torto. I vaccini non impediscono la trasmissione. Pertanto, costringendo il Green Pass non è scientifico e uccide le famiglie, impedendo a milioni di persone di mettere il cibo sul tavolo. CONDIVIDI qualsiasi pass che hai, potresti salvare qualcuno dal perdere il lavoro.
La grammatica aberrante traduce influenze estere: del resto uno dei sensali italiani del Green Pass falso aveva dichiarato più volte ai suoi clienti di essere in contatto con “hacker russi”, intenzionati alla miniera di dati ottenibili da chi è a caccia di Green Pass.
L’operazione tradisce anche uno dei capisaldi della sottocultura nopass: dipingersi come le vittime di un secondo Olocausto, nonostante gli sia stato più volte chiesto dalla comunità ebraica e dai sopravvissuti alla Shoah di smetterla.
L’idea alla base dell’appello estende tale delirio agli estremi: siccome i nopass si sentono discriminati dalle restrizioni pandemiche, chiedono ai “punturati” (quelli che fino a ieri volevano vedere morti uccisi dal grafene per ereditare i loro possessi o, peggio, vorrebbero costante oggetto di violenza come “collaborazionisti”) di fornirgli spontaneamente i loro Green Pass.
Possibilmente arricchiti dai vari Pass ottenuti mediante distrazione o inganno (vedi eMule) allo scopo di avere un elenco di Pass di persone compatibili per sesso ed età da esibire.
Un piano geniale come osservare un disastro ferroviario in slow motion.
Non solo infatti sul posto di lavoro è improbabile che qualcuno non ti conosca e quindi vedendoti cambiare improvvisamente nome non faccia storie, ma un semplice controllo dei documenti denuncerebbe il falso.
È nella facoltà del datore di lavoro effettuare tale controllo, e il risultato sarebbe una simpatica denuncia per falsità e sostituzione di persona, con indagini che coinvolgerebbero chi si credeva “Shindler” (sic!) ed è stato semplicemente colui che ha consentito il peggior remake di “Biglietto Amaro” di sempre.
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