Ovidio diceva che una causa cattiva diventa peggiore col difenderla. Ma anche una causa indubitabilmente buona viene fortemente danneggiata da una pessima difesa.
Parliamo del movimento Black Live Matters, e parliamo di un Tweet. Un semplice, umile tweet di qualcosa di cui si è discusso semplicemente, ma che ha avuto gli stessi effetti di un sassolino in uno stagno.
Nel tweet il commentatore politico ed economico, nonché scacchista John Adams dichiara di aver ricevuto la richiesta di un parere professionale (non in quanto politico liberale, ma in quanto scacchista) sul come considerare il codice cromatico degli scacchi che vuole il bianco muovere sempre sempre primo alla luce del clima razzista.
La risposta dell’emittente non si è fatta attendere
‘My program and my producers are pilloried around the world based on a statement made by someone else about a segment that hadn’t been broadcast,’ he wrote.
Valentine wrote it all started with a tweet by a dad whose child asked, as children do about everything, why the white pieces move first in chess.
‘The father paused, aware of current cultural context and wondered exactly how to answer. He wondered if there was any racial background to the rule,’ he wrote.
Sostanzialmente, dichiara il giornalista, non esiste alcuno spezzone sugli scacchi razzisti, ma volendo fare uno spezzone sulla storia degli scacchi con un round di “domande e risposte del pubblico” aveva voluto inserire la domanda di un bimbo convinto che la divisione degli scacchi tra bianchi e neri derivasse da questioni razziali.
Cosa, evidentemente, assai diversa da chiedere se gli scacchi sono razzisti perché il bianco muove per primo. Aggiungendo che non stava cercaando qualcuno che gli dicesse che gli scacchi siano razzisti, ma suscitare una conversazione innovativa che tenga tutti interessati.
Come tutti sanno, i ragazzini chiedono tantissime cose, alcune assai sciocche, per l’apposito scopo di maturare e diventare adulti aspettando che le cose sciocche che chiedano trovino risposta tra gli adulti.
Ma se gli adulti cominciano a beccarsi tra di loro, cosa mai impareranno?
E se gli adulti decidono di prendere le domande di un ragazzino per suscitare conversazioni, quanto siamo più vicini all’odiata clickbait?
Personalmente, non avremmo interpellato uno scacchista: sarebbe bastato leggere una buona enciclopedia al pargolo.
Ma ormai la frittata è fatta.
Quindi il mondo degli scacchi ha voluto rispondere ad una domanda che, di fatto, nessuno aveva mai posto e un bimbo aveva posto in maniera del tutto diversa.
E l’ha fatto con una certa, a questo punto possiamo dire non incomprensibile, durezza.
Garry Kasparov, famosissimo campione, ha replicato brevemente e duramente
Se siete preoccupati che il gioco degli scacchi sia razzista, vi prego di cominciare a giocare a Go, dove i neri muovono per primi, anziché rendervi ridicoli spendendo i soldi dei contribuenti in un’emittente statale per farne un’inchiesta.
Seguito a ruota dalla leggenda degli scacchi Anatoly Karpov
“È iniziato un periodo di follia totale. Cosa c’entra il razzismo con questo gioco secolare?
Nei tweet è anche tornata una vecchia pubblicità progresso dove due scacchisti giocano muovendo il nero per primo per protesta contro le discriminazioni.
Ma a questo punto, siamo decaduti al livello dello Sheldon Cooper del telefilm “The Big Bang Theory” o del Drax dei “Guardiani della Galassia”, personaggi descritti come incapaci di capire le metafore e l’ironia e condannati a prendere tutto quello che vedono con letteralità assoluta.
Sarebbe bastato comprare un po’ di manualistica degli scacchi al fantolino per capire che l’uso di muovere il bianco per primo è una mera, e casuale, convenzione.
Come ricorda Howard Staunton, sostanzialmente codificatore degli scacchi moderni, fino al tredicesimo secolo la stessa scacchiera non era divisa per colori, ma era solo una superficie a scacchi dello stesso colore, che fu munita di “bianchi e neri” per dare un colpo d’occhio ai giocatori e prevenire errori.
Staunton stesso fu sostenitore dei pezzi che presero il suo nome, la scacchiera moderna o “Staunton”, con figurine stilizzate in ebano e bosso per facile riconoscibilità e che potessero essere prodotte industrialmente (coi mezzi dell’ottocento) in grandi quantità e con una qualità accattivante.
Pezzi così iconici e riusciti che, probabilmente, sia se avete comprato una scacchiera economica da un negozio di giocattoli che ereditato una scacchiera antica dai vostri nonni, vi troverete in mano una scacchiera modello Staunton in bosso ed ebano, o di materiali colorati in modo da imitare il bosso e l’ebano.
Ma per tutto il 1800 ancora il colore degli scacchi veniva arbitrariamente deciso dal giocatore: l’Immortale, una famosa partita giocata nel 1851, cominciò col nero perché il vincitore e campione Anderssen sostanzialmente chiese di usare i pezzi neri.
Nessun motivo razziale, etnico o storico. C’erano i pezzi chiari e scuri per riconoscerli su una scacchiera chiara e scura, ogni giocatore dichiarava il colore che voleva, il gioco cominciava.
Ancora Staunton nel 1871 non poté che notare come demandare la scelta al giocatore era problematico: a quel tempo solitamente si sorteggiava il primo a giocare, che sceglieva lato della scacchiera e quindi colore, ma in caso di partite successive alternando la propria posizione. Ciò fu ritenuto sciocco perché molti giocatori semplicemente continuavano a insistere per il loro colore preferito, con quello che comporta.
Tentativi di avere un colore “standard” si susseguirono per tutto il 1800, finché nei primi del ‘900 fu cementato a livello di regolamento il bianco come colore di partenza.
In modo, come si è visto del tutto arbitrario.
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