Un triste capitolo della cronaca sarda e italiana è tornato all’attenzione dei social, sicuramente rigurgitato dallo strumento “Ricordi” di cui vi avevamo invitato alla cautela in questa guida utile. I nostri lettori ci segnalano un post riproposto da più profili e più pagine:
Notizia dalla rete!
Che sia vera o meno nn lo sò, ma di certo è una triste FALLA della burocrazia italiana.
A voi i commenti!Questa che vedete nella foto e’ una ragazza che si chiama Deborah. Era andata a cercare lavoro. Dopo due mesi è tornata nella sua casa a Sassari ma l’ha trovata occupata da una decina di persone, che si sono prese il suo appartamento e hanno gettato tutta la sua roba nel cassonetto della spazzatura, comprese le foto dei figli, i vestiti e mobili. Ha deciso di incatenarsi alla recinzione, nel cortile interno della sua casa, facendo uno sciopero della fame ad oltranza fino a quando non riavrà la sua casa. la denuncia in Questura e alla Procura della Repubblica non è servita a nulla. Nemmeno i rappresentanti del Comune si sono fatti vivi. Aspettava una visita dell’assessore alle Politiche Sociali, ma niente. Adesso lei si ritrova sola, senza casa, senza lavoro, senza più nulla.
Abbiamo evidenziato in grassetto, sottolineato e formattato in rosso una frase che viola tremendamente l’ABC della rete: non esiste il “che sia vera o no”, perché non è mai legittimo condividere notizie di cui non si ha certezza. Imparatelo, potreste fare un danno.
Sì, avete letto bene: 2014. L’11 maggio 2014 La Nuova Sardegna raccontava la storia di Deborah, quarantenne di Sassari e beneficiaria di un alloggio popolare regolarmente assegnato dall’Area in Via Naitana, a Li Punti. Deborah era rimasta lontana da casa per due mesi per andare a cercare lavoro in Sicilia. Al suo ritorno il suo appartamento era stato occupato abusivamente da 10 persone. La stessa donna raccontava:
Circa dieci persone si sono impossessate del mio appartamento ci sono adulti e bambini. Non vogliono andare via, mi hanno minacciato più volte e anche aggredito.
Quelle stesse persone avevano gettato in un cassonetto le foto dei figli, i suoi vestiti e alcuni mobili. Più volte Deborah aveva tentato di farsi restituire le sue cose, ma non c’era stato verso. Per protestare e alzare la voce, dunque, il 10 maggio si era “accampata” nel cortile della palazzina e si era incatenata alla recinzione. La sua foto aveva fatto il giro del web.
Allo sciopero della fame e della sete, naturalmente, Deborah aveva anche intrapreso le vie legali. La Nuova Sardegna, nello stesso articolo, riportava che aveva presentato una denuncia in Questura e alla Procura della Repubblica. Nel frattempo i carabinieri, la polizia e la polizia municipale le avevano fatto visita più volte, ma non erano nel potere di intervenire sulla sua vicenda.
Come sottolineavano i colleghi di Butac in un articolo ben strutturato e pubblicato il 22 maggio 2014, c’era una seconda teoria su come potesse essere avvenuta l’occupazione abusiva. La Nuova Sardegna, infatti, riportava:
In realtà, stando al racconto di Deborah, sembrerebbe che ad aver fatto sparire i suoi effetti personali e parte degli arredi – divano, lavatrice, specchi, quadri, mobile del soggiorno – sia stata una precedente inquilina: «Ho commesso l’errore di ospitare una conoscente in difficoltà mentre io ero a Palermo. Quando sono tornata ho scoperto che era stata cambiata la serratura, che aveva fatto entrare queste altre persone e che erano scomparse le mie cose, non c’è più un mio vestito lì dentro».
Alla donna era stata promessa una visita dell’assessore alle Politiche Abitative, ma non si era presentato.
Considerata la viralità con la quale la storia di Deborah si era diffusa, il Comune di Sassari aveva risposto con un comunicato pubblicato sul sito istituzionale (rimosso e archiviato a questo indirizzo):
Il Comune di Sassari sta continuando a seguire il caso di Deborah, la giovane donna di cui la stampa locale si è occupata nei giorni scorsi (si era incatenata davanti all’alloggio popolare che le era stato regolarmente assegnato, poi perso a seguito di una occupazione abusiva).
I competenti uffici dei settori Politiche abitative e Politiche sociali stanno costantemente monitorando la situazione, sia dal punto di vista giudiziario (senza un provvedimento del giudice Deborah non può comunque fare rientro nella sua abitazione) sia dal punto di vista del sostegno alla vita quotidiana.
In attesa dell’esito delle vertenze in cui è coinvolta si è deciso di consentire alla signora di restare ancora per qualche giorno, fino al prossimo 21 maggio, nel residence che attualmente la ospita e di continuare a fornirle i pasti a domicilio.
Deborah è stata informata del fatto che il Comune non potrà continuare ulteriormente a sostenerla nelle attuali forme, anche perché, fortunatamente, è circondata da una adeguata rete familiare. Nel caso in cui non voglia avvalersi della propria rete parentale l’Amministrazione comunale ha comunque messo a sua disposizione un posto presso l’ostello femminile.
Riassumendo i punti fondamentali:
Il 23 maggio 2014, inoltre, l’emittente sarda “5Stelle” aveva mandato in onda un servizio nel quale Deborah si mostrava incatenata di fronte al Tribunale di Sassari. Alla giornalista che la intervistava, Deborah aveva spiegato che il 15 di maggio era stato depositato il suo fascicolo, e al 23 maggio ancora attendeva che un giudice firmasse l’ordine di sgombero:
Alle 7:30 del mattino dell’1 giugno 2014 Deborah aprì gli occhi e si ritrovò con 8 poliziotte pronte a farla rientrare nella sua casa. Era il giorno dello sgombero. Gli agenti, infatti, avevano fatto uscire gli inquilini abusivi su disposizione del giudice, che aveva nominato Deborah titolare giudiziario dell’appartamento. Nei primi istanti l’alloggio era ancora sottoposto a sequestro cautelativo e l’Area non aveva ancora provveduto al riallaccio della corrente elettrica.
L’amica si era difesa dicendo che lei non era assolutamente responsabile dell’ingresso degli abusivi, bensì si era allontanata dall’appartamento in quando le avevano assegnato una casa. Chi avesse ragione delle due, ancora, non è dato saperlo. Prima di rientrare in possesso dei suoi diritti, in ogni caso, Deborah aveva protestato in più occasioni, anche quando la città ospitava la tradizionale Cavalcata Sarda.
Perché? È una notizia del 2014, un caso chiuso e risolto. Certo, si trattava di una notizia triste e che suscitava rabbia e indignazione, ma ora che Deborah si sarà sicuramente buttata questa brutta storia alle spalle, perché infierite senza verificare ciò che condividete? Vi piace davvero?
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