Per un breve periodo gli utenti della Rete si sono meravigliati di una grande scoperta: incontrare Salvini tra i grandi scrittori italiani (e tra i grandi giornalisti) nonostante il Ministro degli Interni non sia tecnicamente né scrittore, né giornalista.
Tutto documenato, con somma sorpresa dell’Associazione Tlon
E per l’altrettanto incuriosita ilarità del Popolo della Rete, che ha scagionato i fantomatici cookies, croce e delizia del navigatore della Rete, nonché capro espiatorio di ogni malcelato abuso dei motori di ricerca ripetendo più volte le ricerche, anche in modalità incognito, il cosiddetto porn mode con cookies e salvataggio dei dati di ricerca disabilitati per evitare, ad esempio, di rendere edotta la propria consorte di una certa passione per i seni molto fiorenti o talune prestazioni sessuali malaccette nel talamo nunziale.
Ma i più accorti tra di loro sapranno a chi dare la colpa di questo triste fenomeno: alla GoogleBomb. I motori di ricerca sono più facili da manipolare di quello che sembra, e spesso non è neppure necessario che ci sia un disegno occulto, uno Spin Doctor o un uomo veramente cattivo pronto a manipolare la Rete per i suoi sordidi scopi.
Dicesi GoogleBomb quel fenomeno per cui gli algoritmi di Google, che completano le ricerche in base agli input elargiti dagli utenti, tendono a prendere per automaticamente vero un dato comicamente also se ripetuto da migliaia di persone per migliaia di ricerche su un certo lasso di tempo.
Un aforisma attribuito a tempi più oscuri della storia mondiale recita che ripetendo la stessa menzogna per decine, centinaia e migliaia di volte essa diventerà vera: immaginate quanto questo sia vero per un’intelligenza artificiale, in grado di elaborare grandi quantità di dati ma senza il discernimento tipico dell’essere umano.
Vittima illustre ne fu ad esempio l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che nel 2006 vide, a cagione del gran numero di utenti che cercavano il suo nome accomunato da varie ingiurie e contumelie, Google riportare quelle stesse feroci ingiurie come risultati di ricerca privilegiati collegati al suo nome, come anche, ma in senso positivo, Donald Trump promosso da Google al rango di Top Economist perché, all’apice del suo successo politico e personale, i suoi fan cercavano il suo nome accomunato a tali attributi positivi inducendo l’intelligenza artificiale di Google a crederci sulla fiducia.
Altro esempio negativo ha colpito proprio in tempi recenti il presidente della commissione Europea Jean Paul-Junker, colpito da gravi e diffamatori pettegolezzi sul suo presunto alcolismo che hanno spinto orde di disinformati a cercare il suo nome assieme alle parole “barcolla”, “alcolizzato” e simili ottenendo di “spostare” i pettegolezzi in cima alle ricerche.
In tutti questi casi, esattamente come per il caso di Salvini tra i grandi scrittori italiani, Google ha immedatamente corretto con un intervento manuale i risultati alterati da un cattivo uso del motore di apprendimento dell’intelligenza artificiale.
Ma intanto, il danno è stato fatto ogni volta.
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