“Rosa Parks non è scesa dall’autobus”: il nuovo caso di free climbing sugli specchi unti della logica delle truppe novax, in difesa del loro nuovo (involontario) idolo Djokovic, incerimoniosamente allontanato dall’Australia.
Il dolente campo di scontro è un tweet. Questo.
Assediato da ore da Novax che ci implorano, minacciano o blandiscono di “denunziare la buffala perché Rosa Parks è scesa”.
Eggrazie: come se il punto del messaggio è questo.
Rosa Parks, come sa chiunque abbia studiato la storia, era una povera donna di famiglia Metodista e senza enormi disponibilità economica, moglie di un umile barbiere.
Nata, cresciuta e, nel contesto delle proteste che seguirono una donna povera appartenente ad un ceto discriminato in un sistema di segregazione razziale nel quale lei era dalla parte dei discriminati.
Tenete in mente.
Rosa Parks, è vero, quel giorno salì sull’autobus.
Prese un posto “con riserva”: poteva essere usato indifferentemente da bianchi e neri, ma col caveat che i neri avrebbero dovuto lasciare il posto ai bianchi.
Cosa che Rosa Parks non fece.
Rifiutò di cedere il posto finché non chiamarono la polizia. Quando la polizia arrivò, ella li seguì senza clamore.
Tale gesto ispirò una battaglia in suo nome. Fu liberata su cauzione perché l’avvocato Clifford Durr ne pagò la cauzione, e una protesta a valanga fece avanzare i diritti civili di decenni in poco tempo.
Ad esempio, sappiamo che seguì gli agenti di polizia ed uscì su cauzione.
Non presentò certificati di esenzione, e neppure autocertificazioni di appartenenza alla razza bianca.
Clifford Durr l’aiutò perché impegnato sul sociale e antirazzista: Rosa Parks di certo non poteva permettersi un consiglio legale tale da trascinare per dieci giorni una vicenda giudiziaria.
Rosa Parks non presentò documenti posti sotto lo scrutinio del giornalismo investigativo, non dichiarò agli agenti che la portarono via di essere Spartaco o Gesù Cristo.
“Dissero che ero stanca, ma in realtà ero solo stanca di subire”, dichiarò in seguito Rosa Parks, ma non si sottrasse alle conseguenze delle sue azioni, né fu meno che consapevole di quello che avrebbero comportato.
Da un lato abbiamo una povera donna di un ceto discriminato, di un censo discriminato, in una America discriminata che fu il centro di una lunga battaglia per diritti perché rifiutò di cedere il posto, e fu arrestata per questo, quindi condotta lontano da quell’autobus e rilasciata su cauzione.
Dall’altro abbiamo un ricco rampollo del ceto dominante, atleta amatissimo, in grado di pestare i piedi in via giudiziale e di muovere istantaneamente tutta la forza della fama e del successo.
Se non c’è una migliore definizione di privilegio, non sappiamo quale sia.
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