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Roberto Saviano condannato per plagio, la replica: “Vi ho spu**anato e ne vado fiero”

Roberto Saviano è stato condannato per plagio e la Cassazione ha stabilito che la cifra di risarcimento di 6mila euro deve essere aumentata. La notizia è comparsa sui principali quotidiani nazionali (Il Fatto QuotidianoIl Sole 24 Ore).

Il caso di plagio in Gomorra

Nel 2008 Roberto Saviano era stato accusato di plagio per un passaggio contenuto in Gomorra, il suo romanzo-inchiesta di maggiore successo. A fargli causa era stata Libra Editrice, che cura i quotidiani Cronache di Caserta (ex Corriere di Caserta) e Cronache di Napoli), per via degli attacchi alla linea editoriale presenti tra le pagine del libro. Secondo Libra Editrice, l’autore aveva copiato alcuni articoli per riportarli all’interno del romanzo.

Per questo l’editrice aveva chiesto 300mila euro di danni e ne aveva ottenuti 60mila. Nel 2016 lo scrittore aveva vinto la causa ottenendo 75mila euro dalla stessa editrice con una sentenza del Tribunale di Napoli, e aveva scelto di devolverli in beneficenza.

Il ricorso

Come scrive Il Sole 24 Ore, il ricorso presentato da Libra Editrice è stato parzialmente accolto dalla Cassazione che ha ottenuto un rinvio per nuovo giudizio presso la Corte d’Appello di Napoli affinché venga corretto l’importo di 6mila euro fissato nel 2016 a carico di Roberto SavianoMondadori Editore.

Nello specifico (scrive CronacheDi) la Suprema Corte ha riconosciuto la “violazione di un diritto di esclusiva” e soprattutto “gli articoli in questione sono stati riprodotti e utilizzati nel loro valore d’uso, seppure nel contesto di un’opera molto più ampia, e hanno inoltre riscosso, sia pure in quel modo e in quelle forme, un grande successo”.

La vicenda è riassunta da CronacheDi in questo articolo, dove troviamo anche il documento originale della sentenza.

La replica di Saviano

Roberto Saviano ha commentato la vicenda sui social con una nota:

La vicenda giudiziaria che mi vede “colpevole di plagio” ai “danni” di due quotidiani (giudicati dal Gip di Roma) contigui agli ambienti camorristici che ho denunciato in Gomorra è una storia infinita, infinita quasi come quella di Atreju, con cui in effetti qualcosa questi giornalisti e questi editori hanno a che fare… ma questa storia ve la racconterò poi.
Gli editori di Cronache di Napoli e del Corriere di Caserta mi detestano da quando li ho portati in televisione, da quando ho svelato come, attraverso le loro pagine, i detenuti per camorra scambiavano messaggi con gli affiliati a piede libero.
Mi detestano da quando ho raccontato la vicenda di Enzo Palmesano (insieme a Nadia Toffa), il giornalista licenziato dal Corriere di Caserta (oggi Cronache di Caserta) per ordine di un boss di camorra.
Ma mi detestano ancora di più perché in Gomorra ho citato due loro articoli senza indicarne la paternità ma scrivendo solo: “secondo giornali locali”.
Furbescamente mi si vuol far passare per falsario, ma chiunque abbia una copia di Gomorra in casa può verificare che non mi sono mai attribuito la paternità di quei due articoli vergognosi… Vedete, mi facevano talmente schifo quelle due testate, che esaltavano le gesta amatorie di Nunzio De Falco, mandante dell’omicidio di Don Peppe Diana, che definivano Don Diana “camorrista”, che non ho voluto macchiare la mia penna facendo i loro nomi.
Questa storia processuale infinita è solo un modo per tenere sotto scacco uno scrittore, e nella maniera più vile per giunta: insinuando che io abbia copiato. Ho solo riportato quelle parole vergognose attribuendole a ignoti quotidiani locali, rifiutandomi di citare gli autori: quotidiani che hanno agito da megafono dei clan.
Svelati i loro metodi e i rapporti ambigui con la malavita, mi hanno fatto causa. Ma io sono qui, come sempre, a pagare per le scelte che faccio. Mi chiamate “falsario”, “plagiatore”, “truffatore”, ma la verità è che vi ho sputtanato e questo non me lo perdonerete mai.
Vi ho spu**anato e ne sono fiero!

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