Ci segnalano i nostri contatti il seguente articolo riguardo alla residenza per i richiedenti asilo, segnalandoci anche l’indirizzo contrario della controparte politica.
Ovviamente infatti un Governo che sul decreto sicurezza sta giocando la partita elettorale, nonché eleggendolo a provvedimento cardine la stessa vita politica non potrà che dichiararsi insoddisfatto.
Ma come si dice per i brutti romanzi, partiamo con ordine e cominciamo dall’inizio.
Il problema nasce dall’articolo 13 del c.d. “Decreto Sicurezza”, meglio noto come “Decreto Salvini” (nell’ovvio significato politico di legarlo inesorabilmente ai destini del Governo).
Dal 5 ottobre 2018 il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non consente più l’iscrizione all’anagrafe, pur valendo come documento di riconoscimento.
Lo prevede l’articolo 13 del decreto sicurezza ( Dl 113/2018) che modifica, quindi, quanto previsto dal decreto legislativo 142/15 in materia di domiciliazione e iscrizione anagrafica dei richiedenti asilo.È questa la norma “sul banco degli imputati” che secondo alcune Regioni presenta profili di «palese incostituzionalità che vanno ad impattare su tutte le più importanti materie di legislazione regionale quali salute, assistenza sociale, diritto allo studio, formazione professionale e politiche attive del lavoro e l’edilizia residenziale pubblica» come dichiarato da Antonio Bartolini, assessore dell’Umbria, la prima regione a passare dalle parole ai fatti contro il decreto sicurezza, approvando oggi 7 gennaio la mozione per il ricorso alla Consulta.
Quindi molti comuni hanno sollevato, ovviamente, il problema alla Consulta. Problema che riguarda il delicatissimo equilibrio tra poteri e norme di rango diverso
«Impugniamo solo le parti che stanno generando conflitto e confusione – ha dichiarato Stefano Bonaccini, governatore dell’Emilia Romagna – cioè quelle che più direttamente riguardano Regioni e Comuni. Le leggi non si disapplicano ma si contrastano nelle sedi opportuno, per cambiarle». In particolare, «stiamo esaminando gli effetti che determina il potenziale conflitto tra norme vecchie ma non abolite e nuove disposizioni, ad esempio in materia di iscrizione all’anagrafe e residenza. La sanità, per fare un esempio, è competenza regionale e assicurare a tutte le persone il diritto ad accedere alle prestazioni sanitarie è compito nostro».
Se non vuoi capire, ti raccomando la lettura di questo testo che ti aiuterà a superare i cinque stadi di elaborazione della tua fallacia cognitiva.
Se non comprendi te la spiego meglio: il diritto non è semplice, in bianco e nero come potresti credere da imperito. Il Diritto non si limita a “sporcare le carte”, non si riassume in Vergogna, clicca condividi e fai girare!!
Il Diritto è un sistema assai complesso, nel quale ogni singola aggiunta deve armonizzarsi ad esso o perire come un corpo estraneo.
Il Diritto è per natura affine ad una gigantesca partita a Carta-Forbice-Sasso, nella sua variante “Carta-Forbice-Sasso-Lizard-Spock”
Non puoi dichiarare per legge che il sasso può sconfiggere la carta: da che mondo è mondo, la carta batte il sasso.
Puoi introdurre Spock che vaporizza il sasso, il Lizard che avvelena Spock o le forbicii che decapitano il Lizard, ma la carta deve battere il sasso.
È su questo che si è basata la selva di ricorsi alla Consulta e le recentissime sentenze di merito al riguardo.
Partiamo ora da due questioni:
Quindi, siamo di fronte al primo problema: l’interpretazione più restrittiva del Decreto Sicurezza di fatto impedisce o rende malagevole e diffocoltoso, per legge di rango ordinario, al richiedente asilo di accedere a diritti di rango costituzionale.
L’interpretazione più restrittiva dello stesso (segnatevi il concetto di interpretazione: ci torniamo) sostanzialmente inibisce diritti di rango Costituzionale con una norma di rango ordinario.
Peraltro, impedendo con competenze statali che la Regione assolva alle competenze che le sono riconosciute.
Sostanzialmente, ponendosi nella posizione di chi, dopo aver introdotto le figure del Lizard e di Spock nel gioco di Carta-Forbice-Sasso (ammesso), decida di attribuirsi la vittoria a tavolino in una partita di Carta-Forbice-Sasso dichiarando per “nuovo regolamento” che “il sasso strappa la carta”.
Ogni gioco è un ordinamento: non potrete mai incontrare un arbitro che decida di patteggiare le regole sul posto col Patron della Federazione sportiva di turno, non potrete mai incontrare un Giudice che non compia queste doverose precisazioni.
Rango costituzionale batte rango ordinario, competenza esclusiva o concorrente delle regioni significa competenza esclusiva o concorrente delle regioni ed esclude che a livello centrale lo Stato possa “dire la sua, punto e basta”.
La legge non dice mai più di quello che vi è scritto, dichiara un brocardo. E la legge va sempre interpretata, ove introduca provvedimenti restrittivi/sanzionatori/limitatori secondo il principio del favor rei.
Proprio perché viviamo in uno Stato di Diritto, la legge deve essere il meno oppressiva possibile.
Correttamente quindi il Tribunale di Bologna ha dichiarato come la citata normativa
non contiene un divieto esplicito di iscrizione per i richiedenti asilo, bensì evidenzia come il permesso di soggiorno per richiesta di asilo non costituisce titolo per l’iscrizione all’anagrafe
Avete letto bene: il permesso di soggiorno, di suo, non costituisce titolo per l’iscrizione all’anagrafe: ma questo non significa che i richiedenti asilo non possano essere iscritti alla stessa, anche solo con un indirizzo fittizio, allo scopo di godere dei diritti fondamentali già indicati.
Semplicemente, il titolo che consente ciò non è “il permesso di soggiorno per richiedenti asilo”, ma è altro.
Altro che spetterà quindi alle autorità locali in prima battuta, al giudice ove ritualmente evocato valutare caso per caso nello specifico. E, in questo caso come evidenziato dal Resto del Carlino
Questa iscrizione è invece l’esito di un procedimento amministrativo ben descritto nel regolamento anagrafico della popolazione residente (il Dpr 223 del 1989).
L’iscrizione anagrafica avviene dunque in base alle dichiarazioni degli interessati, agli accertamenti disposti dall’ufficio e alle comunicazioni dello stato civile, si sottolinea nella sentenza. Secondo il Tribunale, nel quadro normativo vigente il permesso di soggiorno (per richiesta asilo o altro) non è mai stato “titolo” per l’iscrizione anagrafica, bensì costituisce una prova del requisito del regolare soggiorno.
Il DPR 223/89 al momento non ci risulta abrogato, tampoco ci risulta possibile che l’esistenza del Decreto Sicurezza possa abrogarlo, specie alla luce di quanto dichiarato prima.
Quindi, correttamente il Tribunale di merito ha confermato i requisiti del caso.
E non solo! Il provvedimento è stato reso d’urgenza, essendovi sia i principi del periculum in mora, ovvero di un evidente stato di pericolo e disagio per i richiedenti asilo che si vedono la cittadinanza negata per un’interpretazione restrittiva, sviata ed inesatta (falsa ed infondata in fatto e diritto, si direbbe in linguaggio tecnico) del Decreto Sicurezza, che del fumus boni iuris, ovvero la presenza di fondate e solide basi giuridiche, di fatto e diritto, che sorreggono il diritto del richiedente asilo.
Difatti
Per il Tribunale sussiste pertanto il “fumus boni iuris” del diritto allegato dalla ricorrente alla richiesta iscrizione anagrafica, così come sussiste il “periculum in mora” ipotizzato dalla ricorrente poiché la mancata iscrizione ai registri anagrafici impedisce l’esercizio di diritti di rilievo costituzionale, come quello all’istruzione e al lavoro. Per questi motivi, il Tribunale ordina al sindaco l’iscrizione nel registo anagrafico, con le modalità previste per i senza fissa dimora.
Come ha risposto la politica, possiamo e dobbiamo riportarlo così come è. Cosa accadrà poco, possiamo ipotizzarlo e non è detto che ci prenderemmo: il nostro consulente legale ama ribadirci che un ipotetico legale che prometta di rilasciare pareri precisi ed indiscutibili al 100% starebbe abusando della sua funzione, mentendo e sopravvalutando se stesso. Ma possiamo provarci.
Possiamo quindi riportarvi la soddisfazione del sindaco di Bologna
Oggi il giudice del tribunale di Bologna ha dato ragione a due richiedenti asilo che si erano visti negare l’iscrizione anagrafica dai nostri uffici sulla base del “decreto Salvini” e ha ordinato al Comune di iscriverli.
Saluto questa sentenza con soddisfazione, il Comune la applicherà senza opporsi.
Smentire la destra significa batterla usando la legge e la legalità democratica.
Quando ho ridato l’acqua agli occupanti ho agito come autorità sanitaria e non come delegato del Governo, che è invece il caso dell’Anagrafe.
Il ministro Salvini fa propaganda ma i fatti lo smentiscono, è ingiusto negare la residenza ai richiedenti asilo.
Il parere dell’avvocato dell’Associazione Avvocati di Strada ONLUS, Antonio Mumolo, che unitamente alla collega Avvocatessa Paola Pizzi (per doverosa completezza ricorderemo l’Avvocatessa Nazzarena Zorzella, preponente di separato ricorso con ASGI-Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione) che ha firmato i due ricorsi per provvedimento di Urgenza
Perché oggi abbiamo ricevuto la comunicazione della decisione con la quale il tribunale ha imposto al sindaco, nella sua qualità di ufficiale di governo responsabile della tenuta dei registri anagrafici, l’iscrizione di due richiedenti asilo, con le modalità previste per le persone senza fissa dimora. Le situazioni che miglioreranno saranno tantissime – dice – perché questa ordinanza rappresenta un grandissimo passo avanti e un’enorme vittoria
E la voce contraria del ministro e Vicepremier
Se qualche giudice vuole fare politica e cambiare le leggi per aiutare gli immigrati, lasci il Tribunale e si candidi con la sinistra. Ovviamente faremo ricorso contro questa sentenza, intanto INVITO TUTTI I SINDACI a rispettare (come ovvio) la Legge.
Cosa quindi accadrà?
Come abbiamo evidenziato con l’aiuto dei nostri consulenti, dal punto di vista puramente accademico, giuridico e teorico i magistrati hanno rispettato la legge, così come è.
Ciò non toglie che, ovviamente, i ricorsi alla Corte Costituzionale potranno procedere, evidenziando il fumus dei motivi di incostituzionalità citati e trasformandolo quindi in declaratoria di incostituzionalità (l’arrostus, ci si consenta la boutade).
Ma attualmente, proprio per la forma in cui è redatta la norma il fatto che la qualifica di richiedenti asilo non costituisca ex se requisito per l’anagrafe, ciò non impedisce ai sindaci di provvedere alle iscrizioni anagrafiche, ove necessario per motivi indicati dal resto dell’Ordinamento Giuridico ancora esistente per le ragioni in esso indicate.
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