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Retrocomputer che potete comprare (o costruire) oggi

Il concetto di retrocomputer è, come molte cose, mutevole nel tempo, ma per parlare dei retrocomputer che potete comprare oggi in vari modi dobbiamo considerare un punto di taglio attuale.

Tra vent’anni siamo certi che considereremo retro anche computer e console che oggi usiamo per lavoro. Per quanto attiene questo piccolo elenco, considereremo retrocomputer un computer basato su tecnologie ritenute obsolete, non più presente sul mercato globale, una “rievocazione storica” in silicio e metallo creata senza una vera applicazione pratica se non scopi di nostalgia ed educazione.

Un attimo: hai parlato di educazione?

Molti di voi saranno andati a scuola guida, ed avranno imparato il funzionamento di un motore a scoppio da modelli semplificati di motori. Perché per capire come funziona qualcosa, puoi partire dalle basi.

Non hai bisogno di capire il funzionamento di una centralina elettrica per capire come funziona un motore a scoppio, e dall’architettura volutamente, per limiti tecnici dell’epoca, semplice di un VIC20 puoi imparare molte delle cose che ti saranno utili nell’informatica odierna. Cosa sono una CPU, RAM e ROM, comprendere il meccanismo dei GPIO esaminando la User port e così via.

Retrocomputer che potete comprare (o costruire) oggi

Se studi il passato conosci il futuro, e se non puoi permetterti le ormai sempre più costose reliquie del passato, puoi ricostruirle e nel farlo studiarle. Partiamo quindi dagli esempi attuali.

Un elenco, si badi, che non pretende di essere esaustivo: progetti retro ce ne saranno sempre, e auspicabilmente saranno molti di più nel tempo. Eviteremo in questa trattazione però i progetti esclusivamente emulativi.

Una retroconsole basata sull’emulare console e computer vintage non è un “nuovo retrocomputer”. È, nei fatti, un nuovo computer con programmi di emulazione preinstallati.

Partiremo però da un precedente articolo in cui parlavo di uno di questi progetti, anzi delle molte varianti.

Potete costruire un Commodore 64 con materiali moderni, anzi diversi

Di questo ne avevamo parlato qui.

Tutte le parti esistenti necessarie per costruire un Commodore 64, tranne il PLA (il chip logico che fa da “colla” per tutto il computer) delle mainboard degli ultimi modelli sono state perfettamente replicate, unitamente a mainboard replica o perfezionate come SixtyClone, Evo64 e Ultimate64.

Il che significa che, procurandovi un guscio (anche questo venduto a parte) e le parti necessarie potrete assemblare la vostra personale variante del Commodore 64 con parti nuove di pacca.

Sì, puoi avere un Commodore 64 nuovo di pacca nel 2023 (Copyright Retro Recipes)

Che probabilmente vi costerà molto più che comprarne uno usato e ricondizionarle, ma lo scopo dell’esperimento è imparare.

Nel rimandarvi per una lettura più attenta all’articolo che scrissi ormai nel giugno dell’anno passato, posso però passare a mostrarvi un altro computer Commodore che potete ricomprare nuovo attualmente.

Il VIC2020, copia o quasi del VIC20

Anche il VIC20, “nonno” e antesignano del Commodore 64 ha una sua riedizione.

Il VIC2020, una versione con qualche limite e qualche miglioramento assieme dell’originale creazione di casa Commodore del 1981.

Il VIC2020 richiede al momento una sola parte originale, il chip “VIC”, che nel VIC20 si occupava sia di audio che di video, ovvero il MOS Technology 6560 (NTSC per il mercato USA) / 6561 (PAL per il mercato Europeo), cosa che porta con sé il rischio che utenti poco scrupolosi possano estirparlo da VIC20 funzionanti per completare il progettino.

Il progetto arriva con tutto il resto necessario: elenco dei materiali da acquistare, e schemi per stampare il proprio case e farsi assemblare una tastiera funzionante da servizi come PCBWay.

Il risultato finale somiglia e non somiglia ad un VIC20: l’uso di tasti reperibili sul mercato per le tastiere meccaniche (apprezzate come abbiamo visto per il gaming) costringe ad adottare un fattore di forma bizzarro, diverso da quello commodore e più simile ad una ipotetica tastiera 80% (quelle senza il tastierino numerico) ulteriormente menomata.

VIC2020, fonte VIC-20.it

I tasti venduti commercialmente infatti hanno dimensioni e proporzioni adatti ad essere impiegati nelle tastiere moderne, con diverse “angolazioni” a seconda della riga.

I tasti funzione ad esempio, che nelle tastiere tradizionali di Commodore VIC20 e 64 sono sulla destra, in colonna, sulle tastiere moderne sono in una riga superiore, e messi in colonna apparirebbero visibilmente “distorti” se paragonati ai tasti lettera posti sulla stessa riga, quindi l’autore ha optato per una tastiera “remix”, una meccanica moderna.

Il VIC2020 non ha però accesso alla User Port ed alla porta del Datassette: l’obiettivo era semplificare il circuito di alimentazione (che richiede nel VIC20 originale sia 5VDC che 9VAC) evitando quindi di dover inserire circuitazione per ricavare la 9VAC dalla 5DC o usare un alimentatore con entrambe le linee come quello usato dalla seconda serie del VIC20 e da tutti i Commodore 64.

Un Commodore PET 2001

Di fatto, ovviamente, non potrete usare un Datassette sul VIC2020 e dovrete trovare modi alternativi per procurarvi l’energia necessaria ad alimentare dispositivi come SD2IEC (congegno per aprire programmi e immagini disco da una schedina IEC, alimentato a 5V, solitamente prelevati proprio dalle porte User e Datassette che dovrebbero avere entrambi i tipi di voltaggio disponibili).

Inoltre il VIC2020 ha una uscita S-Video per migliorare la qualità su un monitor vintage, ma attualmente difettosa e da correggere in una versione successiva della scheda madre, nonché espansioni RAM già preinstallate e disinseribili agendo su alcuni piccoli switch direttamente sulla Mainboard.

Cosa che costringe a non avvitare il case stampato 3D oppure a smontarlo ogni volta che avete bisogno di attivare la RAM aggiuntiva, o usare una cartuccia di espansione “vecchio stile” sullo slot cartuccia, presente ma ruotato di 90 gradi per comodità.

Altra strana pecca del VIC2020 rispetto all’originale è la mancanza di un tasto di accensione, cosa che ti costringe, come ai tempi dello Spectrum, a comprare un cavetto col connettore a “jack” con un interruttore in linea o, semplicemente, a staccare l’alimentatore a fine utilizzo.

Il MiniPET

Per un costo tra le 333 e le 412 sterline inglesi potete comprare una versione rinnovata del PET, il computer dal quale l’avventura Commodore ebbe inizio.

Prodotto dagli inglesi di Tynemouth, autori peraltro di una mainboard replica fatta di sole componenti moderne da inserire nel case “tutto in uno” di un PET rotto per rianimarlo ed usarne cabinet, tastiera e monitor, il MiniPET appare come un kit con la famigerata “tastiera a registratore di cassa” del PET originale, connettore videocomposito per l’uso con un monitor vintage e un guscio di acrilico trasparente.

Il MiniPET di Tynemouth

Una prima versione arrivava con una tastiera decisamente più insoddisfacente, con minuscoli bottoncini a saldare, cosa che ha portato il maker e divulgatore David “8bit Guy” Murray a sviluppare una tastiera-rimpiazzo compatibile con le generazioni successive del PET.

Bizzarria del MiniPET è che anche esso è composto da parti disponibili sul mercato, ma il chip video è sostituito da un microcontroller ATMEL, più potente del PET originale stesso programmato per simulare la componente mancante.

Il Mega65, resurrezione del Commodore 65 che non è mai stato

Possiamo quindi ricostruire un Commodore 64 ed anche perfezionarlo. Possiamo costruire un VIC2020 praticamente nuovo, salvo per un singolo essenziale chip.

Possiamo persino ricostruire un PET: e possiamo ricostruire un computer che non è mai esistito se non in prototipi.

Esemplare originale del Commodore 65

Siamo negli anni ’90 circa: le vendite del Commodore 64 continuano, ma Commodore comincia a sentire il peso dell’età e nonostante l’Amiga non riesce ancora a distaccarsi dal suo prodotto prodigio.

Con la quarta generazione di console alle porte e i computer a 16 bit ormai una realtà, Commodore cercò di sviluppare un successore del 64, il C64DX o Commodore 65.

Computer con un floppy drive 1581 incorporato, un nuovo chip video, il VICIII, rivoluzionario, un Basic perfezionato e il supporto per due SID, il chip audio del Commodore 64, in modo da poter avere un audio sterefonico perfetto.

Come il Commodore 128, il C65 avrebbe dovuto avere una “modalità 64” per consentire agli utenti passati di usare tutti i loro programmi, diventando così un ponte perfetto tra il mondo 8 bit ed il futuro a 16, tra Commodore 64 e gli Amiga che sarebbero arrivati, che avrebbe chetato i timori di chi non voleva perdere un decennio di programmi per Commodore 64 e aperto le porte di un nuovo mondo.

Nuovo mondo che non arrivò mai: come ben sappiamo, Commodore chiuse i battenti e non ebbe mai spazio e tempo per vivere i suoi progetti.

Rimasero pochi prototipi funzionanti del Commodore 65, che di tanto in tanto appaiono su eBay con prezzi tali da giustificare l’acquisto di una nuova casa: ma se non siete pronti ad aprire un mutuo per comprare un protipo spesso non funzionante potete comprare una resurrezione già pronta del C65, il Mega65.

Il Mega65 di MEGA Museum of Electronic Games & Art e.V. è un’ulteriore evoluzione del MEGA65, anche esso composto di nuove parti (tranne alcune, come il floppy drive 1581 la cui meccanica, per ovvi motivi, è sempre ricondizionata e mai nuova).

Il bundle competo del Mega65, fonte Epsilon’s World

Una tastiera meccanica consente di riprodurre l’esatta estetica del C65 ed una grande funzionalità, e l’uso di FPGA consente di avere un prodotto abbastanza compatibile (anche se non del tutto, ma quasi) col C65 che fu, quindi abbastanza compatibile col Commodore 64, se non di usare un “core” Commodore 64 per avere la piena compatibilità

Una CPU a 16 bit da 40Mhz, retrocompatibile con la CPU 6510 del C64 e il suo singolo Mhz, quattro SID via software, otto mega di RAM e un case a perfetta imitazione del compianto Commodore 65, il Mega65 arriva con tocchi moderni rispetto al suo “Padre fantasma”, come una porta video compatibile HDMI, una SD2IEC interna per caricare programmi via schedine SD e una porta Ethernet per godere della navigazione in Rete senza adattatori (cosa che accade già con prodotti come Ultimate64).

La possibilità di caricare nuovi “cores” nel Mega65 consente di trasformarlo non solo in un Commodore 64, ma in diversi computer e console dell’epoca, il tutto per 666,66 Euro al netto, esclusa IVA e spese di spedizione (prezzo scelto per echeggiare i 666,66$ dell’Apple I).

A questo punto i più risparmiosi tra voi preferiranno comprare un The64 o un Miyoo Mini Plus e continuare ad emulare, ma il punto qui non è mai stato emulare, ma possedere un computer ad 8 bit (o in questo caso, nel passaggio tra gli 8 e i 16) oggi e, credeteci, i soldoni valgono la spesa.

Oppure potete passare ad un progetto simile.

Il Commander X16

Prodotto della mente di David Murray, il Commander X16 è un progetto nato ormai cinque anni fa e concretatosi recentemente sottoforma dei primi esemplari per lo sviluppo assemblati e venduti dal Texas in tutto il mondo per 350 dollari circa.

Più economico del Mega65 è sostanzialmente un'”evoluzione parallela” della tecnologia ad 8 bit dell’epoca che, partendo dalla semplice struttura del VIC20 (inizialmente il modello a cui puntare era il Commodore 64, ma il VIC20 fu privilegiato per la sua semplicità).

Sul canale di David Murray potrete vedere tutta la sua evoluzione, da un GameDuino su un Commodore 64 fino ad un computer ad 8 bit autonomo e costruito sul modello di sistemi simili, la lotta per superare e vincere gli inevitabili problemi di produzione e la finalizzazione del prodotto che arriverà agli sviluppatori.

Case raccomandato per il Commander X16

Una CPU Western Design 65C02 da 2, 4 or 8MHz ponticellabili, 40Kb circa di RAM e 12Kb di “High RAM”, chip audio Yamaha e proprietario VERA Chip per audio e video, il Commander X16 ti regala un computer a 8 bit evoluto che può entrare comodamente in un case ATX (e sarà venduto in splendidi case ATX), con tastiera e mouse PS2 e una vasta gamma di programmi già pronti al lancio.

Il supporto per i joystick, tipico dei computer anni ’80, al contrario del Mega65 che usa le porte Atari del Commodore 64 viene fornito dalle stesse porte joystick del SuperNintendo (del quale si trovano ancora in abbondanza i pad su Amazon e simili), e il prodotto finale sarà espandibile con schede di espansione e in grado di supportare nativamente VGA, S-Video e Composito.

Al pari del Mega65, conterrà un manuale in stile vintage, e la vasta gamma di programmi al lancio e la possibilità di crearne di propri contribuiranno ad un’esperienza anni ’80.

In più, chi prenderà il treno degli esemplari per sviluppatori potrà partecipare alla prima e più vitale fase di ogni community, la creazione.

Replica 1: un Apple I con parti moderne

Con un costo compreso tra i 135$ e i 189$, a seconda che tu voglia cimentarti nell’assemblaggio o lasciar fare ad un esperto, grazie ad una partnership tra Briel Compuiters e ReactiveMicro puoi comprare una ricostruzione perfettamente funzionante con parti moderne dell’Apple I, approvata dallo stesso Steve Wozniak.

Apple Replica-1, fonte ActiveMicro

L’attuale versione deriva da anni di sviluppo e miglioramento del modello originale, e riesce a fare ogni cosa che l’Apple I originale poteva fare, più usare una versione di Applesoft portata dall’Apple II o usare il proprio computer moderno come terminale per comunicare col Replica 1.

Unitamente alla presenza di parti compatibili sia con l’Apple 1 che col II e repliche, potrete rivivere l’esperienza di “rilanciare” la storia stessa dell’informatica domestica in un garage.

La Fenice è un uccellone che risorge dalle sue ceneri: il Foenix è un dispositivo che si ripromette di far risorgere dalle ceneri l’era ad 8 bit (che però abbiamo visto non ha mai chiusi del tutto i battenti)

Esiste un F256Jr, più economico, ed un F256K completo.

Mentre per il Jr ad esempio dovrai procurarti due SID da inserire negli appositi zoccoli, il K li emulerà alla perfezione (o quasi) dandoti un coloratissimo retrocomputer pronto all’uso con tanto di floppy esterno dedicato (anch’esso comprensibilmente con meccaniche non più prodotte per i PC moderni).

Colorato e funzionale

512Kb di RAM con possibilità di espansioni, anche su cartuccia vintage, possibilità di usare i SID emulati o due SID “in proprio”, il Foenix è un altro progetto destinato a “resuscitare l’era 8bit” ma con stile.

E per stile intendiamo un vero e proprio computer vintage, ma con tutto quello che avremmo chiesto ad una macchina vintage, come l’aggiornabilità e un ricco supporto odierno.

Costruisci anche tu il tuo IMSAI, in diretta da Wargames

Uno dei film più iconici della “cultura geek”, noto anche per il suo forte messaggio pacifista è Wargames – Giochi di guerra (1983), fuoriconcorso al Festival di Cannes.

Nella scena introduttiva che dà il via libera a tutto il giovane protagonista usa un computer abbastanza desueto anche per l’epoca, un IMSAI 8080 (prodotto nel 1975, spazzato via dall’arrivo del PET, del VIC20 e del Commodore 64) per effettuare il c.d. “Wardialing”, ovvero cercare di intrufolarsi nei computer incustoditi di una ditta di giochi per computer, la “Protovision” (nessuna relazione con questa) e rubare dei videogames innovativi.

Cosa più comune di quanto sembri, abbiamo visto.

Costruitelo anche voi comodamente a casa

Ma se volete un IMSAI adesso, potete costruirvelo con delle semplici istruzioni e un bel po’ di materiali.

Tanti materiali. Il necessario per ottenere un Intel 8080A a 2 MHz programmabile con coloratissimi switch a pannello frontale, memoria variabile da 256 byte fiino a 64Kb e, nella ricreazione moderna, il supporto per schede SD per sostituire gli ormai introvabili floppy del protagonista.

Non vi raccomandiamo di collegarvi ad un supercomputer per scatenare una Guerra Termonucleare Globale e imparare la futilità della guerra, ma se volete un tuffo nella nostalgia e siete disposti alla costruzione, fate pure.

Altrimenti con un po’ di fortuna potrete trovare usato un IMSAI Series Two, un PC moderno (o meglio, tanto moderno quanto poteva esserlo uno venduto fino al 2005) con possibilità di emulare l’IMSAI vintage.

Il Gigatron, un “puzzle per i nerd”

Se saldare non vi fa paura, e se non temete di dover perdere tempo ad inseguire le lucette colorate perché avete dimenticato di lavare bene il flussante dal retro della scheda che avete riempito di saldature o inseguire involontari ponticelli, il Gigatron fa per voi.

Parliamo di un computer senza CPU, o meglio con una CPU “tutta nuda”, ovvero composta da una serie di chip TTL (Transistor-transistor logic) che voi stessi salderete su una scheda madre debitamente annotata, con tutte le parti fornite nel puzzle, per poi inserire in un elegante case di legno (purtroppo non più fornito dai produttori, che ora rimandano alla vendita di kit terzi con la sola scheda madre…) col coperchio trasparente.

Se ti riesce è bellissimo. Altrimenti, tieni l’estintore pronto

Assemblandolo capirete come funzionava una CPU vintage ad 8bit, usandolo comprenderete l’esperienza del programare, lentamente ribattendo tutto su una tastiera (il Gigatron non ha memorie di massa) o usando un altro computer come terminale per “inzuccargli” programmi mediante un apposito adattatore.

Con un costo intorno ai 200 dollari potrete quindi provare l’emozione di assemblare il vostro microcomputer imparando sul campo come funzionano le CPU, vedendole dall’esterno, come evitare di bruciarvi le dita e come sopravvivere alla frustrazione di ogni progetto DIY dove anche solo una scoria tra un punto di saldatura e l’altro può negarvi la soddisfazione del funzionamento.

Lo Spectrum Next

Ultimo ma non ultimo, e di certo non ultimo per importanza è lo Spectrum Next.

Mi scuserete per il gioco di parole poco elegante, ma ci sono sicuramente altri progetti che mi sono sfuggiti e molti ne nasceranno mentre scrivo. Quindi anche se arrotonderò allo Spectrum Next, questo non significa che i “nuovi retro” si fermino qui, e non significa che il fatto che sia l’ultimo elencato lo renda il meno gradevole degli elencati, anzi.

Lo Spectrum Next riprende in un certo senso l’eterno derby tra Commodore 64 e ZX Spectrum giocato in molte case europee e riporta lo Spectrum a competere con Ultimate 64 e le citate ricostruzioni del Commodore 64.

Il primo una macchinetta ultraeconomica creata per un ceto di “Programmatori da camera da letto”, pronti a fare del loro meglio con qualcosa che costava molto, ma molto meno del Commodore 64, il secondo l’araldo dell'”Informatica domestica”, ma comunque più lussuoso rispetto al rivale.

Come lo Spectrum, ma nel futuro

Lo Spectrum Next nasce come clone di un clone brasiliano, originariamente sviluppato per essere ospitato negli stessi case dello ZX originale e delle sue varianti locali per poi “tornare in patria”, quando i programmatori Victor Trucco e Fabio Belavenuto si riunirono all’inglese Henrique Olifiers per riportare nel team il designer dello Spectrum originale Rick Dickinson.

Nonostante problemi nel Crowdfunding, piagato iniziamente da ragioni fiscali e attualmente dall’impossibilità per una ditta inglese di vendere prodotti a utenti in Russia e Bielorussia per motivi che tutti conosciamo e la crisi dei semiconduttori ancora in corso, un primo Kickstarter portò il prodotto finito nelle case dei finanziatori nel 2020 ed un successivo Kickstarter porterà nuovi prodotti sul campo.

A dicembre 2023 l’ultimo aggiornamento parlava propri della possibilità offerta dal secondo Kickstarter di avere veri imballaggi: dal punto di vista tecnico siamo di front ad uno ZX evoluto ricostruito mediante FPGA con una replica del processore Zilog80 a  3.5, 7, 14 o 28 MHz, audio su beeper o chip General Instrument AY-3-8910, video migliorato e la possibilità di usare tutti gli accessori Spectrum passati, compreso un normalissimo registratore a cassette con line in and out per caricare programmi da cassetta o una schedina SD, supporto per VGA ed HDMI, WiFi e quello che promette di essere lo ZX Spectrum rinato oggi in tempo per scontrasi con l’Ultimate 64 in un derby di risorti mediante FPGA.

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