“Reggio Emilia, via Magenta sul Lungo Crostolo. A 86 anni dorme su una panchina e noi accogliamo i clandestini”
Grazie a un nostro lettore possiamo correggere un’analisi pubblicata ieri, 18 settembre, su un’immagine pubblicata su Facebook.
86 anni via Magenta sul Lungo Crostolo… Reggio Emilia dorme su una panchina… accoglienza a clandestini… italiani a calci in c…
Parlavamo di indigenti web a caccia di click, e non possiamo che confermare l’appellativo dal momento che si sfrutta la tragedia di un uomo per arringare le folle contro i flussi migratori. Avevamo usato il tag “nessuna fonte” perché non veniva offerto alcun riscontro sull’uomo fotografato e messo sul piatto come Asso per giocare la carta dell’indignazione sulla sua pelle.
Tuttavia i nostri lettori (che ringraziamo) ci fanno notare che la storia dell’uomo è vera ed è riportata sulla stampa locale. Reggio Online, infatti, ci racconta la storia di un signore 80enne che dal 30 maggio ha subito lo sfratto dall’abitazione nella quale abitava da diversi anni.
Da quel giorno l’uomo vive su una panchina di via Venturi, una laterale di viale Magenta, che è poco distante dall’abitazione che ha dovuto lasciare. L’articolo presenta il caso:
[Vive su una panchina] al 30 maggio scorso, dopo essere stato sfrattato dall’abitazione nella quale ha vissuto per decenni. È seguito da tempo dai servizi sociali, ma rifiuta ogni aiuto. Con l’ausilio dei famigliari, ora si cerca una mediazione.
L’uomo, V., è nato a Marsala (TP) e vive a Reggio Emilia da 40 anni, dove ha lavorato come manovale e muratore. Dopo lo sfratto i servizi sociali gli hanno offerto un posto in una residenza protetta, ma l’uomo non vuole allontanarsi da quella zona così vicina alla casa che ha lasciato. I famigliari e i servizi stanno intensificando gli sforzi una mediazione con l’anziano per trovare la soluzione più vicina alle sue esigenze.
È dunque vero che un uomo, a Reggio Emilia, viva in una panchina dopo aver ricevuto lo sfratto dalla sua casa. L’anziano, finora, ha rifiutato le soluzioni offerte dai servizi sociali, che comunque si stanno impegnando insieme ai famigliari per trovare una sistemazione. I clandestini, dunque, non c’entrano: l’uomo sta rifiutando un aiuto, ma i servizi non vogliono demordere.
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