Probabilmente su alcune testate viene concesso agli autori di utilizzare l’autorevole piattaforma come un blog personale, e questo è quanto è accaduto alle 14:00 del 23 ottobre 2015 con un articolo pubblicato sul Giornale. Abbiamo qualcosa contro i blog personali? Giammai, ma su una testata ufficiale si dovrebbe, come prima regola, indicare coordinate spazio-temporali e istituzionali, offrire dei riferimenti che sappiano dare al lettore un’onestà d’informazione anziché un insieme di parole che si reggono sulle impressioni personali dell’autore.
Una vecchia pubblicazione – sì, sono passati 4 anni e ormai è uscito il nuovo album dei Tool, è passato del tempo – ritorna nelle nostre home: “Raccomandazione alle Questure: nascondete i crimini dei profughi“.
L’articolo si apre in questo modo:
La gogna non è uguale per tutti. Le Questure italiane, e i comandi dei carabinieri, hanno ricevuto una strana raccomandazione, un consiglio disceso da molto in alto, una sorta di velina a uso interno.
Continuando:
Se un profugo, un richiedente asilo, viene denunciato o addirittura arrestato mentre sta commettendo un reato non dovete raccontarlo a nessuno. Acqua in bocca. Omertà. Silenzio.
Una volta lette queste prime battute ci si aspetta che l’autore, nel continuare a scrivere, argomenti la notizia con dettagli e riscontri. Si rimane delusi, invece, nel constatare che i concetti espressi in questi primi due blocchi vengono diluiti ossessivamente per tutto il resto dell’articolo, senza arricchirsi con informazioni più dettagliate.
Pur forzando una ricerca di riscontri attraverso i più popolari motori web non si giunge ad alcuna fonte. Per fortuna, in un articolo pubblicato alle 8 di mattina dello stesso giorno – sempre fuorviante ma più dettagliato – Il Giornale riporta un riferimento al Testo Unico sull’Immigrazione, che l’autore dell’articolo interpreta con la stessa formula del primo articolo preso in analisi: alle forze dell’ordine è fatto divieto di fornire alla stampa informazioni sui crimini degli immigrati.
Falso. L’articolo pubblicato sul Giornale (ore 8) che poniamo in confronto con la segnalazione di apertura della nostra analisi (ore 14), inoltre, si contraddice nel testo con le parole del questore di Cuneo Giovanni Pepè (oggi questore di Varese):
Non esiste una norma scritta che imponga di non divulgare la notizia, si tratta semplicemente di una direttiva politica basata sul buon senso. Vengono cioè usate delle precauzioni in più nel caso in cui ad essere arrestato sia un rifugiato, solo perché rivelare il suo luogo di residenza, potrebbe mettere a repentaglio la sua incolumità e quella della sua famiglia. Sarà poi la Commissione territoriale che valuta le richieste a stabilire se il fatto di essere stato arrestato e magari un’eventuale condanna, possa determinare la non accettazione della richiesta.
Ripetiamo insieme: non viene vietata la divulgazione di notizie, bensì delle generalità di colui che commette il reato qualora questo si trovasse nello status di rifugiato. Divulgare la notizia? Sì. Diffondere le generalità del rifugiato che commette il reato? No, meglio di no, per la sua sicurezza e per quella della sua famiglia. La facciamo ancora più semplice: notizia sì, generalità no.
In chiusura, tuttavia, l’articolo pubblicato alle 8 di mattina sul Giornale (per intenderci, quello che dovrebbe essere più dettagliato) esplode l’ultima cartuccia:
Non esiste una circolare interna in cui viene richiesto di non rendere note le indagini se l’arrestato è un richiedente asilo – spiega un sindacalista torinese – ma ci viene caldamente suggerito, per non aumentare la tensione e allarmare maggiormente l’opinione pubblica, già esasperata dai disagi e dalla diffidenza dei profughi che hanno invaso le nostre città.
Perché fare il nome di un questore e non quello di un sindacalista? L’anonimo informatore, in ogni caso, nega una tale disposizione (e possiamo negarla tutti insieme, dopo aver letto il Testo Unico), ma riferisce che la cautela sull’informazione sui crimini degli immigrati viene “caldamente suggerita”. A chi? Il sindacalista appartiene a un sindacato di forze dell’ordine? Non ci è dato saperlo. All’uomo senza nome viene attribuita tale affermazione, ma anche in questo caso non si trovano riscontri in rete. Che sia un tentativo di contraddire le parole del questore Pepè con quelle di un secondo interpellato? Non ci è dato saperlo.
La stessa questione, del resto, era stata sollevata da VoxNews in un articolo in qui riprendeva le considerazioni di una giornalista su un solo caso, e si parlava di violenza sulle donne. Ne avevamo parlato nella nostra analisi.
Il 23 ottobre 2015 Il Giornale pubblicava due articoli che parlavano di un divieto delle questure di diffondere notizie sui crimini degli immigrati per non turbare l’opinione pubblica. Con riferimento al Testo Unico Sull’Immigrazione si riferiva che i rifugiati erano “protetti” dalla diffusione di notizie su loro eventuali crimini, ma un questore di Como smentiva l’affermazione e precisava che si evitava, semplicemente di diffondere le generalità dei rifugiati (ricordiamo, solo in presenza di reati) per tutelare la loro incolumità e quella delle loro famiglie.
Nient’altro. In un colpo finale l’articolista attribuiva a un sindacalista di Torino una seconda smentita sull’omertà delle notizie, ma scriveva che quest’uomo senza nome affermava che tale silenzio sui crimini degli immigrati veniva “consigliato” per non turbare l’opinione pubblica. Un dettaglio che non ha riscontri, ma che l’articolista pubblica per una lieve forzatura su un titolo che per brevità si chiama disinformazione. Nessuna fonte, attribuzioni inesistenti e distorsione di un Testo Unico.
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