Ci sono volte in cui, oggettivamente, è facile confondersi, e la tentazione di scoprire un OOPart, come il galleggiante assiro/bombola di ossigeno fa il resto.
Per OOPart intendiamo l’acronimo di “Out of Place Artifact”, oggetto fuori dal contesto.
Cose che sembrano provenire dal futuro, ma non lo sono.
La macro fotografica viene associata a presunti sommozzatori assiri, se non addirittura indiani.
Togliamo subito un elemento dall’equazione: si tratta di un soldato assiro.
E ovviamente, una sacca di pelle cucita sarebbe una bombola di ossigeno ben inefficiente: con la tecnologia dell’epoca sarebbe stato impossibile ad esempio caricarvi idonee miscele respiratorie o garantire la minima efficacia.
In realtà la spiegazione più accettata è che si tratti di un gonfiabile da nuoto.
Tipo la ciambella o i braccioli che compriamo ai bambini che stanno imparando le finezze del nuoto, o i giubbotti salvagente da indossarsi in caso di emergenza come ausilio al galleggiamento.
Il bassorilievo, custodito al British Museum, descrive l’attraversamento di un fiume, e solo per una questione artistica le figure sembrano immerse in acqua. In realtà ci sono soldati e carri che guadano e nuotano a pelo dell’acqua. Cosa che si può notare dalla presenza di un cavallo al di sotto del presunto sommozzatore.
E non ci risulta che esistano cavalli subacquei.
Secondo il Politecnico di Milano, l’otre gonfiato rappresenta uno dei primi dispositivi pneumatici, usato singolarmente per consentire al soldato un agevole attraversamento senza doversi liberare di armi e armature (che potevano essere inserite in un otre), o unite in “keleks”, primitive zattere ottenute legando pezzi di legno ai gonfiabili stessi.
E non è la prima volta che compare una ricostruzione dell’uso assiro di costruire galleggianti con otri.
Uso invalso peraltro in altre civiltà antiche, come nell’antica Svezia fino al Rinascimento inoltrato.
Ancora nel 1500 svedese infatti comparivano in letteratura richiami all’uso tradizionale di usare otri gonfi d’aria, o vesciche animali, come versione poco costosa e diffusa degli odierni galleggianti.
Ancora fino al 1800 il partecipante ad un concorso di saggi sull’arte dell’insegnamento della disciplina del nuoto all’infanzia decise di presentare un testo in cui decantava le lodi delle vesciche di toro gonfie d’aria da usarsi come noi useremmo i braccioli, da piazzarsi sul petto (probabilmente sotto le ascelle), venendo denigrato dagli altri partecipanti che preferivano qualcosa che insegnasse ai bambini a non diventare “schiavi del galleggiante”.
Comunque, la pelle animale cucita in otri e la vescica animale compaiono in diverse culture come prototipo e antenato del moderno galleggiante in gomma e plastica.
Il meccanismo è anche alla base del “survival hack”, o “trucco di sopravvivenza” per cui un individuo alla deriva senza idonei dispositivi di galleggiamento può usare i propri vestiti annodati come “sacche d’aria” per cercare di aiutarsi.
E questa è la spiegazione più accurata del bassorilievo del nuotatore assiro.
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