Questi sono i turchi che vogliono entrare in Europa è quel genere di bufala rilevante per due ragioni. Per prima cosa, evidenzia come un video truculento e decontestualizzato possa essere usato per esprimere tutto ed il contrario di tutto. Per seconda ragione ci dimostra che dopo il giro di vite di Facebook contro bufale e stumentalizzazioni, i viralizzatori si spostano su altri lidi.
Abbiamo ricevuto segnalazioni di bufale apparse su VKontakte, WhatsApp, Telegram. Laddove è possibile creare gruppi chiusi, si crea un sostrato di chat carbonare a trazione bufalara, basate sul tacito patto condividi e fai girare!
Sperando che non si arrivi mai al Fact Checker. Ma noi ci siamo sempre, ovunque.
Il messaggio che ci è stato inoltrato era accompagnato dalla dicitura NSFW, not safe for work. I contenuti sono davvero forti, per questo non vi linkeremo il video. Abbiamo lasciato il fact checking al nostro articolista più determinato e caparbio, ma anche lui ha avuto enormi problemi ad arrivare alla fine del video senza vomitare.
Possiamo aggiungere una trascrizione dell’audio, tradotta dal Turco
Soldato 1: “[Turgut Kurtçu,] Efe Osman Apaydın , ora siete stati vendicati”
Soldato 2: “Riposi in pace”
Soldato 1: “Scatta, scatta!”
Soldato 3: “Scusa, stai per caso mandando le foto con WhatsApp?”
Soldato 1: “Non ti azzardare a usare WhatsApp!!”
Soldato 4: “Bluetooth, è bluetooth.”
Soldato 1: “Trasmissione da dispositivo a dispositivo.”
Soldato 5: “Sicuramente, meglio.”
Ovviamente gravemente disattesa, dato che è evidente che ci sia stato un ulteriore soldato che ha ripreso la scena con un secondo cellulare senza seguire le istruzioni del Soldato 3 e del Soldato 1.
Come al solito, parliamo della viralizzazione tipica del patriota da tastiera, colui che a parole si ritiene in grado di compiere grandi gesta per difendere onorare la Patria.
Ma anche colui il cui titanico sforzo si esaurisce nel premere “inoltra e condividi” su link di cui ignora il significato, tronfio di aver risollevato di destini dell’umanità con due secondi di click per tornare ad una vita di bufale e ignavia, bufale e ignavia.
Esaminiamo infatti il testo: la cui analisi preliminare spetta al maestro Jedi Luke Skywalker
Ogni parola di quello che hai detto è sbagliata, riporta la nostra immaginetta con buona ragione.
Sapete cosa cosa manca assolutamente in quel video? La presenza dei profughi in fuga dalla Turchia.
Nessuno dei personaggi raffigurati nel video, sia i vivi che i morti, hanno mai avuto intenzione di lasciare la Turchia. Ma mai nella loro vita.
Infatti il video, assai macabro, rappresenta dei soldati Turchi intenti a decapitare i cadaveri di soldati Curdi del PKK, nel 2017, come ultimo sfregio dopo averli sconfitti e (evidentemente) uccisi sul campo di battaglia.
I profughi di cui si parla in questi giorni sono invece profughi Siriani, persone che si sono trovate loro malgrado nel mezzo del conflitto, ed alle quali il conflitto ha distrutto la vita.
Ma prima, partiamo dalle basi.
Quelli che si vedono nel video sono Turchi. Sono soldati Turchi che vilipendono i cadaveri di soldati del PKK come rappresaglia per la morte di due di loro.
I profughi di cui si parla tanto in TV sono Siriani. Profughi Siriani. Non parte dell’esercito Turco, neppure Turchi. Siriani, civili, presi in mezzo dal conflitto
decine di migliaia di civili sono in fuga dal Nord della Siria, secondo le informazioni dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che chiede alle parti di “aderire al diritto internazionale umanitario, incluso permettere l’accesso alle agenzie di aiuto”. “Centinaia di migliaia di civili nel nord della Siria sono ora in pericolo. I civili e le infrastrutture civili non devono essere un obiettivo”, ha affermato in una nota l’Alto commissario, Filippo Grandi. L’Unhcr sottolinea l’urgenza di avere un accesso umanitario senza ostacoli per poter raggiungere i nuovi sfollati e aiutarli ovunque ciò sia necessario. Le organizzazioni umanitarie devono essere in grado di continuare a svolgere il loro lavoro critico in Siria.
Sostanzialmente, si tratta dell’ennesimo braccio di ferro sulla pelle dei migranti, la prova che il dramma del Sovranismo è che, per quanto ogni sovranista riconosca nell’altro un potenziale alleato, l’intero Sovranismo può essere riassunto nella frase “Ognuno per sé, Dio per tutti”.
Nasce tutto nel 2016, quando tra l’Unione Europea e la Turchia fu stretto un accordo per trattenere le masse di profughi afflitte dal conflitto sanguinoso di cui quello che abbiamo visto è solo una scheggia di orrore che la popolazione civile di quelle terre vede ogni giorno.
Francamente, anche voi se viveste in un posto dove la gente si decapita per conflitti ed odi atavici fuggireste a gambe levate il più lontano possibile, lasciando i proclami di eroismo da tastiera a casa.
Come riporta il Post
Nel 2016 l’Unione Europea e la Turchia strinsero un accordo (criticato e considerato molto controverso dagli esperti di diritto internazionale) che in sostanza vincolava la Turchia a fermare le partenze dei migranti in cambio di aiuti economici per 6 miliardi di euro. Quell’accordo sta diventando sempre più fragile: da mesi la Turchia chiede all’UE più soldi per gestire i migranti, soprattutto i siriani, e alcuni osservatori temono che il governo turco possa cercare di garantirsi una copertura per l’operazione militare nel nordest della Siria – che serve soprattutto ad allontanare i curdi dai territori guadagnati in questi anni – minacciando l’Unione Europea di rompere l’accordo del 2016. Il timore è ormai più che un timore, ad ascoltare la Turchia: «Se proverete a definire questa operazione militare una “invasione”, apriremo le porte e vi manderemo 3,6 milioni di rifugiati», ha detto giovedì mattina il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan parlando a un comizio.
Siamo, sostanzialmente, di fronte al Sovranismo nella forma più pura: uno Stato stringe un accordo con l’Unione Europea per gestire il flusso migratorio, ma ad un certo punto decide che i migranti non solo sono un problema, ma il capro espiatorio e la fonte presunta di ogni problema.
Continua infatti il Post, cui vi rimandiamo
Negli ultimi mesi Erdoğan ha sfruttato il malcontento e le difficoltà nell’integrare i rifugiati siriani per incolparli implicitamente della crisi che sta attraversando l’economia turca da almeno un anno, e delle sue conseguenze concrete come l’enorme aumento del tasso di disoccupazione. «I funzionari turchi stanno inasprendo i controlli sui siriani che lavorano o risiedono illegalmente in Turchia», ha scritto il New York Times, e nel frattempo «i giornali filogovernativi sono diventati sempre più critici nei confronti dei siriani, i padroni di casa hanno aumentato gli affitti e i social network sono pieni di commenti anti-siriani». In alcune città sono iniziate delle prove di deportazione: le autorità locali costringono alcuni rifugiati siriani a salire su dei pullman e li depositano nei pressi della città turca di Kilis, al confine con la Siria.
In questo quadro, già diverse settimane fa Erdoğan aveva annunciato l’intenzione di trasferire circa un milione di rifugiati siriani in una “zona cuscinetto” attualmente occupata dai curdi siriani, così da ottenere due obiettivi strategici con una sola operazione. Il primo era allontanare i curdi dal cosiddetto Rojava, una zona dove negli ultimi anni erano riusciti a ottenere una certa autonomia per via dell’opposizione che avevano portato avanti nei confronti dello Stato Islamico (o ISIS). I curdi siriani da anni combattono una guerra armata contro la Turchia per ottenere uno stato indipendente su un territorio che comprende anche parte dell’odierna Turchia. Il secondo era trasferire in una zona delimitata – si parla di un corridoio profondo circa una trentina di chilometri – una parte dei siriani arrivati durante la guerra civile, nella speranza che la Turchia non debba più occuparsene.
Riattivando così un conflitto che, ricordiamo ovviamente si consuma in questi giorni e non nel 2017, ovviamente non vede i profughi siriani soggetto, ma oggetto delle brutalità e vede un incremento degli astii antisiriani in Turchia.
Culminato nel piano di spostare i rifugiati siriani in una zona occupata dai curdi, potenzialmente aggiungendo sangue al sangue.
«Immagina di essere un rifugiato siriano che vive in Turchia. C’è il rischio che un giorno sarai trasferito nel nordest della Siria: è un fattore che potrebbe generare un nuovo flusso verso l’Europa», ha detto ieri Jean Asselborn, il ministro degli Esteri del Lussemburgo.
E aggiungi che, da profugo siriano, attualmente vivi in una Turchia convinta che, nonostante i fondi europei stanziati per la tua assistenza, la tua presenza sia un peso per i Turchi che, dopo aver varcato il mare per cercare di fuggire da un sentimento ostile e da un conflitto aperto… incontri persone armate di smartphone pronte a riversarti addosso quella stessa ostilità da cui fuggi senza ragione apparente.
E niente, questa è la tragedia del Sovranismo quando esso da politico diventa digitale e da tastiera.
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