Bufala

Quando il 25 Aprile era Fascista: i comunisti oltraggiano Marconi

Ci segnalano i nostri contatti un articolo di un blog (archiviato qui) che esordisce con la tesi per cui il 25 Aprile era Fascista. Non lo riporteremo per intero, non ve ne è bisogno, ma riporteremo l’estratto che sta facendo il giro della Rete. Complice, naturalmente, un certo ritorno in moda di nostalgie e totalitarismi in rete.

Dalla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Italia non celebra più la nascita di Marconi ma la festa di Liberazione. Eppure la Resistenza fu un periodo storico ben delineato temporalmente. Iniziò ufficialmente l’8 settembre 1943 con la firma dell’armistizio da parte di Badoglio e terminò il 2 maggio 1945 con la caduta di Berlino e la fine della Guerra. Che c’entra dunque il 25 aprile con la Liberazione?

Nulla. Semplicemente il partito comunista aveva messo in pieni una propaganda anti Marconi. I comunisti dalle colonne dell’Unità sostenevano che la radio fossa stata inventata dal fisico russo Popov, contemporaneo di Marconi che stava effettuando gli stessi esperimenti. Marconi era fascista e il partito comunista non poteva permettere l’esistenza di una festa dedicata a un fascista. Il genio di Marconi venne così tradito e la sua memoria storica dimenticata.

Insomma, la teoria è così chiara che non abbiamo abbastanza mani per fare facepalm.

Secondo il testo che ci viene sottoposto, i comunisti, in collaborazione con l’Uomo Veramente Cattivo che compare in tutte le teorie del complotto hanno deciso di far dispetto a Marconi.

Per questo, in collaborazione con Popov avrebbe inventato il 25 Aprile per far dispetto alla scienza Italiana.

Il solito Uomo Veramente Cattivo, intento con Popov che sbuffa sbuffa per un po’ alle spalle a riscrivere la storia…

Tutto questo richiede un certo approfondimento, ma partiamo dall’inizio: chiunque abbia studiato seriamente educazione civica, sa che la teoria non regge.

Perché i comunisti festeggiano la Liberazione il 25 Aprile?

Taci! Sei un Italiano, se ritieni di essere degno di tale nome dovresti festeggiare anche tu il momento fondante della democrazia moderna. Altrimenti, lapalissiano, tu denigri e disprezzi il tuo stesso popolo.

Finita questa doverosa premessa, che dimostra come proprio chi ama definirsi “sovrano” spesso non ha il minimo rispetto per la storia del suo popolo, il 25 Aprile è la data in cui il compianto Sandro Pertini pronunciò delle solenni parole, destinate a passare alla storia, con cui chiamò all’Insurrezione verso l’ostile invasore nazifascista il Popolo Italiano tutto.

Il 19 aprile i partigiani, comandati dal comunista Barontini, dopo sanguinosi scontri col nemico, liberarono Bologna, che venne definitivamente strappata al nemico il 21 aprile, con l’appoggio delle truppe alleate. La mattina del 24 aprile il Comitato di liberazione nazionale decretò l’inizio dello sciopero generale e dell’insurrezione. La stazione radio di “Milano libera” trasmise questo messaggio: “Il Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia invita all’insurrezione in tutte le città e le province, per cacciare gli invasori e i loro alleati fascisti, e per porre le basi di una nuova democrazia, che sarà l’espressione della volontà popolare”.

Il popolo italiano aderì con slancio all’appello. Il 25 aprile i partigiani e gli operai di Milano conquistarono la città. La vittoria fu rapida e totale: il nemico, che sperava di conservare la città come ultimo, importante caposaldo, fu colto alla sprovvista e non poté contare sull’ appoggio della guarnigione fascista.

Alla vigilia dell’insurrezione, per cercar di impedire l’attacco dei partigiani, Mussolini si incontrò con i rappresentanti del Comitato di liberazione nazionale, ma quando seppe che i nazisti, a sua insaputa, da lungo tempo conducevano le trattative per la capitolazione con il comando alleato, scomparve dal palazzo del cardinale Schuster, dove avveniva l’incontro, e insieme ai principali esponenti fascisti cercò di mettersi in salvo.

Proprio il Pertini che coloro che invocano a gran voce che il 25 Aprile era Fascista amano descrivere come un bruto, un violento quadrumane che si esprime a rutti e inviti gutturali a picchiare gente con mazze e pietre, ispirò un popolo che già aveva cominciato dall’Armistizio in poi la dura lotta contro il nazifascismo a rovesciarne per sempre le vestigia.

Potrete trarre giovamento dalle parole di Sandro Pertini, commosso nel ricordare quel giorno ancora nel 1970, che ci vi riporteremo qui di seguito. Prima, dovreste ascoltare il fatidico comunicato di Pertini, che vi riportiamo qui in basso.

Fatto? Ora siete pronti a leggere la trascrizione delle memorie di Pertini

Qui vi sono uomini che hanno lottato per la libertà dagli anni ’20 al 25 aprile 1945. Nel solco tracciato con il sacrificio della loro vita da Giacomo Matteotti, da don Minzoni, da Giovanni Amendola, dai fratelli Rosselli, da Piero Gobetti e da Antonio Gramsci, sorge e si sviluppa la Resistenza. Il fuoco che divamperà nella fiammata del 25 aprile 1945 era stato per lunghi anni alimentato sotto la cenere nelle carceri, nelle isole di deportazione, in esilio. Alla nostra mente e con un fremito di commozione e di orgoglio si presentano i nomi di patrioti già membri di questo ramo del Parlamento uccisi sotto il fascismo: Giuseppe Di Vagno, Giacomo Matteotti, Pilati, Giovanni Amendola; morti in carcere Francesco Lo Sardo e Antonio Gramsci, mio indimenticabile compagno di prigionia; spentisi in esilio Filippo Turati, Claudio Treves, Eugenio Chiesa, Giuseppe Donati, Picelli caduto in terra di Spagna, Bruno Buozzi crudelmente ucciso alla Storta.
I loro nomi sono scritti sulle pietre miliari di questo lungo e tormentato cammino, pietre miliari che sorgeranno più numerose durante la Resistenza, recando mille e mille nomi di patrioti e di partigiani caduti nella guerra di Liberazione o stroncati dalle torture e da una morte orrenda nei campi di terminio nazisti.
Recano i nomi, queste pietre miliari, di reparti delle forze armate, ufficiali e soldati che vollero restare fedeli soltanto al giuramento di fedeltà alla patria invasa dai tedeschi, oppressa dai fascisti: le divisioni ”Ariete” e ”Piave” che si batterono qui nel Lazio per contrastare l’avanzata delle unità corrazzate tedesche; i granatieri del battagione ”Sassari” che valorosamente insieme con il popolo minuto di Roma affrontarono i tedeschi a porta San Paolo; la divisione ”Acqui” che fieramente sostenne una lotta senza speranza a Cefalonia e a Corfù; i superstiti delle divisioni ”Murge”, ”Macerata” e ”Zara” che danno vita alla brigata partigiana ”Mameli”; i reparti militari che con i partigiani di Boves fecero della Bisalta una roccaforte inespugnabile.
Giustamente, dunque, qundo si ricorda la Resistenza si parla di Secondo Risorgimento. Ma tra il Primo e il Secondo Risorgimento protagoniste sono minoranze della piccola e media borghesia, anche se figli del popolo partecipano alle ardite imprese di Garibaldi e di Pisacane. Nel Secondo Risorgimento protagonista è il popolo. Cioé guerra popolare fu la guerra di Liberazione. Vi parteciparono in massa operai e contadini, gli appartenenti alla classe lavoratrice che sotto il fascismo aveva visto i figli suoi migliori fieramente affrontare le condanne del tribunale speciale al grido della loro fede.
Non dimentichiamo, onorevoli colleghi, che su 5.619 processi svoltisi davanti al tribunale speciale 4.644 furno celebrati contro operai e contadini.
E la classe operaia partecipa agli scioperi sotto il fascismo e poi durante l’occupazione nazista, scioperi politici, non per rivendicazioni salariali, ma per combattere la dittatura e lo straniero e centinaia di questi scioperanti saranno, poi, inviati nei campi di sterminio in Germania. ove molti di essi troveranno una morte atroce.
Saranno i contadini del Piemonte, di Romagna e dell’Emilia a battersi e ad assistere le formazioni partigiane. Senza questa assistenza offerta generosamente dai contadini, la guerra di Liberazione sarebbe stata molot più dura. La più nobile espressione di questa lotta e di questa generosità della classe contadina è la famiglia Cervi. E saranno sempre i figli del popolo a dar vita alle gloriose formazioni partigiane.
Onorevoli colleghi, senza questa tenace lotta della classe lavoratrice – lotta che inizia dagli anni ’20 e termina il 25 aprile 1945 – non sarebbe stata possibile la Resistenza, senza la Resistenza la nostra patria sarebbe stata maggiormente umiliata dai vincitori e non avremmo avuto la Carta costituzionale e la Repubblica.
Protagonista è la classe lavoratrice che con la sua generosa partecipazione dà un contenuto popolare alla guerra di Liberazione.
Ed essa diviene, così, non per concessione altrui, ma per sua virtù soggetto della storia del nostro paese. Questo posto se l’è duramente conquistato e non intende esserne spodestata.
Ma, onorevoli colleghi, noi non vogliamo abbandonarci ad un vano reducismo. No. Siamo qui per porre in risalto come il popolo italiano sappia battersi quando è consapevole di pattersi per una causa sua e giusta; non inferiore a nessun altro popolo.
Siamo qui per riaffermare la vitalità attuale e perenne degli ideali che animarono la nostra lotta. Questi ideali sono la libertà e la giustizia sociale, che – a mio avviso – costituirono un binomio inscindibile, l’un termine presuppone l’altro; non può esservi vera libertà senza giustizia sociale e non si avrà mai vera giustizia sociale senza libertà.
E sta precisamente al Parlamento adoperarsi senza tregua perché soddisfatta sia la sete di giustizia sociale della classe lavoratrice. La libertà solo così riposerà su una base solida, la sua base naturale, e diverrà una conquista duratura ed essa sarà sentita, in tutto il suo alto valore, e considerata un bene prezioso inalienabile dal popolo lavoratore italiano.
I compagni caduti in questa lunga lotta ci hanno lasciato non solo l’esempio della loro fedeltà a questi ideali, ma anche l’insegnamento di un nobile ed assoluto disinteresse. Generosamente hanno sacrificato la loro giovinezza senza badare alla propria persona.(…) Non permetteremo mai che il popolo italiano sia ricacciato indietro, anche perché non vogliamo che le nuove generazioni debbano conoscere la nostra amara esperienza. Per le nuove generazioni, per il loro domani, che è il domani della patria, noi anziani ci stiamo battendo da più di cinquant’anni. Ci siamo battuti e ci battiamo perché i giovani diventino e restino sempre uomini liberi, pronti a difendere la libertà e quindi la loro dignità. Nei giovani noi abbiamo fiducia”

Cosa c’entra il 25 Aprile quindi? Se non vi fidate di noi, potete chiederlo a Sandro Pertini.

Perché Sandro Pertini c’era. Perché le parole di Sandro Pertini dimostrano che l’Italia nasce da quell’appello, punto d’arrivo della Ventennale lotta del libero cittadino contro la dittatura e riscatto contro l’invasore nazifascista.

Nasce, alla faccia di un 25 Aprile era Fascista, da un 25 Aprile trionfo degli Italiani oppressi dal Fascismo, la nuova fiamma di una insurrezione che ha rovesciato l’invasore, il momento in cui un popolo schiacciato dalla dittatura ha ritrovato per un fulgido istante unità nazionale e si è ricomposto intatto pronto a scacciare e far fuggire l’invasore e chi ciecamente gli obbediva.

Ma Popov?

Ma Popoff
sbuffa, sbuffa e dopo un po’
gli si affonda lo stivale
nella neve e resta li.

Scherzi a parte, è vero che vi fu una controversia tra Marconi e Popov, o meglio tra Marconiani e Popoviani sulla paternità della Radio… risolta però dallo stesso Popov.

Il quale

Il 17 luglio 1902, durante la campagna radiotelegrafica della Regia Nave Carlo Alberto, nella base navale russa di Kronstadt – al largo di San Pietroburgo – il professor Alexandr Popov salì a bordo per rendere omaggio a Marconi; queste furono le sue parole: «Ho il piacere di salutare il Padre della Telegrafia senza Filo».
Marconi gli strinse calorosamente la mano; lo fece scendere nella cabina dell’ammiraglio e gli pose alcune domande sui suoi esperimenti.

Successe, insomma, quello che succede in ogni sport, e-sport ed occasione competitiva: i due “rivali”, scienziati di due mondi diversi e di idee, anche politiche, diverse, con una stretta di mano risolsero le loro controversie e calorosamente e sportivamente cominciarono a discutere come vecchi amici.

I loro rissosi fanboy continuano a picchiarsi in curva ancora oggi.

Come sempre accade in queste occasioni: la querelle si trascinò a lungo: e lo fa ancora adesso con risultati grotteschi, vediamo.

Ma i Comunisti hanno tolto la celebrazione di Marconi…

Come abbiamo dimostrato, ipotizzare che Sandro Pertini abbia lanciato il suo celebre appello radiofonico il 25 Aprile proprio per far dispetto all’inventore della Radio ricade nel complottismo più truce.

Ma, attenzione La legge nr. 276 del 28/3/1938: “Il giorno 25 aprile è anniversario della nascita di Guglielmo Marconi, è dichiarato, a tutti gli effetti, giorno di solennità civile” è stata abrogata con il Decreto-legge 22 dicembre 2008, n. 200 “Misure urgenti in materia di semplificazione normativa” pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 298 del 22 dicembre 2008 – Suppl. Ordinario n. 282/L

Ed è la stessa pagina Radio Marconi a mettere ordine nella questione

Il 22 settembre 1948, al Senato della Repubblica, nella riunione della I Commissione degli Affari della Presidenza del Consiglio e dell’Interno, l’onorevole Piero Montagnani, senatore per il PCI nella circoscrizione di Milano, afferma di concordare con il progetto del governo circa il mantenimento della distinzione tra feste nazionali, giorni festivi a tutti gli effetti civili e solennità civili. Tuttavia ritiene che sarebbe opportuno includere il 25 aprile (anniversario della Liberazione) non già tra i giorni festivi, bensì tra le feste nazionali, essendo questa la data che ha condizionato e creato i presupposti di tutto il successivo evolversi della vita democratica italiana. L’onorevole Piero Montagnani, nella riunione del 30 settembre della stessa commissione, ritorna sul problema ed osserva inoltre che: «l’art. 1 del disegno di legge prevede una festa nazionale e, precisamente, il 2 giugno, festa della Repubblica. In linea subordinata e qualora si volesse accedere al principio della pluralità delle feste nazionali, riterrebbe indispensabile includervi anche il 25 aprile, anniversario della Liberazione, poiché questo giorno rappresenta il punto di arrivo della ultraventennale lotta del popolo italiano contro la dittatura fascista ed al tempo stesso il punto di partenza di tutta la successiva storia d’Italia, che ha reso possibile l’evento del 2 giugno. D’altra parte l’inserire il 25 aprile nella categoria dei giorni festivi, a tutti gli effetti civili, potrebbe assumere l’aspetto di una diminuzione dell’importanza di tale ricorrenza, in quanto per gli anni 1946 e 1947 fu dichiarata Festa Nazionale».

Il che porta il testo esaminato ad essere una vera e propria fake news: a meno che di non voler considerare Silvio Berlusconi nuovo capo dei Comunisti Italiani e leader della Resistenza.

Il che ci porta alla conclusione dell’analisi della teoria per cui il 25 Aprile era Fascista…

La parola al nostro esperto Jedi Luke Skywalker

Come dubitarne?

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