Quando fate il tampone e risultate positivi chiedete quale Coronavirus, ma anche no
“Quando fate il tampone e risultate positivi chiedete quale Coronavirus avete”: questa fake news oggi compie due anni e un mese e ce la ritroviamo davanti come se fossimo ancora agli esordi della Pandemia.
Due anni e non sentirli, con la costante propaganda novax che martella incessantemente.
Quando fate il tampone e risultate positivi chiedete quale Coronavirus, ma anche no
L’assunto del testo è semplice nella sua assurdità complottista: siccome il PCR (che è un tipo di test molto selettivo, e come vedremo, preciso anche fin troppo per quanto richiesto) secondo l’autore dell’assunto non è abbastanza, chi risulta positivo a COVID19 potrebbe essere positivo alla SARS o alla MERS.
A ben vedere la cosa è insensata: se fosse possibile scoprire col test rapido COVID di essere positivi alla MERS, una malattia nota per essere scarsamente contagiosa ma assai più mortale di COVID19, sarebbe giustificata una nuova serie di lockdown.
Se trovassi la SARS “originale” cercherei di contenere il ritorno di un flagello che temevamo fosse ammansito e domato.
SARS ha infatti un tasso di mortalità del 10%, MERS ha ucciso 881 persone su 2494 contagiate.
Quindi se il vostro tampone rilevasse il contagio della MERS avreste un enorme problema.
E in ogni caso l’influenza comune (in alcune condivisioni confusa col raffreddore) non farà scattare il test.
Come funziona il test PCR (e perché non è il sierologico)
Il PCR è sostanzialmente il Tampone.
Il PCR si basa su un processo chiamato “amplificazione genica”.
Il PCR, dove PCR sta per “Polymerase Chain Reaction” si basa sull'”amplificazione genica”
Quando si raccoglie col tampone il campioncino di cellule e altre “robette” dal vostro naso, questo viene messo in una provetta assieme a degli enzimi “stampino” in modo da essere replicato in gran numero.
Il DNA, o nel caso di SARS-CoV-2 l’RNA è unico. La “Foto segnaletica” del virus, le impronte digitali del corpo, mappate con una fortissima precisione.
Il processo, ci ricorda la Mayo Clinic, è esponenziale: da pochi esemplari si arriva presto a molti esemplari, che diventano moltissimi. Ne basta anche uno solo perché si passi da due a quattro, da quattro a otto, da otto a sedici e così via.
Capirete come le parole di Burioni ora abbiano senso: è un test così preciso che ti dice se hai in corpo anche poche molecole presenti.
Potresti non essere più infettivo, ma siccome al contrario dei Coronavirus citati a sproposito dalla bufala il danno di SARS-CoV-2 è proprio essere immondamente infettivo, è meglio fare due tamponi di fila ad una certa distanza di tempo che rischiare di contagiare gente.
Il sierologico
Il sierologico è un test di cui abbiamo già più volte parlato, un “test rapido” basato sulla Cromatografia.
Come potrete leggere dalla spiegazione fornita in link, il campione dovrebbe scorrere lungo una membrana di nitrocelluosa, reagendo con alcuni punti di essa per formare le linee.
Si tratta di “cromatografia”: spiegato in modo semplice, anche con le piccole licenze narrative del caso, il meccanismo non è affatto diverso dal giochino che molti di noi, più creativi, facevano da bambini con un pennarello e un foglio imbevuto di alcol.
Premendo un pennarello colorato su un foglio di carta, i colori si infiltreranno nel foglio, specialmente se questo è imbevuto di alcol, seguendone tutto il profilo.
Ma se invece, come abbiamo appurato con l’aiuto di un nostro affezionato lettore perito in materia (che ringraziamo), immergeremo o bagneremo con alcol una riga fatta con un pennarello nero, otterremo la scissione in diversi colori, perché il foglio bagnato di alcol non solo “guida” la tintura, ma la scinde.
L’analisi cromatografica funziona così: un campione di sangue, l’analita, viene guidato nel test mediante un “solvente”, il buffer.
Come i diversi pigmenti in un pennarello hanno diverse componenti che si spostano lungo la macchia di alcol in modo diverso (diversa velocità di eluizione), i diversi antigeni arrivano fino alle linee.
Il test quindi scompone il sangue in alcune sue componenti, per legare agli antigeni solo quelle che ci servono, evidenziandole.
Ci saranno dunque due linee: una sempre presente che reagisce alla presenza della soluzione di analisi, allo scopo di dirti se hai messo abbastanza “sostanza” nel pozzetto, l’altra presente solo se sei positivo a SARS-CoV-2 che rileva la presenza dello stesso.
Quante possibilità ci sono che facendo il test per il COVID19 scopra di avere l’influenza?
Nessuna: come avrete notato dalla foto, e come leggerete in questo articolo (cliccare qui), i tamponi rapidi contro l’influenza stagionale usano la stessa soluzione di analisi (il buffer), ma nello stesso “corpo di plastica” ci sono due strisce che reagiscono ad antigeni diversi. E questo è il meccanismo del test combinato.
Se la teoria espressa nel post che ci è stato segnalato fosse vera, non avremmo bisogno della “cassettina di test con due strisce”.
Basterebbe una striscia sola, con evidente risparmio di economia di produzione e tempo e potremmo diagnosticarci malattie diversissime con antigeni diversissimi.
Ma così non è, dato che la singola striscia cattura il singolo antigene.
Quante possibilità ci sono che facendo il test per il COVID19 scopra di avere la MERS?
Le stesse, direi, che facendoti prendere le impronte digitali in commissariato l’agente Zenigata vi salti addosso urlando che voi siete il pericoloso ladro Lupin III.
Semplicemente, l’RNA di SARS-CoV-2 e quello di MERS sono simili come quelli di due parenti non troppo distanti, ma non così simili da far scattare un test di tale precisione.
E PCR e Sierologico non sono neppure lo stesso test, quindi state facendo confusione e basta.
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