Parlando della rubrica retro, che ricordiamo non copre solo videogames ma anche altri esempi di intrattenimento geek, abbiamo toccato Lamù come uno dei capisaldi delle fantasie dei ragazzini anni ’80.
Classe 1978, se partiamo dal manga, 1984 se partiamo dall’anime, che noi abbiamo visto sulle emittenti locali in pari data. Cosa che rende oggettivamente una delle prime “pin-up” a fumetti del lettore retro di questa rubrica una quarantenne giusto quest’anno (dato che per gli spettatori italiani il primo contatto fu con l’anime: il manga non arrivò prima del 1991).
Una serie non priva di qualche mistero, qualche cambio di rotta in corsa, e che ha recentemente avuto un reboot pubblicato su Amazon Prime Video (Urusei Yatsura: All Stars, ovvero Lamù e i Casinisti Planetari) che, di fatto, aumenta la fedeltà col materiale originale, almeno nell’aspetto fisico dei personaggi e nel titolo.
Partiamo proprio da questo.
Avete presente la “sindrome di Fonzie”?
Non è una malattia: è quello che accade quando in una sitcom o una serie animata introduci un personaggio così di successo, il c.d. “Breakout character”, il “personaggio che sfonda o spacca”, e quanto tale personaggio buca lo schermo così tanto che scavalca tutto il resto del cast.
L’esempio tipico è Fonzie in Happy Days (1974). Fonzie arriva nella serie come personaggio minore, ma a causa dell’immenso carisma di Henry Winkler già dalla seconda stagione in poi Fonzie diventa dapprima il miglior amico della famiglia Cunningham (i protagonisti “previsti” della serie) per poi diventare l’assoluto protagonista con la serie che evolve (o devolve, vedi il successivo topos del “salto dello squalo”) nei protagonisti di un tempo diventati sfondo delle sempre più esagerate avventure di Fonzie, come saltare squali in motoscafo e organizzare surreali avventure.
Lamù è entrata in scena nello stesso identico modo.
Basta pensare al titolo originale della serie, Urusei Yatsura, ovvero “I Casinisti della stella Uru”, tradotto nella serie del 2022 con “Lamù e i Casinisti Planetari”.
Il protagonista “legittimo” della serie era Ataru Moroboshi, ragazzo della middle class impoverita Giapponese, tema assai caro all’autrice Rumiko Takahashi (che nella serie romantica Maison Ikkoku, in italiano Cara dolce Kyoko pose al centro Godai il “ronin”, studente liceale bocciato agli esami di ingresso all’università, di ridotte disponibilità economiche e desideroso di rimettersi in sesto, laurearsi, lavorare e coronare il suo sogno d’amore).
Ragazzo colpito da un elemento sci-fi mistico: la sua conclamata sciagura che, unitamente ad una condotta moralmente deprecabile (Ataru viene descritto come un impenitente donnaiolo, uno studente pigro e svogliato come il Nobita di Doraemon, fidanzato con una compagna di classe manesca incline a ricambiare i suoi tradimenti con colpi di banco in faccia…) attrae su di lui ogni genere di sciagura incarnata dai “casinisti planetari”, un vero e proprio esercito di alieni ispirati ai miti ed alle leggende del Giappone pronti a rovinargli la vita.
Nel primo episodio compare uno di questi alieni
Siamo pur sempre negli anni ’70: una topica comune nel fumetto dell’epoca è che esso in qualche modo doveva riflettere la realtà. Rumiko Takahashi,, già allieva di Kazuo Koike e Ryōichi Ikegami, aveva già scritto storie brevi dove improbabili esseri alieni funestavano il genere umano, come Gente Egoista del 1978 in cui un povero ragazzo dei giornali viene coinvolto nella lotta tra Terrestri e una razza di tritoni alieni che saranno poi promossi a Casinisti Planetari di ufficio in Urusei Yatsura e Gold Finger – Gli dei della fortuna del 1978 dove le citate divinità (che riappariranno in Urusei Yatsura in nuove forme) comparivano a rovinare ulteriormente la vita di un ragazzo sciagurato.
Nel momento di riprendere tali tematiche con Urusei Yatsura decise di ispirarsi per uno dei Casinisti della settimana ad una famosa fotomodella dell’epoca, tale Agnes Lum, classe 1956, Hawaiaana famosissima in Giappone per la sua attività di modella di bikini che l’aveva resa il sogno erotico di una intera generazione.
Rumiko Takahashi decise semplicemente di incrociare una fotomodella con una “oni”, una razza di demoni della mitologia giapponesi dalle corna vagamente bovine responsabili dei fulmini ed altri fenomeni naturali, introducendo una storia il cui canovaccio era più il mezzo per esibire la sfortuna e deprevazione di Ataru.
Lamù appare come capricciosa e viziata principessa del suo popolo pronto ad invadere la Terra, mentre il sovrano decide per “un’invasione pacifica” mettendo il destino del mondo in mano ad una partita ad acchiapparella tra sua figlia (in grado di volare) e un terrestre scelto a caso, ovviamente l’allupatissismo e sciagurato Ataru, che in un’avventura dal vago sapore pecoreccio riesce a trionfare sottraendo l’iconico bikini di Lamù (che costretta a coprirsi costantemente il seno con le mani non può più fuggire agevolmente) e per un errore passa dall’essere il venerato Salvatore della Terra a tornare ad essere il linciato e odiato Pariah: dopo aver urlato che “Finalmente potrà sposarsi” (con la fidanzata di sempre Shinobu) la bella Lamù equivoca, si autoconvince di essere stata appena reclamata come trofeo del vincitore e sentendosi adulata accetta la proposta di matrimonio di Ataru.
Lamù scomparirà per i due capitoli successivi, che vedranno invece Ataru, Shinobu e l’altrettanto depravato monaco Sakurambo (“Ciliegia” in Giapponese), quest’ultimo col compito di cercare, fallendo, di esorcizzare la sciagura vivente in Ataru, incontrare altre bizzarre creature.
Motivi di gradimento editoriale esigeranno il ritorno di Lamù: trascorsi i tre capitoli, viene introdotta una trama in cui i compagni di classe di Ataru, fisicamente attratti dall’aliena, organizzano una specie di rito mistico per evocare la sensuale demonessa, che si traduce invece in una banale “telefonata cosmica” ad un tassista spaziale che si offre di portare Lamù dal suo pianeta di origine alla Terra in cambio di tutte le riserve petrolifere della Terra.
Lamù si ricorda improvvisamente di essere pur sempre una principessa, quindi ricchissima e si offre di saldare il conto personalmente purché le sia consentito di vivere a casa del suo “Tesoruccio” (“Darling” in originale, con un fortissimo accento finto-americano per omaggiare le origini del personaggio).
Da quel momento in poi la storia deraglia in quel che conosciamo: buona parte dei casinisti diventano amici ma perlopiù amiche di infanzia di Lamù, curiose di scoprire quale genere di uomo abbia rubato il cuore della loro migliore amica, rivali umani come il ricchissimo Mendo, stupefatto dal fatto che uno sventurato poveraccio come Ataru possa attirare fanciulle avventura più dla sua ricchezza, e la storia diventa una commedia romantica in cui Lamù smette di essere l’antagonista della settimana e diventa uno dei catalizzatori (e contemporaneamente, parodia) del topos narrativo della Manic Pixie Dream Girl e della Ragazza magica.
Avete presente telefilm come Dharma e Greg (1997) o Strega per amore (1965)?
Esisteva anche all’epoca un intero subgenere romantico in cui un ragazzo sciagurato, triste, frustrato in amore e nella vita ad un certo punto si imbatteva in una ragazza “folle ed esuberante”, a tratti con poteri magici (vedi le abilità paranormali di Lamù e i poteri magici di Jeannie in Strega per amore), a tratti semplicemente anticonformista fino allo spasimo (vedi Dharma) il cui scopo narrativo è spingere costantemente l’oggetto del suo amore il più lontano possibile dalla sua routine quotidiana e dalla sua zona di conforto in modo da costringerlo a vedere il mondo in un modo diverso e accettare il suo amore.
Ovviamente, come dimostrato dal fatto che Colazione da Tiffany e Strega per Amore esistevano già prima, Urusei Yatsura non ha inventato il genere, ma l’ha reso immondamente popolare in Giappone e, di rientro, in tutta l’animazione.
Se la Lamù delle sue due prime apparizioni è semplicemente una vamp incline a funestare la vita di Ataru, nei capitoli successivi diventa una ragazza innamorata e gelosissima che vive in un costante stato di shock culturale, ignara di quello che un terrestre troverebbe adeguato, pronta a bere salsa di tabasco mentre cucina cibo piccantisimo per il suo Tesoruccio, iscriversi nella sua stessa scuola per seguirlo e tenerlo lontano dalle altre ragazze e trovando appropriato passare gli orari di lezione sulle sue ginocchia perché “Di fatto siamo sposati” e prendere di fatto residenza nell’armadietto delle coperte del suo Tesoruccio per stargli il più accanto posssibile trascinandolo per mondi alieni e avventure semplicemente per presentarlo alle sue numerose amiche, salvo poi pentirsi per essersi ricordata quanto esse siano avvenenti e quanto Ataru sia sensibile al loro fascino.
Se di fatto Urusei Yatsura ha contribuito alla popolarità del genere “ragazzo sventurato/ragazza spensierata, a tratti magica” è stato uno dei primi nel suo genere ad introdurre il genere harem: con l’arrivo delle svariate amiche di Lamù l’allupato Ataru si ritrova infatti circondato da belle ragazze, ancorché restando sommamente sfortunato in amore e punito dalla trama per le sue intemperanze.
Incarnazioni successive del genere, spesso viste da un’ottica maschile, tenderanno invece a dare alllo sventurato il riscatto e farne “un cavaliere con tante dame”: Ataru continuerà invece, proseguendo nel proverbio, a far la fine del salame.
Come abbiamo visto nel paragrafo dedicato al “videogioco di Lamù che quasi non c’è stato“, tutti questi archetipi sono tornati in madrepatria quando TMS Entertainment decise di reimportare in America la premessa di Urusei Yatsura, ma doppiamente invertita.
In Galaxy High School del 1986 i due protagonisti sono infatti i terrestri Doyle ed Aimee, rispettivamente un’atleta ed una “nerd” descritta sin dalla sigla come “la più intelligente della scuola, non popolare né attraente” che trapiantati in una scuola spaziale vedono i loro ruoli invertiti, con Doyle diventato il ragazzo sventurato e trascurato sulla falsariga di Ataru ed Aimee l’attraente, apprezzata e vitale ragazza innamorata che col suo entusiasmo contagioso risana la vita dell’amato Doyle.
Abbiamo quindi spiegato perché Lamù è un frutto del suo tempo, ma anche la storia ed il suo tratto lo sono.
In Lamù e i casinisti planetari i capelli di Lamù sono di un bizzarro colore cangiante e iridescente, in Lamù la ragazza dello spazio sono verdi, coerentemente con la citata topica della Pixie Dream Girl che, specialmente dagli anni ’80 in poi, esibisce chiome colorate e abiti sopra le righe come richiamo visivo al fatto di essere anni luce dalla “comune e banale vita di tutti i giorni”.
Il colore originale era quello iridescente: l’ispirazione di Rumiko Takahashi era una tecnologia che per l’epoca era il non plus ultra della modernità: i CD Audio e i Laserdisk, i cui riflessi abbacinanti erano riconosciuti come simbolo di modernità.
I limiti tecnologici dell’epoca spinsero però lo Studio Pierrot (non a caso responsabile dell’animazione delle “serie di maghette”, come Evelyn, Creamy e la Magica Emi) a ripiegare su un semplice colore di capelli visivamente accattivante e diverso dalla norma, dando a Lamù e diversi membri della sua famiglia l’iconico colore verde brillante.
Il “color CD Audio” dei capelli di Lamù non è l’unico pezzo degli anni ’80 visibile nella serializzazione: la prima sigla di Lamù e i Casinisti Planetari trasporta infatti Ataru in una sequenza onirica ai giorni nostri (lasciando poi che si svegli nel finale nei suoi anni ’80, scoprendo che Lamù l’ha osservato sorridendo tutto il tempo mentre si agitava sognando di fuggire da lei…) evidenziando le differenze primarie.
L’allupato Ataru comincia i suoi goffi tentativi di seduzione estraendo un’agendina e chiedendo alle belle ragazze che incontra di scambiarsi nomi e indirizzi: nella sigla invece scopre le meraviglie dei social network, degli smartphone e di Tinder, venendo poi funestato anche nelle sue fantasie dalla scoperta che ogni immagine che “scorre a sinistra” si trasforma in un doppione di Lamù.
Tra le avventure bizzarre di Lamù e del suo cuginetto Ten spedito dalla madre a stare con cugina e compagno di lei appaiono televenditori spaziali truffaldini che vendono oggetti di dubbia utilità (parodia delle televendite), sequenze in cui la disco dance è considerata un passatempo perfettamente alla moda e accettabile e ogni qualvolta Lamù abbandona il bikini tigrato sceglie abiti che funzionerebbero benissimo in Grease o altre commedie romantiche anni ’80.
Il che rende ogni singola versione della storia una capsula del tempo della sua epoca, cosa confermata da…
Sappiamo che Urusei Yatsura è un frutto degli anni ’80. E sappiamo che è nato da una autrice con una vena citazionistica.
Nessuna sorpresa dunque vedere non solo personaggi delle diverse serie dell’autrice trasmigrare tra le serie (e nella serie reboot, vedere Lamù usare come libro di testo per imparare inglese e giapponese Inuyasha, opera successiva dell’autrice ma ambientata in parte nel passato e in parte ai giorni nostri), ma anche personaggi di altre serie.
Vediamo ad esempio i compagni di scuola di Ataru, stanchi di essere sconfitti nella gare sportive dalla classe del suddetto dove il sin troppo energico Ataru può contare sul ricchissimo spadaccino e rivale Mendo su una aliena coi superpoteri e altri personaggi variamente improbabili, reclutare come scolaretto Kenshiro di Ken il Guerriero e passarla liscia.
Oppure Bulma, con le fattezze che aveva nelle prime stagioni di Dragonball, presentarsi ad un appello scolastico e farlo mentre Toei stava ancora pianificando l’inizio della serie basata sul manga di Akira Toriyama.
Quanto espresso riguardo alle ambientazioni si trasferisce persino nei riferimenti culturali e negli ester egg, che giustamente in Lamù e i Casinisti Planetari si è deciso di mantenere del tutto intatti, relegando alla sola prima sigla iniziale il tentativo di rileggere la storia in chiave moderna.
Urusei Yatsura potrebbe funzionare ambientato ai giorni nostri, con camei dei pirati di Cappello di Paglia, Ataru che cerca fidanzate su Tinder, Ten il cuginetto di Lamù che compra giocattoli a basso costo dall’Aliexpress spaziale anziché dalle televendite galattiche per ragazzini?
Probabilmente lo farebbe: ma è un bene che anche la serie reboot non lo faccia.
I più affezionati alla serie ricorderanno alcuni personaggi iconici. Ad esempio Ran, l’amica passivo-aggressiva di Lamù, desiderosa di insidiare il “Tesoruccio” e privarlo della sua vitalità come rappresaglia per i continui torti che Lamù le faceva da bambina e per essere uscita in un passato ormai remoto col suo attuale fidanzato.
Ran fu riutilizzata, con tanto di citazione nella serie animata, per farne Maris la Superdonna, parodia delle Dirty Pair (in italiano Kate&Julie), poliziotta spaziale spiantata, dalla forza pari solo al suo caratteraccio, più intenzionata ad accasarsi con un uomo sufficientemente ricco che salvare il cosmo.
I Dappyo, bizzarri tritonidi che compaiono spesso nella serie nel ruolo di narratori e osservatori, erano i rivali del citato Gente egoista, e da quella storia tornano nell’universo dei Casinisti Planetari per un breve cameo lo sciagurato postino Kei e la seducente Akane, protipi rispettivamente di Ataru e Lamù con fattezze simili.
Non è un caso se l’affascinante Sakura, infermiera scolastica e sacerdotessa, nipote di Sakurambo e anche lei incerta se arginare la sfortuna di Ataru o punirlo per il suo atteggiamento lussurioso, vi ricorda fisicamente Kyoko Otonashi, la protagonista di Cara Dolce Kyoko.
Ella infatti presenta somiglianze con personaggio in comune, la storiella breve Dust Spurt del 1979, che raffigura le bizzarre avventure di un trio di agenti segreti, composto dalla donna superforte Yura, il telecineta in grado di teletrasportarsi, ma solo nell’immondizia, Tamuro e il loro inquietante leader Tadayasu (somigliante al fastidioso Yotsuya di Cara dolce Kyoko).
Anche gli dei della fortuna, personaggi mitologici del Giappone, erano apparsi nella citata storia breve, Gold Finger – Gli dei della fortuna, dove appariva una Benten più adulta e lussuriosa: in questa versione Benten è una biker spaziale, coetanea di Lamù e parte di una gang di “ragazzacce” con lei che sia pur trovando Ataru abbastanza divertente preferisce non attentare alla sua castità.
Introdotta Lamù ed introdotte le sue amiche, la serie passa dai semplici Casinisti Planetari a introdurre una comunità di amiche per Lamù destinate a diventare bersagli per la lussuria di Ataru.
Ognuna però ispirata a miti e leggende. La principessa di Nettuno, Oyuki, è ispirata alle Yuki-onna, spiriti della neve che secondo le leggende conducono a morte certa i viandanti dispersi seducendoli con la loro bellezza e portandoli lontano dagli accampamenti e in mezzo alle gelide nevi e tempeste.
Ovviamente in questo caso Oyuki è semplicemente una principessa dai modi più scaltri e manipolativi di Lamù che riesce, dietro l’apparenza di una brava ed educata regnante, a convincere chi ha di fronte a servirla e riverirla facendo tutto quello che lei desidera e dimostrando una forte venialità.
La citata Benten si rivela atletica abitante di un pianeta di “Dei della Fortuna”, sempre in rivalità sportiva con gli Oni ed eterna compagna di avventure di Lamù dalle loro monellerie giovanili fino alle avventure recenti.
Ran assume tratti simili agli spiriti nipponici simili alle succubi occidentali che seducono l’uomo privandolo della forza vitale: Ran infatti ha tale potere, ma ha giurato di usarlo contro il “Tesoruccio” della sua rivale posando da brava e innocente fanciulla terrestre per dirottare ogni sospetto sulla sua persona.
In un caso che confina con la “teoria dell’antico astronauta”, la teoria secondo cui tutte le creature del mito sono in realtà alieni che hanno ad un tempo visitato la terra, i Tengu, gli spiriti a forma di corvo che secondo il mito hanno addestrato Minamoto no Yoshitsune, il celebre samurai dell’anno mille erano intenzionati non già ad insegnargli le arti marziali per il bene del Giappone, ma ad accasarlo con la loro principessa, completamente umanoide salvo poi decidere che in fondo non ne valeva la pena, “addurlo” a scopo matrimoniale lasciando che i terrestri lo credessero morto in modo eroico e, millenni dopo, lasciare sua figlia Kurama alla ricerca di un brav’uomo terrestre e disgustata dalla media nazionale del Giappone ormai allineata su Ataru.
Tra mille misteri arcaici della serie, un mistero è tutto italiano: parliamo sempre degli anni ’80 e di una trasmissione pubblicata nelle emittenti regionali. L’animazione Giapponese era comunque percepita come un genere minore.
A meno che tu non fossi Cristina D’Avena, i Cavalieri del Re, gli Oliver Onions o un gruppo di fama, cantare la sigla di “un cartone animato giapponese” non era per te il viatico di fama e successo.
La prima sigla Italiana di Lamù fu nota per essere di autore ignoto per ben 37 anni.
Anzi, per molto tempo non neppure è esistito un testo completo, apparso solo dopo.
Una specie di assurda caccia al tesoro, di quelle possibili solo nella Rete, dove col tempo furono cooptati campioni di Sarabanda (la nota trasmissione musicale per partecipanti dall’Orecchio Assoluto in grado di riconoscere voci e melodie), appassionati, il Popolo della Rete e furono inseguite le piste più improbabili, aperti forum, gruppi Facebook e ipotesi pari solo alla storica bufala di Piero Pelù cantante della sigla di Jeeg Robot d’Acciaio.
L’assenza dell’iconica sigla negli archivi SIAE aprì solo altri dubbi ma, come detto, parliamo di un genere minore pubblicato da emittenti minori in un paese che considerava l’animazione giapponese stessa quasi come considerava i videogames, poco meno che un passatempo frivolo per i frivoli sfaccendati.
Nel 2020 finalmente arriva la soluzione del quesito: TeleCapri aveva rocambolescamente acquistato i diritti sulla serie per poi commissionare la sigla ad Haim Saban e Shuki Levy, rispettivamente produttore e produttore e compositore per Saban Entertainment, responsabili per aver peraltro importato la moda dei Power Rangers in Occidente (o reimportato, ma questa sarà una storia per un’altra volta…) con Noam Kaniel a riconoscersi tra i coristi e Ciro Dammicco a riconoscersi come voce principale.
Non siamo ancora alla certezza assoluta ma finalmente vicinissimi: il popolo della Rete può tirare un respiro di sollievo giusto in tempo perché l’arrivo della serie reboot Lum e i Casinisti Planetari risolva il tutto usando le sigle originali del gruppo/nongruppo MAISONDes., ironicamente composto di fatto da un anonimo “Capocondomino” di un condominio immaginario che ospita nuovi vocalist per ogni nuova canzone.
Comprese le sigle della nuova serie di Lamù. Perché, ovviamente, se le cose sono semplici non ci piacciono.
In Italia, gli anime erano (e per alcuni irriducibili restano) un genere minore figlio di un dio minore.
In Giappone quando una serie raggiunge il successo, si tirano fuori i mostri sacri: Urusei Yatsura non ha fatto eccezione.
Ricorderete Ghost in the Shell, se non altro per l’invero abbastanza deludente film con Scarlett Johansson e le sue atmosfere tra l’onirico, il filosofico e lo steampunk.
Dopo aver lavorato sul primo film della serie, Only You, Mamoru Oshii fu chiamato a sceneggiare il secondo Beautiful Dreamer.
Ottenendo il tipico caso di film che viene inizialmente trombato ai botteghini in quanto incompreso e cerebrale per poi diventare un immondo successo di cassetta.
Strappando la serie alla sua iniziale collezione di gag, il buon Oshii trasferisce tutti i personaggi in un mondo onirico e assurdo il cui scopo, anni prima dell’incomprensibile finale di Evangelion, era fornire catarsi e psicanalisi ai personaggi.
In un mondo onirico basato su ambientazioni come la favola di Urashima Taro e Rip van Wrinkle (la storia quindi di un personaggio “rinchiuso fuori dal tempo”) Lamù esprime incautamente il desiderio che “nulla cambi” restando in una dimensione onirica col suo Tesoruccio e i loro amici, e spetta ad Ataru cercare di riportare tutti nel mondo vero realizzando che persino il suo sogno personale di essere circondato da belle ragazze non avrebbe senso senza il presente, perché il suo sogno reale non è “vivere in un harem” ma amare ed essere riamato da Lamù ma continuando ad essere il gigione che è sempre stato, riottoso ai tentativi di essere cambiato.
Ironicamente, Oshii dichiarerà in una successiva intervista che la differenza fondamentale tra lo sperimentale Beautiful Dreamer e la serie è il punto di vista: maschile per il film, femminile per la serie.
Di fatto la soluzione di Ataru, che spezza il mondo onirico scegliendo il presente rispetto al sogno, l’amore rispetto alla lussuria adolescenziale e riservandosi sia pur nella sua immaturità di diventare maturo a suo tempo rende il film molto più progressista dell’intero genere harem attuale.
E pone i semi per il finale della storia, quello voluto dall’autrice.
Questa è la maledizione di tutte e serie di animazione: la serie animata attuale è ancora in corso, la prima si è fermata a circa due terzi di serie.
Il finale è stato pubblicato in Italia in forma di manga (fumetto) da Star Comics, e chiude il cerchio della storia, contemporaneamente lasciandolo aperto.
Potete saltare questo paragrafo se odiate gli spoiler, altrimenti seguirà riassunto assai breve: uno spasimante di infanzia di Lamù, ora cresciuto, approfittando del fatto che le aliene della sua specie perdono temporaneamente i poteri durante la pubertà decide di rapirla a scopo di matrimonio.
Ataru e un’innamorata dello spasimante decidono di partire per salvare la prima e far ragionare il secondo, scoprendo che di fatto Lamù si era salvata da sola ma aveva deciso di approfittare dell’occasione per costringere Ataru a confessarle sinceramente i suoi sentimenti.
Ataru decide di rifiutare di cedere alla sua proposta, razionalizzando con una maturità imprevista per qualcuno descritto per anni di serializzazione come un ragazzo immaturo e un “pappagallo” infedele e seduttore che nel momento in cui vieni costretto ad ammettere di amare qualcuno quella dichiarazione smette di avere valore perché il vero amore andrebbe donato spontaneamente e non obbligato.
Contro il parere persino della sua famiglia e delle sue amiche Lamù esige la “rivincita” della celebre sfida dell’episodio uno, minacciando di andar via con tutti gli altri alieni dalla Terra se Ataru non confesserà il suo amore o in alternativa non vincerà.
Non accade nessuna delle due cose: dopo aver coinvolto l’intera città di Tomobiki e buona parte della Terra nella loro lite adolescenziale, Lamù si rende conto che Ataru non ha mai smesso di volerle bene (per tutta la sfida portava con sé le “corna da latte”, ovvero i cornini persi brevemente col passaggio alla pubertà) e gli concede la vittoria.
In una parziale inversione sul finale delle avventure, in cui Ataru veniva sempre incolpato di tutto, Lamù e Ataru si ritrovano inseguiti dai loro amici pronti a rinfacciargli di aver coinvolto tutti nella loro lite e tra lanci di immondizia e lamentele raggiungono un compromesso: Lamù ammette che spenderà il resto della sua vita a convincere Ataru ad ammettere di amarla, Ataru le risponde di ricordarglielo quando sarà in fin di vita.
Tematica ripresa questa ad esempio nel successivo Ranma 1/2, dove anche lì personaggi ammetteranno che esiste “una stagione per ogni cosa” e Ataru, sia pur non rifiutando l’idea di ammettere il suo amore per Lamù, di fatto rivendica con orgoglio di essere ancora un liceale rimandando la discussione al futuro, ma di fatto dichiarando che l’idea di poterlo fare è di fatto una confessione.
Come evidenziato, Urusei Yatsura è un frutto del suo tempo, ma contemporaneamente rivolto ad un pubblico ampio.
Mentre molte serie Toei e Pierrot della sua epoca erano rivolte ad un pubblico sostanzialmente di ragazzini (vedi L’incantevole Creamy) Urusei Yatsura nasce per un pubblico che quantomeno può permettersi “di comprare il merchandise di serie in autonomia”.
Un pubblico abbastanza adulto per sapere chi è Agnes Lum, abbiamo detto, e per ridere delle televendite.
Insomma, il pubblico che da noi avrebbe invece riso della vita coniugale di Darrin e Samantha in Vita da strega e che, decenni dopo, avrebbe apprezzato in Sabrina vita da Strega la commistione di magia e banalità aveva una serie di personaggi mitologici e magici calati in un contesto di bollette, cotte adolescenziali, rampolli di ricca famiglia che tiranneggiano umili travet e un commentario della vita del suo tempo.
Commentario così assoluto da funzionare anche ai giorni nostri: Lamù e i Casinisti Planetari funziona ancora oggi per gli stessi motivi. Il pubblico che era di ragazzini negli anni ’80 ricorda con affetto quei personaggi e quelle atmosfere.
Il pubblico che era già almeno adolescente rivive quei momenti, e il pubblico che lo è ora ha sia la leva del cospicuo marketing che il fatto che, possono dimostrare in Occidente le serie citate, esistono nelle commedie romantiche una serie di “valori universali” che sopravvivono alla serie.
Questo, e ovviamente, il fatto che Lamù è riuscita col tempo a strappare alla sua controparte umana Agnes Lum il ruolo di pinup primordiale, diventando una delle prime incarnazioni del concetto di “amore come quella forza che ti costringe a rompere con le tue abitudini”.
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