Prima di Internet o dei pendrive: modi passati per caricare programmi

di Shadow Ranger |

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Prima di Internet o dei pendrive: modi passati per caricare programmi Bufale.net

Installare un nuovo videogioco o programma per voi è facile: si apre uno shop online, si scarica un installer, si fa partire. Oppure si usa un CD, o un DVD,  o altra memoria ottica, o un pendrive. Ma non è sempre stato così.

Prima di Internet o dei pendrive: modi passati per caricare programmi

Prima di Internet o dei pendrive: modi passati per caricare programmi

Certo, alcuni di voi ricorderanno altri mezzi: i floppy disk ad esempio. E prima ancora?

La scheda perforata e il nastro perforato

La scheda e il nastro performato sono uno dei modi più antichi e iconici per memorizzare dati: portato nel mondo dei computer da IBM, esistevano da molto, molto prima dell’informatica stessa.

La prima scheda perforata appare nel 1725 come strumento per alleggerire il lavoro dei telaisti: fino al 1700, tessere, anche al telaio, era un lavoro laborioso che richiedeva un mastro telaista ed un apprendista, un “Ragazzo della Trama”, pronto e obbediente per passare la trama al di sopra ed al di sotto dei punti dell’ordito richiesti.

Basile Bouchon, dietro ispriazione di un modello di telaio particolarmente preciso sviluppato nei secoli passati da Jean le Calabrais, decise di sostituire il ragazzo della trama e i comandi del maestro telaista con dei cartoncini perforati: il macchinario avrebbe sollevato o abbassato i fili trama leggendo dei “buchi” incisi in un cartoncino.

Scheda perforata per telaio Jacquard, Università Iowa

Scheda perforata per telaio Jacquard, Università Iowa

L’idea fu perfezionata da Jean Baptiste Falcon (1728), Jacques Vaucanson (1740) e per finire Joseph Marie Jacquard nel 1804: quest’ultimo brevettò i Telai Jacquard avendo l’idea di combinare assieme più schede perforate per ottenere una produzione più lineare, senza le continue interruzioni per inserire nuove schede.

Nacque così la “serie di schede”, e il passo successivo, il nastro perforato, ovvero un rotolo contenente l’equivalente di diverse schede.

Si aprì la via del concetto stesso di archiviazione e riutilizzo del dato in un macchinario automatizzato: se era possibile controllare un telaio con dei nastri perforati, diventava possibile controllare un organetto.

Cosa che accadde con la pianola, detta anche autopiano o pianoforte meccanico, vista tipica dei film ambientati nel West dove, nonostante il cartello “Non sparate al pianista” lo stesso viene sempre visto fuggire da una rissa lasciando il suo pianoforte meccanico suonare le melodie incise su un nastro (nastri che peraltro continuano ad essere prodotti, anche se adesso solo come oggetti di collezionismo e ricordo vintage).

Il nastro perforato divenne anche metodo per conservare, archiviare e diffondere telegrammi, in modo non dissimile dal salvataggio delle email che si intende mandare successivamente, e di seguito liberando il telegrafo stesso dal bisogno di operatori in grado di usare il codice Morse intuitivamente sostituendoli con “perforatori” in grado di trasformare il battuto di una tastiera non dissimile da una macchina da scrivere in un testo morse (perforatore di Kleinschmidt, successore del perforatore Wheatstone e retrocompatibile col suo output).

Schede perforate, da Obsolete Media

Schede perforate, da Obsolete Media

Da quel punto in poi la vita del nastro e delle schede perforate fu un crescendo: dal telegrafo esse passarono alle telescriventi, come mezzo per scrivere e preparare in anticipo messaggi da inviare.

E dalle telescriventi passarono ai computer: ricordiamo infatti che i primi computer erano sostanzialmente dipendenti da un terminale per l’input/output (dovevi passare dal terminale per inserire dati e dal terminale per leggerli), e alcuni modelli della Teletype 33, come il modello ASR (Automatic Send/Receive) erano già prodotti con lettori di schede perforate.

Sistemi come il codice Baudot e Murray resero possibile codificare testo e numeri nelle schede: caricare un programma nel proprio computer era “semplice” come perforare un nastro con appositi strumenti e inserirlo nell’apposito lettore.

Ad esempio lo standard IBM prevedeva sette “canali” perforati, ordinati in modo asimmetrico ai lati dei fori di avanzamento, in modo da sapere sempre in che direzione inserire il nastro, per poi essere sostituito da formati a 45 e 80 colonne con fori rettangolari.

Ovviamente i nastri e le schede perforate avevano un enorme problema: la lentezza di caricamento e la lentezza di debug.

Scheda perforata IBM

Scheda perforata IBM

Capirete con un esempio citato da Clive Maxfield cosa intendo. Può capitare ancora oggi che un programmatore si imbatta in un errore. Poco male, penserà, troverò l’errore nel mio codice e lo sistemerà.

Come vedremo era una realtà comune per buona parte degli utenti di home computer negli anni ’80. Ma immaginate di aver elaborato qualche decina di schede perforate. Siete pronti per il Centro Elaborazione Dati.

Ma al CED c’è una lista di attesa più lunga di un locale di Briatore e quindi passano giorni. Finalmente siete pronti e vi rispondono “Eh, mi dispiace, c’era un errore nella terza scheda, sappiamo qual è, ma tu torna a casa, riprepara la scheda e riprova”.

E magari poi saltava fuori un altro errore.

Nonostante questo il nastro e la scheda perforata furono lo standard de facto fino ai mezzi magnetici.

Le carte magnetiche

Uno dei punti di forza e di novità della Programma 101, aka la Perottina, uno dei principali competitori per il titolo di primo Personal Computer, anche se certamente uno dei suoi antecedenti logici.

La Perottina del 1965 aveva come memorie di massa delle cartoline magnetiche, antenate sia del moderno floppy che di oggetti di tutti i giorni e di uso comune come carte di credito e debito, codici fiscali e tessere sanitarie (ovviamente, in sola lettura nel nostro caso).

Cartoline magnetiche Olivetti

Cartoline magnetiche Olivetti

Le carte magnetiche, come suggerisce il nome, erano schede con due piste magnetiche, una per lato, dove era possibile memorizzare e leggere programmi in modo simile a quanto avveniva coi floppy disk (che potevano, quantomeno fino al 5′, essere “girati” per leggere le facce successive).

La carta o cartolina magnetica fu utilizzata anche da HP, garantendo ingenti royalty a Olivetti, su calcolatrici elettroniche come la TI-59 e su macchine da scrivere Olivetti.

Ma con l’età degli hobby/home computer degli anni ’80, arrivarono formati cartacei più strani.

La rivista da copiare a mano

Ammettiamolo: negli anni ’80 Tramiel si era reso araldo del concetto di computer per le masse, e non per le classi.

Il che comporta che molte famiglie avevano i soldi per comprare un VIC20 o un Commodore 64 al loro figliolo sperando di farne un importante scienziato e/o ingegnere elettronico (specialmente questa all’epoca ritenuta la vera e propria professione del futuro) ma non avevano i soldi per comprare memorie di massa.

So benissimo che la parola “letteralmente” viene spesso abusata nel linguaggio, ma questa volta il concetto è esattamente quello.

Esempio di "gioco su rivista da copiare", Commodore User Magazine su Internet Archive

Esempio di “gioco su rivista da copiare”, Commodore User Magazine su Internet Archive

Assai probabilmente avresti avuto il “registratore a cassette” in omaggio, specialmente in Europa o in Italia dove abbiamo già visto i nastri magnetici sono stati il formato privilegiato per una serie di ragioni.

Verosimilmente, un Datassette per Commodore 64 di sottomarca. E altrettanto verosimilmente, pochi programmi da usare a seconda delle disponibilità della tua famiglia.

Non vi stupirà sapere che un mezzo efficiente per la divulgazione di programmi erano le riviste.

Potevi trovare riviste con intere sezioni di codice in BASIC da ribattere, riga per riga, cercando di ricomporre il proprio programma. Perlopiù avventure di testo, semplici giochi o immagini da far apparire in video.

Gioco per il Commodore 16

Gioco per il Commodore 16

Con una serie di limitazioni: ad esempio l’errore era sempre in agguato, e poteva capitare di aver ribattuto righe intere per imbattersi in un “errore di sintassi”.

Almeno correggere era più semplice che rifare delle schede perforate, e i fortunati in possesso almeno di un Datassette o, per gli altri home computer dell’epoca, un lettore magnetico o ogni altro media storage avrebbero potuto salvare il frutto del loro lavoro.

Gli altri? Semplicemente giocare finché il computer non restava acceso, sapendo che spegnerlo avrebbe cancellato tutto fino alla prossima avventura, in ogni senso.

Nonostante questi limiti, il “gioco da ricopiare” continuò ad esistere per anni dopo l’introduzione del Commodore 64, arrivando al Commodore 16 ed altri Home Computer dell’epoca.

Vuoi per il costo dei media, vuoi per l’emozione di “creare” qualcosa di tuo da poter poi salvare.

Il floppy disk, i lettori cassette e il Datassette

Ne abbiamo parlato già qui e qui, quindi cercherò di essere breve, ricordando come il Datassette è stato il primo maestro di pazienza e il floppy disk, a causa di una serie di bug che hanno afflitto tutti i lettori floppy per Commodore VIC20 e 64 dalle loro origini il secondo.

Ma il Datassette è solo uno dei mezzi con cui usare audiocassette su un home computer. Lo “Standard di Kansas City” nacque proprio per consentire ad una pletora di home computer l’uso dei lettori di cassette come mezzo per salvare i propri dati.

Apple si spinse a suggerire con l’Apple I e l’Apple II l’uso di registratori da tavolo di buona marca, come i Panasonic, ma Commodore brilla nei ricordi di molti per aver combinato meccaniche affidabili ad una propria elettronica, combinando un convertitore da analogico a digitale direttamente nell’unità.

Panasonic, uno dei favoriti

Panasonic, uno dei favoriti

Per spiegarsi meglio, gli utenti di altri home computer dell’epoca dovevano “semplicemente” collegare un buon registratore a cassette da tavolo ad appositi jack analogici in-out, col jack per il controllo remoto, che, per lo stesso principio che consente ai modem di funzionare, avrebbe consentito di trasmettere un segnale audio analogico che sarebbe stato convertito dal PC in dati.

Il Datassette Commodore si occupava “personalmente” della conversione, fornendo ai computer della linea Commodore, dal PET fino al C128, un pattern di onda quadra con un bit di parità.

Nei PET Commodore usò meccaniche tratte dal Sanyo M1540 per poi passare alla produzione in proprio con meccaniche Taiwanesi.

Meme sul Datassette

Meme sul Datassette

Altri rivali, come lo ZX Spectrum e i citati Apple usavano invece lettori di musicassette, possibilmente di buona fatura per limitare gli errori.

Solo lo ZX Spectrum ebbe un’interessante variante: il Microdrive, basato su cartucce simili a quelle degli Stereo 8 ma in miniatura con un piccolo spezzone di nastro: l’utente medio continuò però ad abbeverarsi di cassette normali.

Nel mercato Americano presto si diffuse il floppy invece, il cui nome deriva dal fatto che i primi esemplari a 8 pollici e quelli da 5 pollici erano, appunto, flosci (quindi “Floppy”), plastica leggera e flessibile.

Di questo ne abbiamo parlato, anche recentemente, quindi non ci divulgheremo.

Cassette dentro le cassette

Sia il Datassette che i lettori a cassette analogici avevano un enorme problema: la lentezza. Mastertronic, ditta di videogiochi in edizione economica per Commodore con sede nel Regno Unito, decise di affrontare il problema aggiungendo ai Turbo Tape, i sistemi di cui abbiamo parlato in un precedente articolo per accelerare i tempi di caricamento giochi come Invade-A-Load e Load’n Play, seguiti da simili prodotti di concorrenza come Micro Rescue.

Invade-a-Load, un gioco nel gioco

Invade-a-Load, un gioco nel gioco

L’idea era precaricare un minigioco in memoria che restasse disponibile fino al caricamento del gioco reale, spesso misurabile in minuti (a volte raggiungendo quasi la mezz’ora).

Musiche di importanti compositori dell’epoca come Rob Hubbard accompagnavano un testo in cui venivi invitato a “posare la tazza di the”, simbolo dell’attesa British e divertirti con un minigioco basato su Space Invaders e altri successi datati e semplici del passato in attesa del pezzo forte.

Flexidisc e vinili

Ora: abbiamo visto insieme che il Datassette aveva un connettore proprietario, e che gli altri home computer consigliavano di usare un buon lettore da tavolo.

Nessuno ti impediva però di duplicare una fonte audio da un altro tipo di medium e inserirlo in una audiocassetta.

Riviste per Commodore 64 e ZX Spectrum sovente contenevano un flexidisc, un disco flessibile “usa e getta” di quelli usati per regalare musica su vinile. L’idea era pasticciare in modo manuale (un vinile non aveva il controllo di pausa/play automatico) coi connettori dello Spectrum, costruire una di quelle interfacce (tutt’ora esistenti, ora per l’uso con lettori MP3) per “convertire” un lettore da tavolo in un Datassette più o meno funzionante o, meglio, duplicare il flexidisc in casa con uno Hi-Fi decente prima che si deteriorasse troppo.

Gioco su Flexidisc

Gioco su Flexidisc

A quel punto, avevi una valida ed economica alternativa a distribuire giochi e programmi rispetto alla cassetta incellofanata da edicola.

Simili flexidisc e vinili promozionali esistevano sostanzialmente per ogni home computer in grado di accettare fonti audio come mezzo di input/output, compresi i BBC Micro, gli MSX, i Tandy e gli Apple II.

Nel 1984 una band musicale cristiana, i Prodigal, decise di registrare un messaggio di Albert Einstein ed una citazione evangelica (“Vi lascio la pace, vi dò la mia pace”, dal Vangelo secondo Giovanni) in coda al loro album Electric Eye, ma pur potendo semplicemente leggere i due messaggi preferirono lasciare un piccolo programma in BASIC che li avrebbe mostrati sul monitor di un Commodore 64 dopo aver modificato il colore di sfondo in un sobrio grigio per maggiore leggibilità.

Easter Egg in album dei Prodigal

Easter Egg in album dei Prodigal

Pochi anni dopo, nel 1986, la band Heartware rilasciò un omonimo album la cui traccia 4 del lato B contiene “Additional C64 Software / TV-Game“: ovvero un videogioco, Piggy’s Fatal Trip dedicato ad un porcello che deve attraversare una strada senza toccarne i bordi (in tal caso, arrivi al gameover con un suono di esplosione).

Ancora nel 2004 gli Endorphine, band musicale tedesca, affidarono ad una traccia su un loro vinile dei ringraziamenti assai speciali, leggibili solo a chi avesse avuto un Commodore 64 e la perizia tecnica di registrare quella traccia audio su una cassetta e nel 2021 l’album We are Stardust di LukHash, disponibile su vinili e CD, arrivò col suo bravo gioco omaggio, reso poi disponibile per il download autonomo.

Il videoregistratore

OK, abbiamo visto audiocassette, vinili ed ogni fonte audio possibile diventare mezzo per caricare programmi. Ma un videoregistratore non è tecnicamente uno strumento che usa nastri magnetici?

Backup Rossmoller, fonte Retrobitshop

Backup Rossmoller, fonte Retrobitshop

Sono infatti esistiti diversi strumenti per trasformare un videoregistratore in un decente strumento di backup per computer come il Commodore 64 e gli Amiga, ostacolati però dalla iniziale scarsa diffusione delle VHS seguita poi dall’accesso a strumenti di backup superiori, dai floppy al CD passando per i dischi fissi esterni.

Le cartucce

Anche di loro ne abbiamo parlato abbastanza, e non ci sarebbe neppure bisogno di farlo, dato che esistono ancora console come Nintendo Switch che le usano.

Tecnicamente una cartuccia è l’invenzione madre della Seconda Generazione di gioco su console: una ROM, una memoria di sola lettura, saldata su una scheda e che può essere inserita mediante apposito connettore in una console o computer.

La cartuccia per molti anni ha avuto lo svantaggio del costo in generale ma l’enorme vantaggio di una capacità maggiore, una economia di scala che consentiva di avere giochi più “grandi” di quelli contenuti da floppy e cartucce, caricamenti istantanei e la possibilità di aggiungere espansioni di memoria ed altre caratteristiche, come chip audio e video potenziati.

Suite da ufficio su cartuccia

Suite da ufficio su cartuccia

Ci ha anche dato ritualità in realtà infondate, come il mito che si potesse rianimare una cartuccia malfunzionante soffiandovi dentro.

Ma anche di questo abbiamo già discusso, come delle “False Cartucce” della Prima Generazione, in realtà ponticelli per attivare diverse funzioni nelle prime console, di fatto “riprogrammandole” al volo.

Ciò che aggiungeremo è come nonostante ricordiamo le cartucce come un mezzo videoludico, per PCJr. IBM erano disponibli cartucce per la suite di produttività da ufficio Lotus (immaginate Microsoft Office): ovviamente, col diffondersi dei floppy, la “cartuccia da PC” non potè che estinguersi.

La Radio

Programmi via radio? Ovviamente, se era possibile distribuire programmi su cassette audio, vinili e qualsiasi cosa potesse riprodurre suono, potevi farlo via radio.

Esperimenti simili ci furono in tutto il mondo: in Italia ci provarono diverse emittenti locali e, a livello nazionale, mamma RAI, col Radiotext, distribuendo programmi per il NazionalPopolare Olivetti M10 e gli onnipresenti Commodore 64 e ZX Spectrum, definiti “il 98% dei computer” nell’Italia degli anni ’80.

Locandina Radiotext, fonte Sinclub

Locandina Radiotext, fonte Sinclub

In otto puntate furono distribuiti programmi autoprodotti, corsi di sicurezza digitale e cartoline virtuali.

Il meccanismo era lo stesso di iniziative come Datarama nel Regno Unito e simili: arrivata l’ora della trasmissione, il conduttore annunciava che il programma sarebbe stato trasmesso. Ovviamente una serie di scrocchi e suoni da registrarsi rigorosamente in modo con un buon equipaggiamento e audiocassette di Tipo I di qualità decente.

Se tutto fosse andato bene, avresti avuto il tuo programma già pronto, altrimenti c’erano le repliche o un amico con la radio migliore.

Il Televideo

Molti home computer e dintorni consentivano una certa integrazione con servizi come il televideo. Ricorderete il NABU, computer Canadese nato negli anni ’80 già coi servizi di cloud in mente che per assenza di World Wide Web si poggiava sul Televideo Canadese.

E ricorderete come l’elevato costo, unito all’assenza di memorie di massa che lo rendevano dipendente da un abbonamento aggiuntivo rispetto ai servizi usuali lo condannarono ad essere una nota a margine nella storia del Cloud, arrivato sin troppo in anticipo per essere preso sul serio.

Estratto di MC Microcomputer

Estratto di MC Microcomputer

Negli ’90, anche il nostro Televideo aveva servizi di Telesoftware, dedicati naturalmente ai PC Compatibili in ampia diffusione dotati di apposite schede televideo.

Scaricando i vari file che componevano i programmi e combinandoli coi comandi di copia di MS-DOS si poteva quindi accedere a programmi e servizi, tra cui librerie di programmi creati per ausilio agli utenti con disabilità, ma anche videogiochi e programmi recensiti da riviste del settore informatico come MC Microcomputer.

Il Satellite

Ne abbiamo già discusso assieme, ricordate?

Parliamo del Nintendo Satellaview, periferica per il Super Famicom (Super Nintendo) che consentiva di collegare la stessa console all’emittente radio via satellite St.Giga.

Una collaborazione attiva con Nintendo fece in modo che tra il 1995 e il 2000 fosse possibile per i detentori del Satellaview giocare a versioni speciali e perfezionate dei principali titoli della casa accendendo il decoder ad orari particolari.

Scene da "La città senza nome"

Scene da “La città senza nome”

Il Satellaview arrivava in bundle con un minigioco di presentazione, “La storia della città senza nome”, che consentiva al piccolo giocatore di esplorare una città spopolata che si riempiva di minigiochi, ospitati dalle mascotte “Satellite e Parabola”, man mano che la console veniva connessa alla radio.

Ovviamente la scarsa diffusione del satellitare altrove decretò l’insuccesso di simili esperimenti.

Internet (prima del WWW)

Vi stupirà sapere che per un lungo periodo prima dell’esistenza di Steam, GoG e altri servizi di acquisto giochi online era possibile ottenere ottenere giochi online.

Legalmente o meno.

Abbiamo già visto come Zork sia nato come un gioco giocabile “online”, quantomeno erede diretto di giochi come Colossal Game Adventure, sviluppati in ambiente universitario e “aperti” a chi si collegasse ai computer della facoltà.

E abbiamo già visto come da Zork siano nati i MUD, i giochi multiplayer online.

Ma non stiamo parlando solo di questa possibilità: la possibilità di collegarsi a mondi virtuali per condividere avventure insieme prima che il concetto fosse “di moda”.

Immagine di un nodo Fidonet

Immagine di un nodo Fidonet

Parliamo della possibilità di distribuire giochi e programmi mediante Internet. Parliamo delle BBS.

Ovviamente non c’erano ancora gli strumenti per un acquisto di massa, ma era possibile usare le BBS per distribuire shareware (videogame limitati ai primi livelli, con un invito a comprare il gioco per l’esperienza completa), e sovente, piratare programmi. Le battaglie per il software libero, per la popolarizzazione dello shareware, ed anche qualche guaio legale per la distribuzione di programmi invece protetti da diritto di autore, nacquero proprio grazie alle BBS, fenomeno che ne comportò la decadenza.

Negli anni ’90 in Italia ad esempio avvenne un “crackdown”, un sequestro massiccio di BBS (ovvero, dal punto di vista fisico, direttamente di computer e dischi rigidi) i cui gestori si ritrovarono accusati della condivisione del materiale illegale transitato di nodo in nodo e passato dai vari utenti.

L'"Adattatore Telematico", bundle di Modem e servizi Videotel

L'”Adattatore Telematico”, bundle di Modem e servizi Videotel

Naturalmente ciò non accadde solo in Italia ma un po’ ovunque: l’omologo dell’Italian Crackdown fu l’Operazione Sundevil in USA, basata sulle stesse identiche premesse, sommate all’ipotesi degli inquirenti che sulle BBS si condividessero i citati strumenti per collegarsi gratis omettendo il pagamento delle tariffe telefoniche.

L’Operazione Sundevil impattò inoltre la nota ditta di giochi da tavolo Steve Jackson Games, che vide sequestrati i computer di dipendenti contenenti i dati di numerosi giochi di prossima uscita, dando origine alla leggenda metropolitana dei Giochi Steve Jackson temuti dai poteri forti.

Mezzi perfettamente legali passavano per servizi come il Minitel Francese, il Prestel Inglese e Videotel italiano, accessibili mediante appositi terminali ma anche con programmi disponibili per i principali computer dell’epoca, e la possibilità per gli utenti Videotel di passare da messaggiarsi con la Gialappa’s Band a giocare con Necronomicon, primo MUD made in Italy per gli Italiani, ispirato però ai miti di Lovecraft.

Il Visicode: programmi via TV

Abbamo visto che potevano essere distributi programmi in ogni modo, e che tutto sommato un programma è composto da un insieme di uno e zero. Il Visicode era esattamente questo: una porzione del video, durante una trasmissione televisiva, che lampeggiava in modo che un sensore ottico potesse ricostruire il programma inviato via etere.

Dimostrazione di VisiCode, 1985

Dimostrazione di VisiCode, 1985

A memoria, non ho mai visto un Viscode in Italia, ma tracce del suo uso all’estero sì.

Ovviamente c’era molto che poteva andare storto durante una trasmissione in formato Visicode, dalla luminosità della TV usata fino ai settaggi del sensore spesso assemblato in casa con guide rese disponibili per gli smanettoni.

 

 

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