Prima delle firme digitali: Autopen, la “più grande invenzione della nostra epoca”

di Shadow Ranger |

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Prima delle firme digitali: Autopen, la “più grande invenzione della nostra epoca” Bufale.net

Di tanto in tanto saltano fuori post X che parlano di un “misterioso oggetto” usato dalle elite che controllano il mondo, l’Autopen e che in realtà il presidente degli USA sarebbe un fantoccio sotto il controllo di chi usa quella macchina.

A parte tutte le bizzarre teorie del complotto nate al riguardo, tali teorie si basano sull’ignoranza di due strumenti collegati nati nell’800 e definiti sin dalle loro origini “più grande invenzione della nostra epoca”: il poligrafo e l’autopen.

Prima delle firme digitali: Autopen, la "più grande invenzione della nostra epoca"

Prima delle firme digitali: Autopen, la “più grande invenzione della nostra epoca”

Non a caso, tale enfatico appellativo fu dato da un Presidente degli USA: Thomas Jefferson, il terzo Presidente e principale autore della Dichiarazione di Indipendenza.

Prima delle firme digitali: Autopen, la “più grande invenzione della nostra epoca”

Thomas Jefferson aveva lo stesso problema di tutti i Presidenti degli USA prima (solo due) e dopo di lui (tutti gli altri): un numero abonorme di documenti da redigere e firmare in un’epoca in cui la firma digitale non rendeva la cosa facile come inserire un codice PIN e i computer e i word processor non erano ancora arrivati per rendere facile redigere un documento velocemente, in più copie, e scrivendolo al volo.

In Europa sarebbe stata inventata pochi anni dopo la Carta Copiativa, invenzione la cui partenità è ad oggi discussa tra l’inglese Ralph Wedgwood e l’italiano Pellegrino Turri.

Ma mentre gli Europei del 1806 scoprivano la carta copiativa, Thomas Jefferson, che prima di essere POTUS era un affermato avvocato, architetto e professionista poliedrico, nel 1803 scoprì il brevetto del poligrafo di Hawkins e Peale e se ne fece assemblare uno.

Poligrafo Hawkins, fonte Smithsonian

Poligrafo Hawkins, fonte Smithsonian

Il poligrafo consentiva sostanzialmente di scrivere una lettera e/o firmarla mentre dei pantografi collegati replicavano immediatamente la stessa.

Ovviamente, con le prime autopen potevi ottenere una o due copie di un documento e una firma, ma era comunque un vantaggio tale da avere, ancora nel 1850, trenta anni circa dopo la morte di Jefferson, colleghi e praticanti di studio del Presidente pronti a giurare di avere in uso uno dei poligrafi di Jefferson.

Nel 1942 Robert De Shazo Jr. costruì la prima versione commercialmente valida dell’Autopen, in grado di “salvare” (all’inizio meccanicamente, ora elettronicamente per mezzo di pendrive e schede di memoria) una firma da riprodurre con facilità, e la Casa Bianca provvide ad acquistarne.

Moderna Autopen, fonte Autopen Company

Moderna Autopen, fonte Autopen Company

Harry Truman fu tra i primi “a lasciar fare l’autopen”, ma Harry Lyndon fu il primo (ancora prima di Biden) ad avere un pezzo scandalistico dedicato al suo uso di autopen chiamato “Il robot che siede nella Casa Bianca”

Thomas Jefferson, primo utente famoso dell'autopen

Thomas Jefferson, primo utente famoso dell’autopen

Bisognerà arrivare però al 2005 prima che George W. Bush Jr. decida di deferire la questione ai Tribunali: fino a quel momento, esattamente come le “firme segretariali” (la firma che l’imprenditore oberato di lavoro lascia “copiare” alla segretaria a cui lascia timbro firma e tutto per risparmiarsi la fatica di decine e centinaia di firme al giorno) erano qualcosa che tutti sapevano esistere, ma tutti “lasciavano correre”.

Bush ottenne una pronuncia che stabiliva il principio per cui un atto presidenziale firmato con l’autopen o “dal segretario” era comunque valido.

E del resto, coi soli ordini esecutivi che superano il centinaio nella prima parte del mandato sarebbe inumano costringere il POTUS a stare lì a firmare la qualunque.

Quando non è autopen invece

Inoltre, nell’era digitale “All’inizio di ogni amministrazione, la Casa Bianca invia un campione della firma del presidente all’Ufficio del registro federale, che la utilizza per creare l’immagine grafica per tutti i documenti presidenziali pubblicati nel registro stesso”, avendo quindi i documenti digitalmente preservati creati in originale digitale con affissa oltre alle firme digitali una riproduzione della sottoscrizione autografa, che resterà quindi uguale per tutti i documenti.

Autopen modello 50, Di Benjamin Olding, International Autopen Company - Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20151537

Autopen modello 50, Di Benjamin Olding, International Autopen Company – Opera propria, CC BY-SA 3.0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=20151537

I documenti “cartacei” invece potranno essere firmati, a convenienza del Presidente, sia a mano che con autopen senza che questo comporti l’esistenza di un “potere occulto” che controlla l’autopen.

Un esempio recente fu un documento di proroga del Patriot Act per il quale Obama chiese ed ottenne, con qualche mugugno giornalistico, l’attivazione dell’Autopen alla Casa Bianca mentre lui si trovava in Francia per questioni diplomatiche, ottenendo una firma a distanza di un Oceano.

Autopen, firma digitale o firma di archivio per l’Ufficio del Registro Federale, in realtà non esiste un “robot che controlla i Presidenti”, ma uno strumento evoluto nei secoli.

Alternative all’autopen

Ovviamente, le firme digitali odierne consentono di sottoscrivere grandi quantità di documenti in breve tempo.

In Giappone invece la firma cartacea è di fatto da sempre poco utilizzata, sostituita dall’hanko o inkan, un apposito timbro creato in almeno tre varianti per individuo.

La più pregiata, quella avente il “pieno valore di firma” è il Jitsu-in, timbro unico per ogni individuo che deve essere registrato in Municipio, unico nei tratti distintivi e in caso di smarrimento o furto comporta l’obbligo di segnalazione dell’avvenuto.

Inkan, Haragayato, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

Inkan, Haragayato, CC BY-SA 3.0 <http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/>, via Wikimedia Commons

Un Jitsu-in è infatti in tutto e per tutto l’equivalente della firma autografa, e un Jitsu-in sottratto consentirebbe di sottoscrivere contratti legalmente rilevanti con un vero e proprio furto di identità.

Segue il Ginko-in, registrato però presso la banca di riferimento e non in municipio, ma necessario per ogni operazione bancaria che richiede la firma.

Ultimo è il Mitome-in, timbro più umile, senza obbligo di registrazione alcuna, acquistabile anche nei negozi di cancelleria che viene usato per firmare raccomandate, tessere a punti e ogni altro documento non così importante.

Contrariamente quindi a quanto apparso in recenti condivisioni social, la firma non è poi questo enorme tabù.

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