PRECISAZIONI WhatsApp a pagamento? – bufale.net

Adnkronos, Agenzia di stampa nazionale, ha pubblicato in data 29 giugno 2016 un pezzo, riportato integralmente, dal titolo “WhatsApp a pagamento? Stavolta l’ipotesi non è una bufala”.

Un futuro a pagamento per WhatsApp? L’ipotesi esiste, con prelievo diretto dal credito telefonico. Come riferisce studiocataldi.it, stavolta non si tratta della consueta ‘bufala’ abbinata all’app di messaggistica. Si tratta, invece, della proposta proveniente direttamente dal Garante delle Comunicazioni (l’Agcom). “In realtà -fa notare studiocataldi.it- quella che è stata già ribattezzata come “guerra alle chat gratuite” riguarda tutte le app, e, quindi, non solo WhatsApp ma anche Telegram, Messenger, Viber e tutti i servizi di messaggistica istantanea gratuiti che dovranno pagare un “pedaggio” per l’uso delle reti, potendo “rifarsi” sul credito telefonico dei clienti”.

L’articolo fa chiaramente riferimento a un sito esterno (Studiocataldi.it, qui il link) che richiama poi un pezzo de La Repubblica.
Ora, tutti questi contenuti si focalizzano sulla possibilità di un “pedaggio” per i servizi di messaggistica istantanea gratuiti. E, proprio perché si parla di una possibilità, non si può definire l’articolo una bufala.

Tuttavia, una rapida ricerca sul sito della suddetta Agcom (qui il link) permette subito di fare delle precisazioni.
Nell’ambito dell’indagine conoscitiva lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazione elettronica, l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni ha evidenziato che app quali WhatsApp, iMessage, Facebook Messanger, Skype, etc. hanno contribuito ad accrescere la domanda di accesso a Internet, in particolare da postazioni mobili quali gli smartphone. Analizzando il contesto tecnologico e di mercato è emerso come all’aumento del numero di utenti delle app sociali si affianchi un minore utilizzo dei tradizionali servizi vocali e di SMS. L’indagine Agcom “presenta quindi in forma coordinata e organica i numerosi problemi regolamentari posti dallo sviluppo e dalla diffusione del consumer communications services, passando in rassegna le possibili opzioni regolatorie (…)”. L’indagine non impone, né avrebbe avuto il potere di imporre, misure specifiche in capo agli operatori tantomeno oneri economici ma “rappresenta un utile strumento di  approfondimento  e quindi una riflessione aperta su un tema attualmente al centro del dibattito europeo”.

Certo, un giorno WhatsApp potrebbe essere a pagamento ma difficilmente a deciderlo sarà un’indagine quale questa.

Aggiornamento del 2 Luglio da vita da Social

‪#‎PRECISAZIONE‬:Nessuna tassa in arrivo su Whatsapp e altre App di Comunicazione Sociale. Si è trattato solo di un’indagine dell’Agcom.L’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) svolge anche attività di studio e di indagine conoscitiva, la cui azione è da sempre volta a promuovere l’innovazione e la ricerca nel settore delle comunicazioni e dei media, ma anche per creare dibattito sui nuovi strumenti di comunicazione. Le ricerche sono condotte al fine di supportare l’esercizio delle funzioni istituzionali con approfondimenti e analisi prospettiche sui futuri scenari e le prossime sfide per il regolatore, e intendono alimentare un dialogo costruttivo con gli stakeholder, che partecipano ai lavori di studio anche attraverso lo strumento delle consultazioni pubbliche.Non mancano, peraltro, gli studi e gli approfondimenti condotti attraverso la collaborazione istituzionale con le università e gli enti di ricerca operanti nei campi di interesse dell’Autorità, a livello nazionale e internazionale. L’Autorità organizza altresì seminari e workshop allo scopo di favorire il confronto con gli stakeholder e l’approfondimento di temi regolamentari attuali e specifici.L’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ha pubblicato Martedì 28 Giugno 2016 un comunicato stampa sui risultati di un’indagine conoscitiva sulle App di comunicazione sociale.Ecco il comunicato dell’AGCOM:“I risultati dell’Indagine conoscitiva concernente lo sviluppo delle piattaforme digitali e dei servizi di comunicazioni elettronica. Al centro dello studio, i cosiddetti consumer communications services, altrimenti definiti app di comunicazione sociale, le applicazioni che consentono lo scambio di contenuti vocali, messaggi, foto e video fra due o più utenti, per lo più utilizzate da device mobili, quali ad esempio WhatsApp, Indoona, iMessage, Facebook Messenger, Skype.Lo studio di AGCOM si inquadra in un contesto in cui, nel corso degli ultimi anni, l’ampia diffusione di servizi di accesso a banda larga in postazione fissa e mobile ha stimolato lo sviluppo di una serie di nuovi servizi e di apparati terminali evoluti, accrescendo la domanda di accesso ad Internet degli utenti e stimolando, di conseguenza, anche gli investimenti in capacità della rete e lo sviluppo di nuovi servizi ed applicazioni.
L’indagine ricostruisce innanzitutto il quadro giuridico e regolamentare di riferimento dei consumer communications services, soffermandosi sull’attualità della definizione di Electronic Communications Services (ECS); analizza quindi il contesto tecnologico e di mercato nel quale tali servizi si sono diffusi, mettendo in luce il continuo aumento del numero di utenti delle app sociali, accompagnato da un minore utilizzo dei tradizionali servizi vocali e di SMS. Lo studio analizza, altresì, come si distribuiscono per genere, fascia d’età, ubicazione geografica e occupazione, gli utenti delle app più utilizzate in Italia evidenziando la fruizione pressoché quotidiana di tali servizi, che riscuotono un successo enorme non solo tra gli utenti più giovani, ma anche tra gli over 65.Sulla base dell’analisi del contesto di mercato e dell’impatto della diffusione dei servizi di app sui servizi tradizionali di comunicazione, l’indagine rivela l’opportunità di considerare in ambito europeo una nuova formulazione di servizi ECS, strumentale all’eventuale adozione di un level playing field fra i diversi attori in campo, e descrive le principali misure potenzialmente applicabili, come scaturite dalla fotografia del dibattito attualmente in corso. L’indagine presenta quindi in forma coordinata e organica i numerosi problemi regolamentari posti dallo sviluppo e dalla diffusione dei consumer communications services, passando in rassegna le possibili opzioni regolatorie in ambito europeo e nazionale, evidenziandone rischi e opportunità.
L’indagine non impone, né avrebbe potuto imporre data la natura conoscitiva della medesima, alcuna misura specifica in capo agli operatori OTT, come erroneamente anticipato da alcuni organi di stampa, tantomeno oneri economici in capo a soggetti attualmente estranei all’attività regolamentare dell’AGCOM. L’indagine rappresenta un utile strumento di approfondimento e quindi una riflessione aperta su un tema attualmente al centro del dibattito europeo.“Quindi non vi preoccupate, non arriverà nessuna nuova tassa per Whatsapp e altre applicazioni di messaggistica istantanea in Italia,

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