PRECISAZIONI “Voglio la mamma!” Coppia di padri gay in tilt: la figlia quando piange implora l’aiuto della madre

“VOGLIO LA MAMMA!” COPPIA DI PADRI GAY IN TILT: LA FIGLIA QUANDO PIANGE IMPLORA L’AIUTO DELLA MADRE – JOHN HART, SCRITTORE OMOSEX CANADESE, HA ADOTTATO UNA BIMBA ASSIEME AL COMPAGNO E ORA NON SI DA’ PACE: “COME MAI QUANDO È DISPERATA CERCA UNA MADRE?” – I BAMBINI NON POSSONO DIVENTARE OGGETTO DI ESPERIMENTI SOCIALI PER SODDISFARE I DESIDERI DEGLI ADULTI –

Questo l’infinito titolo del seguente articolo che Dagospia ha recentemente pubblicato, citando come fonte il quotidiano La Verità:

«Mamma», piange mia figlia quando è arrabbiata o dispiaciuta «mamma, mamma, mamma». John Hart, blogger e scrittore gay di Toronto, proprio non riesce a capire perché sua figlia adottiva possa implorare l’ aiuto della madre quando ha bisogno di «conforto e rassicurazione».

Hart qualche giorno fa ha affidato il suo sfogo alle pagine di uno dei più noti siti per genitori omosessuali maschi, gaywithkids.com, dove spiega che la bambina sa benissimo che lui è il «daddy»
mentre il suo partner è il «papà», e allora, si chiede, «da dove salta fuori la questione della mamma?».

Nell’ articolo dal titolo «Calling for Mommy», il blogger riferisce che la bimba ha 3 anni e ha vissuto con loro da quando aveva 9 mesi e mezzo. «Immagino che non ricordi niente prima della sua vita con noi», suppone quindi lo scrittore canadese, secondo il quale la figlia ha una perfetta padronanza del linguaggio, che la rende consapevole di quello che dice. Insomma l’ invocazione della mamma non sembra trovare alcuna spiegazione plausibile.

Il papà omosessuale non riesce a darsi pace e ricorda così che anche lui da ragazzo ha potuto contare su una madre che ha incoraggiato i suoi interessi e ha provveduto a rassicurarlo quando ne aveva bisogno. «La cena può essere comprata», si legge ancora nel pezzo, «ma queste qualità no». Eppure, scrive convinto il blogger gay, «conforto e rassicurazione non sono un monopolio delle madri, allora perché sembra chiamarne una?».

L’ angoscia di John Hart è esplosa a seguito di quello che definisce «un incidente» in un negozio di alimentari. In quell’ occasione la figlia gridò «mamma» perché non le fu preso il pane che voleva. L’ uomo provò grande imbarazzo preoccupandosi di quello che potevano pensare gli altri clienti del locale «vedendo una bambina senza sua madre, che veniva tirata fuori dal negozio da un uomo a cui lei resisteva». Ma proprio quando lo scrittore sembra ammettere il limite di un ruolo genitoriale che non può completarsi da sé, arriva in soccorso la memoria di un episodio che fa sfumare le sue paranoie.

Tutto questo non può succedere per una «madre che non esiste e il tipo sbagliato di pane» si dice Hart ricordando che «l’ altro giorno io e mia figlia passeggiavamo con il cane nel nostro quartiere, e lei si è fermata per annusare alcuni fiori nel giardino di una signora». La donna è uscita di casa e ha raccolto un mazzo di fiori per la bambina dicendole «portali alla tua mamma». E qui arriva il colpo di scena che aggiusta tutto: «Mia figlia ha risposto, senza esitazione, “non ho una madre, ho un daddy e un papà”, questo mi ha fatto pensare che stiamo andando bene».

Resta comunque il fatto che anche nel sito che esalta e promuove l’ omogenitorialità aleggia il convitato di pietra della presenza della madre. Il grido «voglio la mamma» interroga anche buona parte della comunità omosessuale e il suo progetto di autorealizzazione.

Molti gay – come Stefano Dolce e Domenico Gabbana – hanno infatti espresso la loro contrarietà alle adozioni per coppie delle stesso sesso, condividendo il principio che i bambini non possono diventare oggetto di esperimenti sociali per soddisfare i desideri degli adulti. Nell’ istituto dell’ adozione l’ interesse superiore del bambino è ritrovare un padre e una madre. Ancora più brutale è poi la pratica dell’ utero in affitto, che fin dal concepimento prevede la programmazione di un bambino che sarà orfano della madre.

Quello dei figli cresciuti all’ interno delle coppie omosessuali è un fenomeno abbastanza recente, ma non mancano i primi studi che evidenziano tutta una serie di problematiche. Naturalmente lo scopo del confronto, aperto anche nella comunità medica attraverso diverse ricerche, non è quello di esprimere un giudizio negativo sulle capacità genitoriali delle coppie dello stesso sesso, ma è necessario semplicemente a prendere atto che la diversità dei sessi solleva questioni sull’ origine della vita e sulla strutturazione dell’ identità, che non sono eludibili nemmeno in questa società dei desideri senza limiti.

L’articolo esiste, e si intitola come già riportato Calling for Mommy. Leggendo la versione anglosassone, però, si nota subito una differenza sostanziale con l’articolo di Dagospia, che riporta espressioni come “il papà omosessuale non riesce a darsi pace”, “l’angoscia”, “Ma proprio quando lo scrittore sembra ammettere il limite di un ruolo genitoriale che non può completarsi da sé”, “paranoie”. Mentre è lampante la sobrietà dell’originale, e anzi John Hart presenta già una prima teoria a metà pezzo:

My partner points out that she is mimicking the other children at the daycare who cry out for their mothers when they’re dropped off or after an accident, seeking comfort and reassurance.

Ovvero:

Il mio compagno fa notare che sta imitando gli altri bambini all’asilo nido che chiamano urlando le loro madri quando li lasciano oppure dopo un incidente, cercando conforto e rassicurazioni.

Già il fatto che la parola “mamma” non sia un termine calato misticamente dall’alto aiuta a ridimensionare i toni del pezzo riportato da Dagospia, che in ogni caso si lancia in una serie di opinioni non comprovate da alcuna prova. Si parla di studi che evidenziano i problemi di essere cresciuti in una famiglia omogenitoriale senza però riportarne nei fatti almeno uno per analizzarne la validità scientifica, ed evitando di ricordare che esistono vari studi che invece affermano il contrario, come What does the scholarly research say about the wellbeing of children with gay or lesbian parents? (Columbia Law School), o le ricerche citate dall’Independent in Children in gay adoption at no disadvantage.
È giusto e lecito avere la propria opinione in merito, un po’ meno citare una fonte estrapolandola dal contesto e attribuendo a terzi facili sentimentalismi che dovrebbero mantenersi chiaramente nella sfera del proprio io giornalistico.

Infine, John Hart:

is a writer who was born and bred in Toronto (a rarity, apparently). He met his partner in 2002 and they started the adoption journey together in 2007. He enjoys reading, traveling and sleeping – passions he’s also trying to instill in the children.

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