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PRECISAZIONI Vietato scrivere che i rom rubano: donna ottiene risarcimento – Bufale.net


Ci sono casi in cui le notizie che ci vengono sottoposte sono, a tutti gli effetti, bufale. In altri casi si tratta di eventi reali, presentati però sotto una luce che, pure idonea a favorire la divulgazione e garantire la brevità espositiva necessaria per raggiungere il pubblico (nessuno leggerebbe infatti pagine e pagine di approfondimento, se non per suo arricchimento personale), inevitabilmente semplificano la notizia fino a deformarla.
Così è per il brano che ci viene sottoposto, dal titolo “Vietato scrivere che i rom rubano: e la nomade ottiene 1000 euro dal giudice“.
La vicenda, messa così, ha già dei profili perplessi. Effettivamente dichiarare coram populi che i “Rom rubano” è un’affermazione che, facendo storcere il naso, ricorda la retorica nazista dei “Giudei avidi e plutocrati”, o gli anni della grande emigrazione Italiana in cui l’Italiano all’estero veniva accolto da “Italiani mafiosi mammoni e sporchi”. Una grossolana semplificazione che, effettivamente, varrebbe una multa.
Ma, attenzione, non è neppure quello che è accaduto nel caso di specie, e basterebbe non fermarsi al titolo per leggerlo, evitando così di deformare tutta la notizia come in un gioco del “telefono senza fili”.
Nel caso di specie abbiamo un’editore giuridico, una casa editrice che produce testi per la preparazione al Concorso da Avvocato che annualmente incute aspettative e timore in molti aspiranti legali, che stampa, sempre annualmente, un libro di “pareri giuridici”.
Per i non addetti ai lavori, i “pareri” sono delle “esercitazioni per casa” in cui si chiede al praticante avvocato di esaminare un ipotetico “caso giuridico” come potrebbe essergli prospettato nella vita di studio, redigere un parere motivato e confrontarlo con un parere motivato e completo redatto dai collaboratori della casa editrice stessa.
In questo caso, con un evidente faux pas in un  parere motivato sul reato di incauto acquisto, l’ipotetico avvocato a cui veniva richiesto parere si spingeva a dichiarare che

Per spiegare il reato previsto dall’articolo 712 del codice penale (“acquisto di cose di sospetta provenienza”) l’autore della pubblicazione analizza le circostanze che debbono far sorgere nel soggetto che acquista o riceve il sospetto che la cosa provenga da reato indicando, in particolare, l’acquisto da “un mendicante, da uno zingaro o da un noto pregiudicato”.

Capirete che la situazione prospettata, ove ci si distaccasse dall’esempio per spostarsi nella vita reale, raggiungerebbe facilmente vette di grottesco: avremmo un ipotetico avvocato che, in spregio all’articolo 3 della Costituzione, che ricordiamo, impedisce la discriminazione per ragioni di etnia, consiglierebbe ad un ipotetico cliente di non intrattenere rapporti commerciali con cittadini italiani di etnia rom (i rom infatti sono cittadini italiani in maggior parte, comunitari nel resto dei casi) in quanto “delinquenti naturali”.
La cosa non è sfuggita a D.S., appartenente all’etnia Rom, che ha sollevato la questione della quale si sono interessate due associazioni che combattono la discriminazione: l’associazione 21 Luglio e l’ASGI, che hanno immediatamente adito il Tribunale Civile di Roma per chiedere, ed ottenere, il ritiro di quell’edizione del testo e la correzione o eliminazione del parere in esame dalle edizioni future.

Secondo 21 luglio e Asgi, l’esempio usato dall’autore veicola un messaggio «gravemente lesivo della dignità e della reputazione di tutta la comunità rom e sinta», in quanto porta a dedurre che l’acquisto o la ricezione di un bene da uno zingaro debba necessariamente far sorgere in chi acquista o riceve il sospetto dell’illecita provenienza del bene. «Associare il termine zingaro alla commissione di reati contro il patrimonio di fatto diffonde uno stereotipo negativo, oltre che un preconcetto razziale privo di fondamento, secondo il quale i rom sono delinquenti per il solo fatto di essere rom», spiegano le due associazioni in una nota.

Lo scrivente non può che concordare: un parere che introduca un preconcetto razziale non si presenta solo tale da giustificare l’intervento della Magistratura, che ha, effettivamente, provveduto ad intimare il ritiro del parere inesatto ed accertare e dichiarare diritto al risarcimento economico nei confronti dell’attore in giudizio, ma tale che, se “nella vita reale” un legale avesse effettivamente compiuto l’errore di valutare la tendenza a delinquere sul mero dato razziale (considerando quindi il rom “delinquente naturale”), avrebbe creato un parere destinato ad essere demolito come carta velina bagnata alla prima opposizione valida.
Il ritiro della pubblicazione ed il risarcimento sono stati dunque atto dovuto: non è in astratto vietato dire che un tale soggetto ruba, ma è naturalmente inibita l’associazione di etnie o agglomerati etnici e sociali ad un determinato atto, essendo la responsabilità penale un fatto rigorosamente individuale.

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