La nuova politica pro life degli Stati Uniti ha già avuto il primo risvolto controverso, in Arkansan è stata appena approvata una legge che permetterà agli stupratori di fare causa alle loro vittime qualora decidano di abortire il frutto della violenza subita. La legge proibisce di fatto alle donne vittime di stupro di abortire liberamente in qualsiasi caso, sia che l’aggressore sia un estraneo sia che l’aggressore sia un consanguineo o un coniuge.La legge si iscrive in un progetto legislativo teso a smantellare le normative vigenti sull’aborto, scelta che molti cittadini americani possono trovare corretta, ma lo fa garantendo diritti sul feto agli uomini che si sono macchiati di violenza sessuale il che, di fatto, consiste in una ulteriore violenza ai danni della donna che non solo dovrà convivere con il ricordo dello stupro, ma ne dovrà, in alcuni casi, accettare le conseguenze derivanti.
La decisione controversa ha suscitato discreto clamore mediatico e scatenato l’ira delle associazioni a tutela dei diritti delle donne, intervistata dal ‘Daily Beast‘ Karen Musick, co fondatrice dell’associazione ‘Arkansas’s Abortion Support Network‘ ha dichiarato: “Non esiste una singola parte di me che concepisce come qualcuno che ha stuprato o messo incinta involontariamente, magari tramite incesto, possa avere diritto a prendere una decisione simile“.
La legge chiamata ‘Act 45‘ ha inoltre reso illegale la procedura “Dilatazione ed evacuazione“, si tratta della pratica di aborto più diffusa in America che permette un aborto quasi spontaneo e senza rischi per le madri che hanno preso questa decisione. Il motivo di questa decisione è legata al fatto che la procedura necessita di 14 settimane di gestazione per essere effettuata, tempo che adesso non è più concesso per i casi di aborto. Adesso, chiunque praticherà questa procedura rischia dai 100.000 dollari di multa ai 6 anni di carcere.
La notizia è vera, anche se va precisata nella sua portata, come dimostra questo articolo dell’Independent:
Nell’ America di Donald Trump, le donne non hanno alcuna autorità sul proprio corpo – La legge 45 in Arkansas lo dimostra
Il cuore di tutte le questioni morali e legali circa l’aborto è questo: a chi appartiene il corpo femminile corpo di donna? Alla donna stessa o è di qualcun altro? Nello stato dell’Arkansas, una legge nuova e brutale ha deciso che è di qualcun altro,L’ Arkansas Act 45, che è stato firmato dal governatore dello stato Asa Hutchinson giovedi, criminalizza il metodo di “dilatazione e di estrazione” (D & E), che è il metodo chirurgico utilizzato per eseguire la maggior parte dei cosiddetti “aborti del secondo trimestre”.
ed ancora:
L’ Act 45 una disposizione che obbliga a denunciare la donna incinta a chiedere il consenso del il marito, il genitore, tutore per praticare aborti di D & E – e non c’è esenzione per i casi di stupro e incesto. Ciò significa che una donna violentata dal marito, o una ragazza violentata dal padre, deve passare attraverso il suo aggressore prima di porre fine alla sua gravidanza. (…) Ciò significa che il consenso delle donne gli può essere rubato due volte: prima nell’atto di stupro, e di nuovo nel rifiuto dell’aborto.
La notizia della approvazione di questa legge è riportata da diverse testate americane tra cui anche Reuters, in questo articolo:
Prima di proseguire però dobbiamo restringere i termini di quello di cui si parla esattamente. Andremo, giustamente, per ordine.
Di che procedura parliamo esattamente?
La domanda non è oziosa. Stiamo essenzialmente parlando della procedura D&E, Dilation and Evacuation, la procedura più sicura e più comunemente usata, in quanto minimizza i rischi psicofisici per la donna, cementandosi come l’unica procedura affidabile, e per questo usata nel 95% dei casi, per le interruzioni volontarie di gravidanza al secondo trimestre.
Come ricorda il citato Self, le donne colpite dal provvedimento hanno essenzialmente due scelte rimaste:
- Accettare procedure meno sicure e certamente più debilitanti dal punto di vista psicologico e fisico
- Effettuare veri e propri “Viaggi della Speranza” in stati dove la legge è meno restrittiva
Escludendo, naturalmente l’opzione più comune: rinunciare o tentare il viaggio della speranza, fallendo, ed arrivando così oltre i termini in cui l’aborto sarebbe anche solo astrattamente possibile
Se quindi l’aborto nel primo trimestre è ancora possibile, per il secondo trimestre si è scelta una via “furbetta”: non impedirlo, ma inserire una serie di ostacoli, di cui alcuni come vedremo, particolarmente umilianti per la donna e carichi di una commistione tra scienza, religione ed etica, tali da rendere un diritto formalmente ancora in piedi inapplicabile dalla grande maggioranza delle interessate.
Come si perviene a questo risultato?
Mediante una serie di passaggi. Tenetevi comodi e prendete una copia della legge: vi sarà utile.
Ricordate il lungo dibattito, affrontato anche da Donald Trump ed Hillary Clinton in campagna elettorale, su quando legalmente si possa considerare vivo un essere umano?
Il diritto mondiale non è ancora pervenuto ad una risposta univoca, e l’attuale normativa italiana prevede uno stato di limbo nel quale, in ogni caso, il nascituro acquista pienezza di diritti e doveri alla nascita, con le tutele previste dall’attuale normativa dell’IVG poste a tutela di un soggetto “potenziale”. Un “qualcosa”, sostanzialmente, che potrebbe diventare un “qualcuno” al verificarsi di una serie di condizioni.
Condizioni che un pagina generalistica non può pretendere di affrontare, ed alle quali lo stesso diritto si accosta con cautela.
Tranne l’Arkansas Act 95, che del tutto arbitrariamente nel dire
A person shall not purposely perform or attempt to perform a dismemberment abortion and thereby kill an unborn child unless it is necessary to prevent a serious health risk to the pregnant woman.
Una persona non deve effettuare o provare ad effettuare un aborto con smembramento e quindi uccidere un bambino non nato se non è necessario per evitare un rischio grave alla salute della donna incinta
Arriva a gamba tesa nel dibattito e decide che il nascituro non concepito ed il nascituro concepito hanno la medesima posizione giuridica, e quindi non si parla di aborto del secondo trimeste, ma direttamente di omicidio.
Il criterio cui ci si è riferiti nel superamento di un dibattito bioetico e giurisprudenziale vecchio come la specie umana rimane ignoto ed aleatorio, lasciato sostanzialmente ad una interferenza del sentimento religioso nel diritto.
Altra modifica rispetto a normative come quelle cui siamo abituati va vista in comparazione con l’articolo 6 della Legge 194/78, da noi vigente
L’interruzione volontaria della gravidanza, dopo i primi novanta giorni, può essere praticata:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Come vedete, da noi esiste comunque un bias verso le forme di aborto al secondo trimestre, ma che introduce tra i criteri un serio e concreto rischio per la salute fisica e psichica della donna, legate a stretto filo alla presenza di processi patologici nel nascituro
Ma attenzione: l’Arkansas Act 95 invece introduce la seguente norma
(B) “Serious health risk to the pregnant woman” does not include: (i) A psychological or emotional condition; or (ii) A medical diagnosis that is based on a claim of the pregnant woman or on a presumption that the pregnant woman will engage in conduct that could result in her death or that could cause substantial and irreversible physical impairment of a major bodily function of the pregnant woman;
“Il grave pericolo per la salute della donna” non prevede: (i) condizioni psichiche ed emotive (ii) una diagnosi basata su una dichiarazione della donna gravida o sull’ipotesi che la donna gravida potrebbe assumere un comportamento che potrebbe risultare nella sua morte o causare gravi ed irreversibili danni ad una funzione primaria del suo corpo.
Compariamo quindi due donne: l’italiana Gaia e l’americana Jane Doe (entrambi pseudonimi usati per l’anonimato o per gli esempi).
Laddove, raggiunto il secondo trimestre, il dottor Rossi riscontri che proseguire la gravidanza potrebbe lasciare Gaia gravemente traumatizzata o danneggiata a vita nella psiche, oppure in condizione tale da assumere comportamenti che potrebbero sfociare in morte o conseguenze fisiche sarebbe possibile per Gaia abortire.
Laddove il dottor Smith invece riscontri la medesima situazione in Jane Doe, non potrà fare altro che, archiviato ogni possibile problema, informare Jane Doe del fatto che scelta non vi è e lasciarla al suo destino per non rischiare di essere sanzionato duramente.
Sostanzialmente, in Italia viene sanzionato il medico che non informa la donna che si rivolge alla struttura medica per accertamenti qualora questi non l’abbia informata di tutti gli elementi, quali patologie del nascituro, tali da consentirle un maturo giudizio, che comprende la scelta di proseguire o interrompere la gravidanza.
In Arkansas, vigente questa legge, viene sanzionato il medico che consente alla donna di scegliere, offrendogli di sfuggire alla sanzione imponendo alla puerpera autoritativamente la decisione di proseguire la gravidanza.
Il punto che ha provocato però la maggior indignazione delle donne in tutto il mondo è qui contenuto, ovvero, tra l’elenco dei soggetti che possono citare per danni il medico della donna gravida sono:
(B) The father of the unborn child, if the father is married to the woman at the time the dismemberment abortion was performed in violation of this subchapter; or (C) If the woman who received a dismemberment abortion in violation of this subchapter is a minor or has died as a result of the dismemberment abortion, the parents or legal guardians of the woman who received a dismemberment abortion in violation of this subchapter.
Il padre del figlio non nato, se il padre è sposato alla donna al tempo in cui l’aborto fu praticato in violazione di questa norma, o se la donna che ha ricevuto un aborto per smembramento è una minorenne o è morta all’epoca dell’aborto, i genitori o tutori legali della donna che ha subito tale aborto in violazione della normativa.
Mettiamo quindi il caso di una gravidanza all’interno di un matrimonio, dove la prosecuzione della stessa potrebbe recare danno psicologico alla donna tale da spingerla a condotte autolesioniste.
Laddove Jane Doe non potrà ottenere l’aborto, lei ma più che altro suo marito o i suoi tutori legali potranno comodamente impugnare lo strumento dissuasivo dei danni al medico “abortista”
Monetary damages for psychological injuries and physical injuries associated with the dismemberment abortion; and (B) Statutory damages equal to three (3) times the cost of the dismemberment abortion.
Danni economici per danni fisici e psicologici causati dalla procedura di aborto per smembramento e danni legali pari a tre volte il costo della procedura
Fermatevi un attimo a riflettere.
La stessa norma che dichiara che il medico non può tenere in conto lo status psicologico della donna in conseguenza della gravidanza dichiara che lo stesso deve, obbligatoriamente, presumere che una donna che abbia abortito abbia patito stress psicologico degno di essere rimborsato e che soggetti fisicamente estranei alla gravidanza come mariti (anche divorziati) e genitori siano compartecipi di tale patimento d’animo.
L’idea è sostanzialmente che anche la donna che vuole qualcosa (in questo caso, abortire) non lo vuole davvero, ma conta solo quello che vogliono le figure di autorità intorno a lei.
Sì, ma su Snopes ho letto che lo stupro non c’entra
Un attimo! Un attimo.
È pur vero che l’autorevole portale di fact checking Snopes, come molti si sono riportati a tradurre e rilanciare da noi riporta:
JR Davis, spokesman for Arkansas Governor Asa Hutchinson, pointed to a section of the law that prevents damages from being awarded when a terminated pregnancy was the result of a criminal act: “Civil damages shall not be awarded to a plaintiff if the pregnancy resulted from the criminal conduct of the plaintiff.” Thus, a rapist cannot sue his victim and reap any benefits from doing so. Furthermore, the law excludes a woman “who receives or attempts to receive a dismemberment abortion” from civil liability.
JR Davis, portavoce della Governatrice dell’Arkansas Asa Hutchinson, ha indicato un punto della legge che impedisce che i danni siano pagati se la gravidanza deriva dal risultato di un’azione criminale: “I danni civili non saranno pagati all’attore se la gravidanza risulta nella condotta criminale dello stesso”. Quindi uno stupratore non può denunciare la sua vittima ed ottenerne beneficio. Inoltre la legge esclude che la donna “che riceve o cerca di ricevere un aborto per smembramento dalla responsabilità civile”
Ed anche è vero che lo stupro domestico è preveduto in molti stati Americani come autonomo reato, ed anche in Arkansas, dove viene punito con pene fino a dieci anni.
Ma intanto perché vi sia un colpevole deve esserci una condanna, come voi ben saprete.
E se la donna non fosse in condizioni di denunciare (ad esempio in quanto moglie casalinga di un bruto che esercita sia potere fisico che economico su di lei e che sa che, denunciando, sarebbe gettata nella miseria)? E se se il marito denunciato decidesse, fuori su cauzione di andare di rinvio in rinvio?
Inoltre, come ricorda Monica Steiner
Proving rape by a spouse can often be more difficult, because it can be more difficult to prove that the victim did not give her consent. While this can be fairly straightforward to prove in the case of stranger rape, married couples usually have consensual sex, so it can take evidence of marital discord or separation to show that the sexual activity was not nonconsensual.
Provare uno stupro da parte del coniuge è molto difficile, perché è molto più difficile provare la mancanza di consenso. Mentre ciò è evidente se lo stupratore è uno sconosciuto, le coppie sposate solitamente praticano sesso consensuale, quindi bisogna provare dissidi coniugali o una condizione di separazione per provare che l’attività non era consensuale
E ancora nel 2013 gli osservatori americani sui diritti della donna riscontravano una pesante incredulità di giurati e operatori del settore nel valutare lo stupro endomatrimoniale come stupro salvo nei casi più vistosi e deteriori.
Spostandosi invece nell’Arkansas del 2017 scopriamo che:
The punishment for rape is the same for spouses who rape as for other offenders, although it may be more difficult for the victim to prove that she didn’t consent to her husband than it would be to prove non-consent with a stranger.
La punizione per lo stupro è la stessa per il coniuge violentatore che per gli altri rei, ma è molto difficile per la vittima provare di non aver acconsentito al sesso col coniuge: molto più di quanto lo sia provare l’assenza di consenso con uno sconosciuto.
Stiamo pur sempre parlando di una gravidanza del secondo trimestre, dove più passa il tempo, più rischioso è proseguire e, in ogni caso la procedura è vietata, ricordiamo.
Non è quindi automatico, ma è concretamente possibile che un marito abusivo, qualora non denunciato, assolto per insufficienza di prove (data la notoria difficoltà nel provare uno stupro nella vita familiare) o qualora vi sia uno sfasamento temporale tra i due procedimenti possa comunque “provare” a mungere il medico abortista per i danni, aggiungendo una freccia alla faretra delle dissuasioni.
Sostanzialmente, se alla donna è inibita la facoltà di scelta, ed al medico fatto espresso divieto di valutare quanto dalla donna asserito e la prognosi di un deterioriamento psicologico (dovendosi fermare al solo “pericolo di salute fisica”), ad un ipotetico John Doe, stupratore non denunciato, ovvero assolto per assenza di prove, ovvero in attesa di giudizio, potrebbe essere comunque consentito dichiarare un suo patimento psicologico da brandire come arma, sommando al danno la beffa: un reato tra i più difficili da provare al mondo che vedrebbe come “premio” per un marito abbastanza scaltro da non lasciarsi testimonianze alle spalle la possibilità di servirsi dell’autorità per “intimidire” i medici che potrebbero praticare l’interruzione di gravidanza sul partner (ex?) e mettersi un gruzzolo da parte.
Ipotesi accademica? Probabilmente. Possibile? Non possiamo escluderlo.
Sì, ma tanto io sono credente e credo che la vita cominci al concepimento, la donna troverà la Fede e ne farà una ragione.
Una pia illusione.
Ricorda il citato SELF:
“When women say, ‘I’m not ready for a baby,’ they really know their lives,” Nancy Stanwood, M.D., Yale School of Medicine associate professor of obstetrics and gynecology, previously told SELF. “But when they’re in a situation where safe abortion is not readily available, they can resort to dangerous things—[potentially leading] to medical harm and death.” And research has reiterated this. Guttmacher Institute data show that the abortion-related deaths and hospital admissions denied significantly after Roe v. Wade affirmed abortion as a constitutional right in 1973—when women had access to safe and legal abortion procedures. And a report from the New York Times showed that Google searches for self-induced abortions and miscarriages increased in 2015, as the number of laws restricting abortion access increased.
“Quando una donna dice – Ma io non sono pronta per un bambino – è a perfetta conoscenza di ogni circostanza della sua vita, ha detto a SELF la dottoressa Nancy Stanford, professore associato di medicina alla scuola di medicina di Yale in ostetricia e ginecologia. “Ma quando la poni in una situazione in cui non può abortire con sicurezza, la stessa sarà costretta ad azioni pericolose [potenzialmente] in grado di condurla alla morte ed adanni medici. “E la ricerca lo ha dimostrato. L’Istituto Guttmacher dimostra che i dati relativi alle morti da aborto ed alle ospedalizzazioni relative sono diminuite dopo la sentenza Roe v. Wade che riconobbe l’aborto come diritto costituzionale nel 1973, quando le donne ebbero accesso a procedure abortive sicure e legali. Ed un rapporto del New York Times dimostra che quando nel 2015 sono aumentate le norme restrittive sull’aborto sono salite le ricerche su internet di modalità di aborto “Fai da te”
Six other states have passed laws resembling Arkansas’ HB1032. But in four of those states (Louisiana, Alabama, Mississippi, and West Virginia), the laws were legally challenged and struck down. The American Civil Liberties Union (ACLU) has already threatened to take legal action against HB1032, so the act may face a similar fate.
Sei altri stati hanno passato norme che ricordano quella dell’Arkansas. Ma in quattro di questi (Louisiana, Alabama, Mississipi e West Virginia) le leggi sono state contestate e abrogate. L’Unione per le Libertà Civili Americana ha minacciato di ricorrere contro l’HB1032, così è probabile che anche questa decadrà.
Sostanzialmente, si verificheranno i seguenti due casi, molto più probabilmente di una donna che torni in seno al marito stupratore accettando una gravidanza pericolosa, psicologicamente e fisicamente nociva , anche , ricordiamo, possibile sotto effetto di violenza
- Se riuscirà ad abortire entro il primo trimestre, lo farà
- Se non ci riuscirà cadrà preda della prima mammana, preferendo la morte
Ma ho letto su alcuni giornali/blog/portali di diverso orientamento che è una bufala e che l’aborto non è e vietato!
Quello del primo trimestre no.
E tecnicamente, neppure quello del secondo trimestre.
Tecnicamente. Nei fatti però la norma rende l’aborto del secondo trimestre un diritto fantasma, equiparato all’omicidio.