In tanti ci avevate richiesto di verificare la storia riportata da Il Messaggero nell’articolo dal titolo “Varese, studentesse musulmane escono dalla classe durante il minuto di silenzio per Parigi” del 18 novembre 2015 (raccontato anche da Il Gazzettino e Il Giornale):
Alcune studentesse musulmane sono uscite dall’aula di una scuola di Varese, rifiutandosi di partecipare insieme ai compagni e all’insegnante al minuto di silenzio di lunedì scorso per commemorare la vittime degli attentati di Parigi.
Sull’episodio, riportato oggi dal quotidiano ‘La Prealpina’, sono in corso accertamenti da parte della Digos di Varese, che ha ricevuto una segnalazione. Le ragazzine frequentano la classe prima all’Istituto tecnico commerciale Daverio, dove lunedì le lezioni si sono interrotte per il minuto di silenzio osservato nelle scuole di tutta Italia.
La fonte è il quotidiano La Prealpina, il quale pubblica il 18 novembre 2015 l’articolo dal titolo “Studentesse boicottano il minuto di silenzio“:
“Non ne so niente”. Così la dirigente scolastica dell’Istituto tecnico commerciale Daverio ha risposto a Barbara Zanetti, cronista della Prealpina che le ha chiesto, martedì 17 novembre, di commentare l’inquietante episodio avvenuto nella scuola la mattina precedente. Cioè lunedì 16 ottobre, quando durante l’orario di lezione, sei studentesse del primo anno, di nazionalità marocchina, hanno deciso di allontanarsi dall’aula per non partecipare al minuto di silenzio deciso dal Ministero dell’Istruzione in tutte le scuole italiane per commemorare le vittime dell’eccidio terroristico di Parigi.
Se la dirigente dell’Itc si chiama fuori dall’esposizione mediatica, anche la Prefettura di Varese mantiene un profilo basso sulla questione, dibattuta martedì 17 novembre durante la riunione del Comitato per l’ordine pubblico e la sicurezza, e per la quale, poche ore prima, era stato presentato un esposto alla polizia locale, alla Digos e ai carabinbieri.
Lo scopo è quello di accertare le motivazioni reali del gesto delle sei ragazze, dato che nella loro classe c’è anche uno studente islamico, il quale però ha voluto onorare il minuto di silenzio insieme coi compagni e con l’insegnante. E mentre c’è chi sostiene che le sei giovani abbiano voluto manifestare il loro disaccordo per la diversità di trattamento riservato alle vittime dell’Isis in Europa, in Siria e in Nigeria, c’è anche chi sospetta motivazioni più radicali nel boicotaggio del silenzio.
Lo stesso giorno, il quotidiano La Prealpina pubblica un altro articolo chiarificatore dal titolo “Protesta in ricordo delle “altre” vittime“:
Nessuna “vicinanza” con i terroristi dell’Isis, ma anzi lo sdegno verso il trattamento diverso riservato alle vittime di Parigi rispetto a quelle delle numerose stragi in giro per il mondo. “Siamo usciti dall’aula perché non abbiamo capito come mai si deve esprimere solidarietà solo alle vittime di Parigi e non a quelli che muoiono in tutti gli attentati in altre parti del mondo”. Cosi, come già anticipato da Prealpina, secondo quanto riferisce la preside Nicoletta Pizzato, avrebbero motivato il loro gesto gli studenti (alcuni musulmani, di origine marocchina, ma alcuni pare italiani) che sono usciti dall’aula lunedì 17 durante il minuto di silenzio all’Istituto tecnico Daverio. “Subito dopo comunque, quando sono rientrati – ha aggiunto la dirigente scolastica – in quella classe c’è stato un lungo approfondimento”.
Sono in corso accertamenti da parte della Digos di Varese, che ha ricevuto una segnalazione. I giovani frequentano la classe prima all’Istituto tecnico commerciale, dove lunedì le lezioni si sono interrotte per il minuto di silenzio osservato nelle scuole di tutta Italia. Da capire le motivazioni della decisione degli studenti, in una scuola frequentata da diversi ragazzi di religione islamica.
Un segno di protesta per il trattamento diverso riservato alle vittime di altre stragi, a “boicottare” il minuto di silenzio non erano solo musulmani, ma pare anche alcuni italiani.
Tutto lo scandalo che è stato generato da questo episodio lo si poteva risolvere andando ad intervistare i ragazzi coinvolti.
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