Ricercatori americani hanno scoperto quello che hanno battezzato il “virus della stupidita'”:la presenza nell’organismo di un batterio chiamato ATCV-1,simile al ‘chlorovirus’ delle alghe, e’ stata associata in persone ed animali da laboratorio ad un piu’ basso quoziente intellettivo.
Gli scienziati delle universita’ Johns Hopkins e Nebraska hanno individuato il virus per caso in campioni di culture della gola di un gruppo di individui sani nel corso di un esperimento non relativo all’intelligenza.
Ma secondo il rapporto pubblicato su ‘Proceedings’, la rivista dell’Accademia nazionale delle Scienze Usa, il 44% delle persone ‘positive’ al virus in questione hanno evidenziato in appositi test un quoziente intellettivo piu’ basso di 7-9 punti rispetto alla media. I test hanno misurato la capacita’ di attenzione, il tempo necessario ad assorbire informazioni visive e cosi’ via.
La notizia è confermata: ma non comporta l’esistenza di un “virus instupidente” (erroneamente chiamato “batterio” nella prima frase della velina ANSA) che possa trasformare un genio in un idiota, o anche solo generare sensibili riduzioni del QI.
Al riguardo si rileva che
The cognitive effects were small, notes Joram Feldon, a neuroscientist emeritus at the Swiss Federal Institute of Technology in Zurich who was not involved with the work. He praises the finding for being innovative, but says “if you ask me if I am worried about the existence of this virus, I am not.”
Joram Feldon, neuroscienziato emerito all’Istituto Federale per la tecnologia svizzero a Zurigo, non interessato con la ricerca, rileva che gli effetti sulla cognizione sono minimi. Loda i risultati per essere innovativi, ma dichiara “Se mi chiedete se sono preoccupato per l’esistenza del virus, io vi dico di no”
La notizia è però interessante e merita discussione, in quanto, come riporta il professor Yolken, può servire a meglio esplicare i rapporti tra gli organismi viventi ed i microorganismi che in essi abitualmente dimorano.
Del resto, con la presenza del virus ACTV-1 nel 43% del campione testato, è evidente che tale forma del clorovirus fa parte del “corteggio” di microorganismi che, dalla nascita alla morte, possono accompagnare ognuno di noi.
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