“La scoperta della città Maya sulla base delle stelle? Una bufala”. “Dalle immagini satellitari parrebbe di vedere più un campo di mais abbandonato che un insediamento antico sperduto nella giungla”. A pochi giorni dalla notizia di William Gadouri, il quindicenne canadese che avrebbe individuato un antico insediamento precolombiano nello Yucatan studiando le costellazioni, tra gli esperti serpeggia lo scetticismo. A destare perplessità è soprattutto il punto di partenza della ricerca, la presunta correlazione tra la posizione delle città sul territorio e le mappe celesti: a ogni astro del cielo farebbe capo, sulla terra, una città. L’Agenzia Spaziale Italiana plaude all’impegno del ragazzo, che ha ricevuto dall’Agenzia Spaziale Canadese e dalla Nasa un riconoscimento per aver saputo incrociare conoscenze storiche e tecnologie spaziali, provando a interrogare le stelle.
“Nel caso dei Maya si tratta di una teoria del tutto inattendibile sotto il profilo scientifico” spiega il professor Giulio Magli del Politecnico di Milano, astrofisico e uno dei maggiori esponenti italiani dell’archeoastronomia, la disciplina che studia le relazioni tra l’architettura delle civiltà antiche e la disposizione della volta celeste. “Le costellazioni dei Maya, fatta eccezione per lo ‘Scorpione’, non coincidono con quelle attuali”, continua Magli. “Oggi non sappiamo in che modo quel popolo ‘riorganizzava’ le proprie stelle nel cielo. Mancando tale presupposto, è impossibile pensare di riproporre quegli schemi in chiave terrena”.
Inoltre, se il principio alla base dell’archeoastronomia è il legame diretto e immediatamente verificabile tra un edificio e l’allineamento astronomico presente ai tempi della sua costruzione, “nel caso delle costruzioni dei Maya non viene rispettato”, precisa Magli. “Le città distano tra loro centinaia di chilometri e non sono visibili l’una con l’altra, di modo che è impossibile far sì che le distanze sul terreno siano simili a quelle che sono nel cielo”. Se la teoria di William fosse solo “fantarcheologia”, e “Bouche de feu” – come città Maya è stata ribattezzata dal giovane scopritore – dovesse rivelarsi una bufala (nessuna spedizione sul campo ne ha ancora attestato l’esistenza), non sarebbe comunque la prima volta. “Anche del sito archeologico di Angkor, in Cambogia, si è detto che i templi seguono la costellazione del drago, ma è una falsità. Stesso discorso per le piramidi di Giza, non è vero che sono disposte secondo la costellazione di Orione”.
Ma allora come è riuscito il piccolo astronomo a trovare le coordinate della “città perduta”? “Tutto questo si spiega facilmente col fatto che nella selva ci sono centinaia di città nascoste. Volendo se ne potrebbe scoprire una al giorno”, gli fa eco il professor Davide Domenici dell’Università di Bologna, esperto in civiltà indigene delle Americhe, con alle spalle diverse spedizioni in Messico. “Inoltre nelle immagini satellitari circolate sul web pare di intravedere un campo di mais più che le vestigia di un insediamento”. Insomma, stando alle prime impressioni, in attesa di una pubblicazione scientifica che, eventualmente, sgombri il campo dalle perplessità, sembrerebbe che la scoperta di Williams sia dovuta a un caso fortuito.
Siamo ora in grado, e definitivamente di tracciare gli orizzonti corretti della notizia.
È vero che l’intraprendenza dimostrata dal giovane William Gadoury gli è valsa l’ammirazione della comunità scientifica.
Non è purtroppo vero che il ragazzo abbia seguito un metodo accurato ed inattaccabile: anzi, il giovane William parrebbe essere ricaduto in alcune evidenti lacune del pensiero, come il ritenere che i Maya organizzassero le costellazioni in modo simile a quello degli occidentali moderni, non calcolare con precisione lo spostamento degli astri (calcolo complesso anche per astronomi professionisti) e non tenere di conto che la complessa geopolitica Maya avrebbe reso impossibili simili forme di accordo.
Per questo, laddove il popolo della rete ha voluto vedere una grande scoperta, la comunità scientifica si approccia con forte scetticismo.
Ma #ioverifico serve anche a questo: la stessa comunità scientifica che ha apparentemente abbattuto la teoria del giovane William gli si è infatti stretta intorno per lodare la sua passione.
Se con mezzi carenti ed una teoria imprecisa a cagione della sua giovane età il giovane William è riuscito a tenere tutti col fiato sospeso, l’ufficiale addetta ai progetti per la CSA, l’Agenzia Aerospaziale Canadese Daniel De Lisle sembra aver fiducia nel futuro del ragazzo
“I told my colleagues, ‘This could be our next president at CSA. One day we may all have to work for him,'” De Lisle said.
“Ho detto ai miei colleghi: questo ragazzo sarà il prossimo presidente all’Associazione Aerospaziale Canadese. E tutti lavoreremo per lui un giorno”, riferisce De Lisle
Ripetiamo: probabilmente non c’è nessuna scoperta, per tutte le ragioni evidenziate.
Solo un ragazzino che sogna le stelle e l’archeologia, e che speriamo un giorno possa raggiungere.