Lo scorso 12 gennaio 2015 il sito Fanpage pubblicava un articolo dal titolo “Green Hill, chiesta la condanna dei responsabili: ‘Morti 6mila cani in 4 anni’“. Ancora prima, il 3 novembre 2014, il sito It.blastingnews.com pubblicava un articolo dal titolo simile “Via al processo Green Hill, prime rivelazioni: uccisi 6.000 beagle in due anni e mezzo“.
Lo scorso 24 gennaio 2015 l’Ansa pubblica un articolo dal titolo “Green Hill: condannati per maltrattamento i responsabili dell’allevamento di beagle“, riportando le condanne di tre dei quattro imputati nel processo di Brescia: un anno e sei mesi per Ghislane Rondot (co-gestore di Green Hill 2001 della Marshall Bioresources e della Marshall Farms Group) e per Renzo Graziosi (veterinario) e un anno al direttore Roberto Bravi, mentre è stato assolto Bernard Gotti (l’altro gestore dell’allevamento).
I capi di imputazione erano relativi ai reati previsti dall’articolo 544 ter del Codice Penale (maltrattamento), nei confronti dei 2639 cani ora liberati, e del reato previsto dall’articolo 544 bis (uccisione di animali) per la soppressione di 54 beagle. Articoli del Codice Penale spacciati per depenalizzati lo scorso dicembre 2014, di cui oggi vediamo le effettive condanne.
Al processo erano 44 i casi contestati dal PM (a cui sarebbe stata praticata l’eutanasia senza necessità) mentre 54 contestati dall’accusa. Il dato degli oltre 6000 cani morti non è stato contestato a livello processuale, ma citato nella requisitoria finale del PM.
Riportiamo quanto scritto da Linkiesta:
Tra il 2008 e il 2012, oltre seimila cani erano morti nell’allevamento, secondo quanto ha detto il pubblico ministero nella requisitoria finale del processo. Diverse decine di animali, ha aggiunto facendo riferimento alla documentazione presentata dai periti dell’accusa, sono stati uccisi solo perché malati e senza ricevere cure adeguate.
Poniamo l’esempio di Vegan, la prima cucciola liberata da Green Hill, presentata alla stampa il 27 luglio 2012 mentre era in piena gravidanza.
Vegan era una fattrice, ossia destinata alla riproduzione, così come altre cucciole del centro. Il 28 agosto 2012, Vegan partorì 5 cuccioli, di cui sopravvissero solo in due. Secondo l’articolo pubblicato da Ecoseven.net, che riporta la notizia, la morte dei 3 cuccioli dipende dai tanti parti a cui è stata costretta Vegan durante i 4 anni vissuti a Green Hill.
Se consideriamo il numero dei parti sostenuti dai responsabili del centro, oltre 3000, nell’arco di 5 anni e il caso di Vegan, è probabile che il numero dei cani morti alla nascita possa essere superiore alla cifra citata.
In questo caso bisognerebbe far differenza tra le morti dovute al parto e quelli contestati nel processo per eutanasia (uccisi).
In seguito alla liberazione degli animali, in un comunicato del 12 novembre 2014, la Lav sostiene in 2 anni e mezzo sarebbero deceduti 98 cani, inclusi quelli morti alla nascita (PDF). Non sappiamo, tuttavia, quanti sarebbero stati sterilizzati e quanti dei rispettivi nuovi padroni abbiamo deciso di procedere con la riproduzione degli animali.
Per ora ci limitiamo a questi fatti, per avere un quadro più certo bisogna comunque attendere le motivazioni della sentenza che verranno rese pubbliche tra 60 giorni. Ricordiamo che si tratta di un processo di primo grado, di cui probabilmente procederà in appello.
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