Una tragedia è sempre un momento di raccoglimento, per molti. Per altri, un’occasione eccellente di lanciare contenuti virali.
Riscatto Nazionale ad esempio ricopia, citandolo, un articolo de La Stampa.
Sostanzialmente corretto, ma funestato da un titolo acchiappaclick che sposta l’attenzione da Araldo di Crollalanza a Mussolini e con delle precisazioni ulteriori da fare.
In un momento così drammatico per l’Italia il premier Matteo Renzi polemizza con la ricostruzione dell’Aquila anziché concentrarsi esclusivamente sul sisma che ha colpito la zona di Amatrice. Vedremo cosa saprà fare lui. Ed è bene, in questo momento, ricordare altri terremoti, come quello del Vulture del luglio 1930, avvenuto sempre sulla dorsale appenninica a rischio, poco a Sud da quello del 24 agosto e di magnitudo superiore, 6,7, che causò anche un numero maggiore i vittime, 1404.
Il terremoto prende il nome dal Monte Vulture alle cui pendici si verificarono ingenti danni, e colpì la Basilicata, la Campania e la Puglia, in particolare le province di Potenza, Matera, Benevento, Avellino e Foggia. Il terremoto interessò oltre 50 comuni di 7 province. Benito Mussolini, non appena ebbe notizia del disastro convocò il ministro dei Lavori Pubblici, Araldo di Crollalanza e gli affidò in toto l’opera di soccorso e ricostruzione. Araldo di Crollalanza,classe 1892, fu ministro dal 1930 al 1935. Successivamente divenne presidente dell’Opera nazionale combattenti, e legò il suo nome alla bonifica dell’Agro Pontino. Già squadrista nella Marcia su Roma, fu console della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, Podestà di Bari, nella Repubblica Sociale Italiana fu commissario straordinario pe ril parlamento, nel quale aveva seduto per tre legislature. Dopo la guerra fu arrestato ma immediatamente prosciolto. Nel 1953 divenne parlamentare delMovimento Sociale Italiano e fu rieletto ininterrottamente fina alla sua morte, avvenuta nel 1986. A lui sono dedicate vie e piazze nell’Agro Pontino e un Puglia.
Il sisma del Vulture causò 1404 morti
Tornando al terremoto del Vulture, di Crollalanza dispose in poche ore il trasferimento di tutti gli uffici del Genio Civile, del personale tecnico, nella zona, come previsto dal piano di intervento e dalle tabelle di mobilitazione che venivano periodicamente aggiornate. Tra l’altro nella stazione di Roma, su un binario morto, era sempre in sosta un treno speciale, completo di materiale di pronto intervento, munito di apparecchiature per demolizioni e quant’altro necessario per provvedere alle prime esigenze di soccorso e di assistenza alle popolazioni terremotate. E su quel treno si accamodarono il ministro stesso e tutto il personale necessario in direzione dell’epicentro della catastrofe. Per tutto il periodo della ricostruzione Araldo di Crollalanza non si allontanò mai, dormendo in una vettura del treno speciale che si spostava da una stazione all’altra per seguire direttamente le opere di ricostruzione. I lavori iniziarono immediatamente. Dopo aver assicurato gli attendamenti e la prima assistenza, furono incaricate numerose imprese edili che prontamente giunsero sul posto con tutta l’attrezzatura. Lavorando su schemi di progetti standard si poté dare inizio alla costruzione di casette a piano terreno di due o tre stanze anti-sismiche, e nello stesso tempo fu iniziata la riparazione di migliaia di abitazioni ristrutturabili, in modo da riconsegnarle ai sinistrati prima dell’arrivo dell’inverno. A soli tre mesi dal sisma, il 28 ottobre 1930, le prime case vennero consegnate alle popolazioni della Campania, della Lucania e della Puglia. Furono costruite 3.746 case e riparate 5.190 abitazioni. Mussolini ringraziò di Crollalanza così: «Lo Stato italiano La ringrazia non per aver ricostruito in pochi mesi perché era Suo preciso dovere, ma la ringrazia per aver fatto risparmiare all’erario 500 mila lire». Altri tempi, ma soprattutto altre tempre… Tra l’altro, le palazzine edificate in questo periodo resistettero ad un altro importante terremoto, quello dell’Irpinia, che colpì la stessa area 50 anni dopo
Sostanzialmente, le note su Araldo di Crollalanza sono corrette.
Araldo di Crollalanza ebbe un ruolo essenziale nella ricostruzione, e la sua integrità politica gli valse un posto nella vita italiana democratica anche dopo la caduta del fascismo, e riporta una sua piccola biografia
Indimenticabile ed eccezionale è l’opera da Lui prestata per il terremoto del 1930, che colpì la Campania, la Basilicata ed il Subappennino dauno. Araldo di Crollalanza si stabilì in loco alloggiando persino in un vagone ferroviario e rimamendovi ininterrottamente sei mesi per dirigere l’opera di assistenza, per ricostruire gli abitati distrutti o danneggiati, per controllare de visu giorno per giorno l’andamento dei lavori. Il Governo destinò 100 milioni, ma Egli portò a compimento la ricostruzione in tempo anticipato rispetto a quello preventivato e risparmiò 10 milioni dell’epoca.
In compenso le presunte differenze tra il sistema attuale in contrapposizione con un presunto e migliore “sistema antico” sono del tutto inventate.
La modernità e l’efficienza del sistema di Araldo di Crollalanza sta nell’essere stato egli stesso pioniere del sistema che abbiamo sperimentato nelle crisi attuali chiamandolo sistema delle New Town, così descritto in un saggio relativo, che potrete riscontrare per intero (grazie a Leonardo per la collaborazione).
Il governo decise di non costruire baracche di legno, adducendo la ragione che, benché rispondenti ai bisogni immediati, avrebbero lasciato irrisolto il problema edilizio al quale il governo intendeva invece dare una soluzione definitiva con nuove spese. Fu deciso di costruire dei piccoli edifici, detti “casette asismiche” perché rispondenti alle norme di edilizia antisismica allora vigente. L’intenzione era di completare il piano di costruzione di tali casette entro l’ottobre 1930. Tuttavia, nonostante il decisionismo governativo, diversi elementi impedirono la realizzazione completa delle previste “casette asismiche”: la crisi economica in corso, il rincaro dei prezzi dei materiali da costruzione, la lentezza dei trasporti e la difficoltà di reperire mano d’opera specializzata da altre regioni, soprattutto a causa delle paghe basse. Le tendopoli caratterizzerono infatti, per un tempo assai maggiore del previsto, la vita delle popolazioni terremotate, le cui condizioni si aggravarono con l’avvicinarsi dell’inverno.
Il capo del governo, B.Mussolini, sollecitato dalle pressioni dei prefetti, preoccupati delle condizioni difficili e disagiate dei senzatetto e dalla lentezza con cui procedevano i lavori di costruzione delle “casette asismiche”, nel settembre 1930 annunciò la decisione di permettere la costruzione di 1.000 baracche. I lavori di ricostruzione in seguito a ciò si intensificarono e alla fine del mese di ottobre furono ultimate 961 casette, comprendenti 3.746 alloggi, per una spesa complessiva di circa 68 milioni di lire. La cifra risentì dell’enorme quantità dei materiali richiesti, dei costi dei trasporti in zone collinose e montane, della necessità di turnare e di alloggiare la mano d’opera non locale.
Le “casette asismiche” erano così fatte: avevano uno zoccolo di calcestruzzo cementizio e, dove fu possibile, di pietrame e malta cementizia; comprendevano quattro alloggi costituiti da uno, due o più vani, dalla cucina e da accessori. L’intelaiatura della casetta era costituita da correnti di base, da montanti e da cordoli di coronamento aventi spessori uguali a quelli della muratura di mattoni di riempimento delle maglie o di tramezzatura. Gli stipiti e gli architravi delle porte e delle finestre erano costruiti in cemento armato. La copertura era a tetto non spingente, con padiglione in testata. L’orditura fu costituita da capriate con puntoni, catene, monaco e saette. Sulle capriate venne fissato la copertura di tavole e su queste il tegolato costituito da lastre di ardesia artificiale. Al di sotto delle capriate era fissata l’orditura dei soffitti in rete metallica. I pavimenti con sottostante vespaio e massetto erano rivestiti da mattonelle di cemento.
Esattamente come attualmente sperimentato nelle crisi recenti, l’iniziativa governativa affrontò la questione ad ondate: prima fu eretta una tendopoli, poi delle baracche provvisorie (equivalenti dei “containers” usati nelle crisi moderni) e poi l’erezione di “casette asismiche” su zoccolo di calcestruzzo cementizio con intelaiature in cemento armato, prefiggendo così il passaggio dall’accampamento alla New Town.
Non fu quindi “eretta una nuova città in tre mesi”, ma eretta una New Town con l’equivalente dell’epoca di container e prefabbricati. Funzionali, certo, ma di certo non dissimili della modalità eseguite adesso, al netto delle differenze in tecnologia.
EDIT: A pochi minuti dalla pubblicazione ci fanno notare come la pagina Wikipedia dedicata al Terremoto del Vulture sia oggetto di una vera e propria edit war fondata sull’aggiunta imperita di informazioni spurie, prontamente rimosse dagli amministratori del noto sito.
Tra le motivazioni compaiono le fonti da noi citate:
#ioverifico è importante.
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