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Secondo i dati raccolti, da associazioni come Adusbef precedentemente citata, sono oltre 130 mila gli azionisti e 20 mila gli obbligazionisti che si ritrovano in mano “carta straccia”:
Secondo prudenziali stime, 130.000 piccoli azionisti e 20.000 bond holders sottoscrittori di obbligazionisti subordinate di Banca Marche, CariFerrara, Banca Etruria e del Lazio, CariChieti (oltre alle Fondazioni bancarie), potrebbero aver perso oltre 1,2 miliardi di euro dal decreto salvabanche, con pochissime possibilità di recuperare qualche briciola.
I sottoscrittori di bond subordinati delle quattro banche, hanno perso quasi 800 milioni di euro contribuendo così al 30% della copertura dei 2,6 miliardi di perdite totali, mentre 133.000 azionisti (60 mila di Banca Etruria; 44 mila di Banca Marche, 22 mila quelli di CariFerrara, 6.000 di CariChieti), hanno subito un brusco risveglio con i loro titoli trasformati in carta straccia.
Riportiamo la spiegazione pubblicata dal sito Borsaitaliana.it:
Con la definizione di obbligazioni subordinate ci si riferisce ai titoli il cui rimborso nel caso di liquidazione o fallimento dell’emittente avviene successivamente a quello dei creditori ordinari, comprese le normali obbligazioni definite senior.
Le obbligazioni subordinate si distinguono, infatti, dalle altre obbligazioni non in base al tipo di tasso, ma per la tipologia di rischio.
Si tratta di titoli con rischio più elevato rispetto a quello delle obbligazioni ordinarie e pertanto sono caratterizzate da un maggior rendimento.
Il motivo principale va ricercato nel fatto che questi bond non sono considerati strumenti di debito tradizionali ma vengono trattati alla stregua del capitale e rappresentano spesso un’alternativa al più costoso collocamento di azioni.
Nel caso delle banche esistono diverse tipologie di obbligazioni ad ognuna delle quali si accompagnano diverse caratteristiche finanziarie.
Mentre il decreto evita il ricorso ai fondi pubblici e difende i diritti dei correntisti, depositanti e dei titolari di obbligazioni ordinarie, coloro che vengono colpiti sono gli azionisti e possessori di obbligazioni subordinate. Questi, però, no sono soltanto grandi società ma anche persone comuni, risparmiatori che si sono affidati alle obbligazioni subordinate.
Ecco alcune delle testimonianze riportate da Repubblica il 4 dicembre 2015:
“Ho perso trentamila euro, la metà dei risparmi di una vita. All’Etruria mi hanno fatto vedere un foglio, dei miei soldi non resta niente”. Zero. Mario è pensionato e abita a Empoli, in Toscana, ma il suo è soltanto uno dei tanti casi. Da Chieti, da Terni, da Pescara, da Ferrara, da Grosseto e Arezzo. Da nord a sud. Dalla Banca Etruria alla Banca Marche, dalla Cassa di Risparmio di Chieti alla Cassa di Risparmio di Ferrara. Dai posti insomma in cui ci si fida e l’impiegato della banca si trasforma in una specie di consulente finanziario consultato al volo, con le mani piene di borse della spesa. “Siamo le vittime di quel decreto – racconta Roberta Gaini, 50 anni, toscana, impiegata in una ditta chimica – non riesco più a dormire da giorni. Mi hanno preso i soldi che mi aveva lasciato mio padre, ho perso 62 mila euro in obbligazioni subordinate, 20 mila li ha persi mia madre e dieci mila mia sorella. Come la chiamiamo se non una truffa?”.
Più che “salvatori” possiamo parlare dei veri “fregati”. La perdita di questi soldi, tuttavia, non sarebbero da attribuire allo Stato siccome già in precedenza queste somme non esistevano più proprio perché azzerate nelle perdite delle banche. Ricordiamo ancora che in caso di fallimento o di dissesto, la perdita che può subire l’investitore è sempre elevata e molto spesso tendente al 100% del capitale investito.
Le accuse vengono rivolte alle banche, presunte colpevoli di aver venduto in maniera truffaldina (senza spiegarne tutti i rischi) queste obbligazioni subordinate. Diciamo presunte siccome l’eventuale truffa dovrebbe essere dimostrata in tribunale. Interessante la lettera di una studentessa universitaria al Sole24Ore che riportiamo in parte:
Vorrei condividere la mia esperienza personale, tralasciando tecnicismi o sentimenti di rancore, che inevitabilmente mi pervadono. Tra i sottoscrittori delle obbligazioni di Banca Etruria c’è mia nonna e tantissimi altri pensionati che gestiti da impiegati di banche male informati o forse troppo sotto pressione gli hanno fatto investire parte o tutto dei loro risparmi in obbligazioni, che oggi scoprono essere subordinate. Le obbligazioni in questione (Lower Tier 2) ci erano state proposte da dipendenti, vice-direttori, direttori di Banca Etruria, descritte come obbligazioni “sicure, senza alcun rischio e garantite alla loro scadenza al 100%”. Garantite da dipendenti “amici” e da una banca sulla quale da 30 anni la mia famiglia ripone la propria fiducia affidandogli i risparmi di una vita.
Mia nonna, ottantottenne, vedova, ha perso 50.000 euro. No, non abbiamo ancora avuto il coraggio di dirglielo.
Riportiamo l’intervenuto il viceministro dell’Economia Enrico Morando al Fatto Quotidiano:
“L’azzeramento del valore delle obbligazioni subordinate – come tali parte del capitale di rischio – costituisce un vincolo non eludibile, imposto dalla Direzione Generale Competitività (l’Antitrust Ue, ndr) per approvare gli interventi del fondo di risoluzione”, si è inizialmente scusato Morando che è intervenuto sul tema in Commissione bilancio della Camera. L’esecutivo, ha aggiunto poco dopo, “è tuttavia consapevole che – almeno ad una parte dei risparmiatori coinvolti – la natura dello strumento obbligazione subordinata poteva non essere perfettamente nota“. Per questo, ha proseguito, il governo “ha avviato una approfondita verifica circa la possibilità che siano messe in atto misure in grado di ridurre gli effetti negativi del processo di risoluzione sulla componente socialmente più debole degli investitori coinvolti, che possa aver agito senza la necessaria consapevolezza del livello di rischio del prodotto acquistato”.
Difficile capire a quale tipo di misure stia pensando Morando, visto che il salva-banche approvato il 22 novembre scorso è frutto di mesi di studio e trattative con Bruxelles ed è appena stato inserito nella legge di Stabilità con un emendamento governativo. Certo, la misura potrà essere modificata con i sub emendamenti, che dovranno essere presentati entro le 11.00 di venerdì. Ma è improbabile che siano efficaci e tempestivi: prima di tutto bisognerà dimostrare in tribunale la vendita truffaldina dei prodotti bancari. Quindi far pagare il conto a chi li ha venduti e non a chi li ha comprati. Oltre che ai vigilanti che hanno chiuso un occhio. Ma i tempi della giustizia non coincidono con quelli della politica, come ben sa perfino Morando.
Infatti, il problema rimane.
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