Ci è stato presentato il seguente link, rilettura delle statistiche ufficiali sull’immigrazione ed asilo del Viminale
Sulle conclusioni, in compenso, rispettosamente avremo dei dubbi da sollevare.
Infatti il testo del Viminale parla del 63% di diniego delle domande di asilo.
La didascalia della foto parla invece di clandestini al 63%
Ma il diniego conduce solo alla clandestinità?
Riteniamo di no: una delle vie aperte è ad esempio il ricorso, come riportato dalla sinossi del Progamma Integra
Disciplinato dal d.lgs 25/2008 artt.32, 35 e 36 e dal d.lgs 159/08.
In caso di esito negativo dell’esame innanzi alla Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale al richiedente verrà consegnato un provvedimento di diniego della domanda di protezione con indicati i mezzi di impugnazione. Il ricorso avverso la decisione della Commissione deve essere presentato entro 15 giorni dalla data di notifica del provvedimento innanzi al Tribunale del capoluogo di distretto di Corte di appello dove ha sede il Cara o il Cie. Il termine di presentazione diventa di 30 giorni per i richiedenti asilo che non sono stati né accolti in un Cara né trattenuti in un Cie e il ricorso deve essere presentato innanzi al Tribunale del capoluogo di distretto di Corte di appello dove ha sede la Commissione territoriale.
Il ricorso non ha effetto sospensivo immediato ma deve contestualmente essere richiesta al Giudice apposita autorizzazione a permanere sul territorio nazionale al fine di poter attendere in Italia l’esito dell’opposizione. Fanno eccezione i casi che si trovano in un Cara per verificare l’identità e la nazionalità e i richiedenti non soggetti a trattenimento o accoglienza: per loro la presentazione del ricorso ha effetto sospensivo immediato. Il Giudice accoglie o rifiuta con ordinanza la richiesta di permanenza in Italia in attesa di giudizio nei 5 giorni successivi, nel frattempo il richiedente attende ospitato all’interno del Cara o del Cie. In caso di accoglimento dell’istanza al richiedente verrà rilasciato un permesso di soggiorno per richiesta asilo di tre mesi e potrà beneficiare delle misure di accoglienza. Il Tribunale decide nel merito entro tre mesi con sentenza. In attesa della decisione del Tribunale il richiedente può svolgere attività lavorativa come ribadito dalla nota del Ministero dell’Interno del 13 luglio 2010.
Avverso la sentenza di primo grado si può proporre ricorso alla Corte d’appello entro 10 giorni dalla notifica o comunicazione della sentenza. La decisione deve essere adotatta entro tre mesi. Avverso la sentenza di secondo grado è possibile proporre ricorso in Cassazione entro 30 giorni dalla notifica della sentenza. Il ricorrente è ammesso – come previsto all’articolo 16 del d.lgs. 25/2008 – al gratuito patrocinio.
Contestualmente al provvedimento di diniego, la Questura consegna un provvedimento di espulsione (che conterrà l’invito a lasciare il territorio in 15 giorni solo nei casi in cui è stato rilasciato un precedente permesso di soggiorno per richiesta asilo). Il ricorso avverso il provvedimento di espulsione deve essere presentato al Giudice di pace territorialmente competente in 60 giorni. Se l’espulsione contiene l’invito a lasciare il territorio in 15 giorni il ricorso deve essere presentato al Tribunale Amministrativo Regionale competente entro 60 giorni. Il ricorrente è ammesso al gratuito patrocinio.
Quindi nel 63% di soggetti che hanno subito diniego della domanda di asilo ci saranno sicuramente un’elevata percentuale (secondo il vice prefetto Massimo Mauro «Chi riceve il diniego, impugna il provvedimento. Succede praticamente nel 100% dei casi e questo innesca situazioni paradossali che vanno oltre ogni limite immaginabile») di soggetti che faranno ricorso con sospensione del provvedimento di rimpatrio, accedendo almeno ai primi due gradi di merito (primo grado ed appello), cui aggiungere espulsioni e rimpatri, resi oltremodo complicati dal dedalo di accordi di riammissione
Cosa non funziona? “I rimpatri procedono al rallentatore”, confermano al Viminale: in Italia nel 2015 sono stati 15.979. “Colpa degli accordi di riammissione – spiega Simona Moscarelli dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni – ossia i trattati con i quali gli Stati di provenienza dei migranti si impegnano a riaccogliere i propri cittadini. Pochi quelli stipulati a livello di Unione europea (solo 17). Negli altri casi ogni Paese fa da sé con accordi bilaterali”.
“Chi espelle chi”
Per capire chi viene rimpatriato, basta guardare gli accordi. L’Italia ne ha che funzionano bene con Tunisia, Nigeria, Egitto e Marocco. “E sono molti gli espulsi in questi paesi, ma con alcuni – sottolineano al Viminale – gli accordi mancano: Senegal, Gambia, Costa d’Avorio, per fare degli esempi”. E senza accordi non ci sono rimpatri. La Grecia ne ha sottoscritto di recente uno con la Turchia, la Spagna con il Marocco e la Francia con Camerun, Capo Verde, Congo, Gabon, Senegal, Tunisia. Ma visto che ogni Stato europeo fa i propri accordi, “i migranti irregolari – scrive la Commissione Ue – possono evitare il rimpatrio trasferendosi da uno Stato all’altro”.
Sostanzialmente, da quel 63% di soggetti va scorporato il numero dei ricorrenti in opposizione, degli espulsi (la cui situazione finirà nel precitato limbo) e dei rimpatriati.
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