In tempi recenti l’attenzione degli utenti è stata catturata da un’immagine ampiamente diffusa sul web. In essa vengono presentate le condizioni della Russia prima e dopo l’avvento di Vladimir Putin (1999), con il dichiarato intento di mostrare gli effetti benefici apportati dall’attuale premier russo.
L’immagine cita cinque dati base: PIL, PIL pro capite, debito pubblico, inflazione e riserve auree. Abbiamo trovato diversi articoli riguardo. La maggior parte, tra l’altro, provengono da Forbes (non esattamente una rivista filo-putiniana) e confermano, abbastanza esattamente, i dati dell’immagine.
Sta però da verificare il modo in cui Putin, o chi per lui, abbia migliorato la situazione. Proviamoci.
Secondo la Banca Mondiale il PIL medio russo del 1999 era di 195,9 miliardi di dollari, a fine 2014 era a 1860,5 miliardi (in discesa rispetto all’anno prima ma comunque altissimo rispetto a 16 anni fa). I dati sono sbagliati dunque di pochissimo e segnalano una crescita media del 4%. Si dirà, se il PIL nel 1999 era quasi 0, non deve essere stato difficile migliorarlo. Ciò è vero, ed è vero che nel 2007, per lo stesso motivo, la Russia ha percepito la crisi molto più degli altri paesi ricchi. Questo grafico di Forbes , che compara la Russia agli stati del G7, mette però in luce anche un altro dato.
Un PIL pro capite in aumento spropositato. Lo è, ma il dato attuale è sbagliato. Secondo la banca mondiale infatti il PPC attuale è attorno ai 12000 $, secondo la foto supera i 25000$. Questo dato è stato artefatto, peraltro senza tenere conto di un altro elemento, ovvero che la popolazione Russa è sì in leggera diminuzione, ma per avere un PIL 25 volte più alto occorrerebbe una pestilenza o una catena di disastri atomici. Basta una calcolatrice:
Anno PIL Abitanti PIL pro Capite
1999 200 mld $ : 147 mln ab = 1.348 $ per ab.
2014 2000 mld $ : 143 mln ab = 12.3736 $ per ab.
Ora, un PIL pro capite di 12000 $ l’anno è basso (il nostro è triplo, cfr. sempre Banca Mondiale) e denota anche più del punto precedente come la Russia sia in ripresa, ma sia lungi dallo star bene.
Dal grafico ritrovato qui, i dati sono veri, anche se la percentuale ultimamente é in crescita. C’è poco da dire, come per il PIL pro capite, si tratta di un calcolo che mette in evidenza la stabilità della Russia.
Questo il dato più interessante. La Russia, dopo il crollo dell’Unione Sovietica, nei primi anni 90 conobbe una fortissima svalutazione che si stabilizzo nella metà degli anni 90, ma ripartì nel 1998. L’immagine dice che l’inflazione, quando Putin fu eletto, era al 38%. Non dice però che pochi mesi prima era all’80%.
Nel 1997 la crisi finanziaria che aveva colpito l’Asia iniziò a diffondersi al resto del mondo. La Russia stava ancora affrontando le difficoltà politiche, sociali, economiche e finanziarie conseguenti al crollo dell’URSS (questo l’autentico motivo dell’instabilità di quegli anni, ndr) ….
Quando il rublo scendeva troppo, la Banca Centrale interveniva per fermare la discesa, ad esempio vendendo riserve di valuta estera accumulate vendendo gas. Presto il Cremlino esaurì le riserve di liquidità, mentre il prezzo dell’energia continuava a diminuire. Nell’agosto 1998 il Cremlino non era più in grado di mantenere il tasso di cambio semi-rigido e ufficializzò una massiccia svalutazione …. L’inflazione raggiunse l’84%
Se il governo Jelcin era costretto a vendere le riserve di oro e valuta per tenere il rublo stabile, è chiaro che, una volta stabilizzato il rublo le riserve sarebbero aumentate. Anche perché la Russia è tra i massimi produttori d’oro a livello mondiale. Putin fu eletto proprio perché serviva qualcuno col pugno forte, che continuasse il trend in discesa dell’inflazione e lo mantenesse stabile. Soprattutto doveva stabilizzare la situazione politica della Russia. Ancora da CDF:
Gran parte delle amministrazioni locali si dissociarono dalle strategie proposte dal Cremlino per arginare la crisi e iniziarono a difendere soltanto i propri interessi. …
A fine 1998 il governo federale non aveva più il minimo controllo sui governi locali. Il ministero della giustizia riferì che due-terzi degli enti locali avevano approvato misure, procedure o leggi anticostituzionali. Questo clima di anarchia contribuì all’ascesa di Putin. A luglio 1998 il presidente Boris Yeltsin nominò Putin capo dei Servizi di Sicurezza Federali, poi lo incaricò di riportare all’ordine i territori ribelli. …
Il piano di Putin era semplice: epurare chi aveva violato la legge e usare l’esercito in caso di resistenza. L’esercito venne mobilitato in tutta la Russia, per far capire ai governatori locali che il nuovo governo non andava sfidato. A inizio del 1999, 46 degli allora 89 governi locali firmarono accordi con il Cremlino, rinunciando a parte della loro sovranità. Un terzo dei governatori, che allora erano eletti direttamente, diedero le dimissioni, molti altri finirono in prigione. La ri-centralizzazione sotto il controllo del Cremlino si intensificò quando Putin divenne presidente. Putin abolì l’elezione diretta dei governatori, al che il suo partito divenne maggioritario ovunque. La ri-centralizzazione voluta da Putin non riguardava soltanto le amministrazioni locali, ma l’economia, la politica, la sicurezza di tutta la nazione. Dal 2000 in poi la ripresa economica globale garantì alla Russia un decennio di relativa stabilità.
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