PRECISAZIONI Il Governo introduce l’eutanasia nei canili e l’abbattimento dei cani randagi nella norma ammazza lupi – bufale.net

Ci segnalano i nostri contatti il seguente articolo, targato Agenpress:

“Il Piano prevede non solo l’abbattimento dei lupi e degli ibridi ma anche l’eutanasia dei cani dopo un periodo di mantenimento nei canili e l’abbattimento diretto dei cani vaganti.  Il capitolo III.2 – Azioni per prevenire la presenza dei cani vaganti e l’ibridazione lupo-cane, determina l’urgente necessità di integrare e modificare il quadro normativo nazionale  inclusa la revisione della L.281/91 ( Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo per cui all’art. 2 comma 2 i cani vaganti ritrovati, catturati o ricoverati non possono essere soppressi) utilizzando le Linee Guida messe a punto dal Progetto LIFE IBRIWOLF che riporta anche quanto indicato dall’ISPRA (ex-INFS) per quella che ritengono un’efficace strategia di gestione e contenimento del fenomeno del randagismo, ovvero “…….., la reintroduzione della possibilità di eutanasia dei cani dopo un periodo di mantenimento nei canili, la reintroduzione della possibilità di abbattimento diretto dei cani vaganti quando essi esercitino un accertato impatto su specie di interesse conservazionistico,……….” (Genovesi & Dupré, 2000, Genovesi 2002) – dichiara il presidente del Partito Animalista Europeo, Stefano Fuccelli – Con il pretesto dei cani randagi quali causa dell’uccisione dei lupi il Governo vuole risolvere in modo drastico e drammatico il problema del randagismo introducendo il modello delle Perreras spagnole. Ritornerà ad essere legale la soppressione tramite eutanasia dei cani detenuti nei canili e l’abbattimento dei cani vaganti ad opera dei cacciatori, riportando la civiltà indietro di trent’anni. Insieme al Noita organizziamo una manifestazione di forte protesta a Roma giovedì 23 febbraio ore 14 davanti il palazzo della Conferenza Stato Regioni, via della Stamperia 8. Hanno già dato adesione cittadini, associazioni ed esponenti politici.”

Riteniamo, francamente, che la querelle intera sia dovuta ad una interpretazione di un quadro legislativo drammaticamente complesso, dovuto non già alla volontà degli interpreti, ma alla presenza, in ogni settore della legislazione italiana che non sia riunito in un “Testo Unico”, del bisogno di collazionare diverse fonti.

La Legge 14 agosto 1991, n. 281, in materia di “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo.” disciplina chiaramente il concetto di animale vagante, definendolo quale il “grado zero” del randagismo.

Il cane vagante, ove riunito in branchi ed abituato alla vita selvatica, diventa randagio. Il cane randagio inselvatichisce, laddove, ricorrendo alla definizione di un articolo tecnico

I cani inselvatichiti sono quelli di seconda o terza generazione, perciò figli o nipoti di cani abbandonati. Hanno perso il contatto con l’uomo, da cui non hanno più alcuna dipendenza, né alimentare né affettiva, e sono difficili da osservare perché evitano il contatto.

Il cane inselvatichito, in zone dove sono presenti comunità lupine, senza contatto umano, hanno con le stesse un rapporto evidentemente ambivalente.

Ovviamente, essendo cani e lupi geneticamente compatibili il cane vagante inselvatichito, per sua stessa natura, aumenta il rischio del radicamento nel territorio di comunità ibride inselvatichite (in fonte maggiore del rischio, sia pur presente e dato da padroni irresponsabili, dell’acquirente di ibridi che poi abbandoni o malcustodisca il suo ibrido), comunità che, come riporta il programma Ibriwolf

Ad oggi, gli ibridi tra cane e lupo (ma anche tra gatto selvatico e domestico) non sono riconosciuti in alcuna normativa nazionale né comunitaria. Non esistono per la legge e la loro gestione cade in un pericolosissimo vuoto legislativo. Tecnicamente non sono fauna selvatica e non dovrebbero essere sottoposti alla legge 157/92, e i loro danni al bestiame non dovrebbero rientrare nelle leggi regionali di indennizzo. D’altra parte non sono nemmeno cani e non dovrebbero rientrare nella importante legge 281/91 che prevede la tutela del cane randagio e impone norme precise per il trattamento dei cani vaganti e randagi (rimozione in recinti appositi a seconda della disponibilità). Gli ibridi, in sostanza, sono in un terreno normativo sconosciuto e per questo motivo gran parte delle amministrazioni sono prive di sostegno per attuare una politica di gestione. Inoltre, molte amministrazioni, da quella nazionale a quelle locali, si sono fatte scudo della incertezza normativa per evitare di prendere posizioni precise sulla materia e mettere in atto programmi di gestione che, dovendo necessariamente contemplare anche la rimozione di animali dal territorio, suscitano complessi problemi etici e la opposizione dei gruppi animalisti. Questo progetto intende quindi sollevare il problema e proporre la soluzione razionale di una rimozione degli ibridi dall’ambiente naturale per un ricovero in strutture ricettive adeguate, alla stessa stregua dei cani randagi. Dimostrando la fattibilità della operazione sul piano tecnico e normativo, il progetto intende indicare una via precisa a tutte le amministrazioni locali e nazionali.

Come nel film di animazione dedicato al cane da slitta Balto (realmente: un ibrido), “Non sono cani, non sono lupi, sappiamo solo quello che non sono”, anche dal punto di vista legislativo.

Sappiamo quello che sono dal solo punto di vista logico-fattuale: competitori del lupo, dato che essendo inselvatichiti ne occupano i terreni usuali di predazione, fonte di indebolimento genetico, inserendo nel pool genetico del lupo le problematiche delle razze canine di origine, selezionate dal punto di vista antropologico e non dal punto di vista della sopravvivenza e, infine, predatori “invisibili” perché riconosciuti come cani dalle comunità umane locali, e quindi in grado di avvicinarsi al bestiame senza particolari problemi ed effettuare la loro predazione in modalità attribuite ai lupi.

Tale problema è stato avvertito sin dal 2000, e rimarcato in un recente testo della collana Quaderni di Conservazione della Natura, che ricordiamo, non è un testo legislativo, ma una raccolta di studi critici ed analisi senza alcun valore cogente o legale.

La diffusa presenza nel nostro Paese di cani vaganti costituisce un importante fattore di minaccia per la conservazione del lupo e di diverse altre specie selvatiche (Boitani, 1983; Genovesi e Dupré, 2000). I cani vaganti, infatti, entrano in competizione con il lupo per le risorse, costituiscono un grave pericolo sia per motivi sanitari sia per il rischio di ibridazione, e acuiscono il conflitto con gli allevatori per i danni al bestiame provocati dai cani vaganti ed attribuiti ai lupi. Una notevole componente di tale impatto va imputato ai cani padronali non controllati, che rappresentano inoltre un enorme bacino di reclutamento di cani randagi e inselvatichiti. L’attuale quadro normativo appare sostanzialmente inapplicato, in parte per le gravi carenze delle strutture pubbliche locali, ma 29 principalmente per l’intrinseca inadeguatezza degli strumenti definiti dalla legge 14 agosto 1991 n. 281, che non sembrano comunque in grado, anche se pienamente applicati, di determinare un significativo controllo dell’impatto esercitato dai cani vaganti sulla fauna selvatica. La complessità del fenomeno del randagismo ed i limiti emersi nell’applicazione dell’attuale normativa in materia evidenziano la necessità di arrivare ad una gestione che affronti i diversi problemi in modo organico. Una revisione della legge 281/91 appare indispensabile per ridurre significativamente l’impatto esercitato dai cani vaganti sul lupo e sulla fauna selvatica. L’INFS ha di recente evidenziato che un’efficace strategia di gestione e contenimento del fenomeno del randagismo dovrebbe essere fondata sul rafforzamento delle anagrafi canine, la diffusa sterilizzazione dei cani, la reintroduzione della possibilità di eutanasia dei cani dopo un periodo di mantenimento nei canili, la reintroduzione della possibilità di abbattimento diretto dei cani vaganti quando essi esercitino un accertato impatto su specie di interesse conservazionistico, l’attivazione diffusa di strumenti di educazione e informazione per ridurre gli abbandoni e rendere efficaci le altre misure proposte (Genovesi e Dupré, 2000).

Sostanzialmente, sin dal 2000 si parlava della possibilità di:

  • abbattere i vaganti quando essi esercitino un accertato impatto si specie di interesse conservazionistico
  • usare tale abbattimento come ultima risorsa al fallimento di misure di educazione, controllo e contenimento

Misure queste ultime riassunte in

1. censire i centri di allevamento o detenzione di lupi o di ibridi canelupo; 2. proibire qualunque rilascio di lupi; 3. regolamentare strettamente gli allevamenti di lupi non italiani (in particolare se localizzati all’interno dell’areale del lupo); 4. bloccare ogni forma di allevamento di ibridi cane-lupo, o tra lupi italiani e lupi provenienti da differenti aree geografiche; 5. regolamentare rigorosamente le attività di allevamento di lupi italiani, evitando eventi di riproduzione al di fuori di un’attenta programmazione della quale siano chiari gli obiettivi.

Quindi, al momento, l’intervento sulla popolazione canina si presenta come una mera ipotesi, ancorché indicata da vari operatori e fonti critiche come prova che molti dei problemi di convivenza antropica attribuiti al lupo sono in realtà causati dalla presenza nella popolazione inselvatichita di ibridi, e la stessa ipotesi nel provvedimento la cui approvazione è slittata al 23 febbraio di abbattimento di una piccola percentuale di popolazione lupina veniva già così presentato

«Non c’è nessuna minaccia per la conservazione della specie e ancor meno un’apertura della caccia al lupo – assicura il ministro – chi dice questo ragiona con la pancia e non con dati scientifici. Abbiamo avuto il coraggio di affrontare il tema spinoso della convivenza del lupo con le attività economiche e la presenza dell’uomo. Trovare un equilibrio non è semplice. La ventiduesima azione del Piano – conclude Galletti – prevede che, dopo l’espletamento di un certo numero di procedure, sia permesso il prelievo di un massimo del 5% del numero complessivo di questi animali sul territorio nazionale. Questa percentuale, dicono gli esperti, non mette a rischio la presenza del lupo. Se non facciamo questo, il bracconaggio diventerà lo strumento di tutela degli agricoltori. E allora davvero la sopravvivenza del lupo sarà a rischio».

Al momento, obiettivo legislativo sembra sottrarre al bracconaggio azioni di “tutela/vendetta” contro le predazioni lupine inserendo strumenti di controllo della popolazione.

Al momento, abbiamo degli studi, non legislativi ma accurati, che sembrano spostare il focus delle predazioni dal lupo al cane-lupo inselvatichito.

Cosa aspettarsi, lo sapremo solo nei prossimi giorni.

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